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30 Marzo 2024
16:00

I cani si sentono in colpa?

Possiamo davvero dire che il senso di colpa influenza il comportamento e i sentimenti dei nostri quattro zampe? La risposta è no, i cani non provano senso di colpa. Almeno non come lo intendiamo noi.

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Membro del comitato scientifico di Kodami
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Ci sono tantissimi video e racconti che parlano del "senso di colpa" nei cani: così tanti da indurre i ricercatori ad indagare il fenomeno. Una frase che sentiamo spessissimo è: “Lui capisce quello che ha combinato e per questo adesso si va a nascondere!”. Questa affermazione, e altre similari, fanno parte del sentito comune e spesso vengono pronunciate nella narrazione degli aneddoti che hanno a che fare con un cane che fa dei pasticci in assenza dei suoi compagni umani.

Ma possiamo veramente dire che il senso di colpa sia qualcosa che influenza il comportamento e i sentimenti dei nostri quattro zampe? La risposta in breve è: no, i cani non provano senso di colpa. Almeno come lo intendiamo noi, ma ciò non significa che non provino nulla, anzi. Vediamo di fare delle riflessioni in merito.

Sentimenti dei cani

L’interpretazione delle emozioni canine ha sempre sollevato curiosità e, talvolta, controversie tra gli amanti degli animali, gli etologi e i comportamentalisti. Una delle questioni più dibattute riguarda la capacità dei cani di provare emozioni complesse, in particolare il senso di colpa. Indaghiamo se ciò che interpretiamo come «senso di colpa» corrisponda a questa emozione o a un’interpretazione errata da parte nostra, analizziamo insieme le situazioni in cui i cani potrebbero sembrare sentirsi "in colpa", e vediamo dei suggerimenti su come possiamo gestire tali situazioni.

L’idea che i cani possano provare un’emozione complessa come il senso di colpa è affascinante, ma richiede un’analisi cauta. Gli studi condotti nel campo della cognizione animale suggeriscono che mentre i cani certamente esibiscono una vasta gamma di emozioni, interpretare questi stati emotivi attraverso la lente umana può portare a malintesi, nei quali siamo molto bravi a cadere.

Un approccio contro-intuitivo, quello tipico della scienza, non è affatto semplice e si deve districare nella giungla dei bias cognitivi come l’antropomorfismo, una tendenza ovviamente naturale per quanto concerne il nostro modo di leggere ed interpretare il comportamento degli altri, soprattutto degli altri animali. E in particolare nei confronti dei cani, ai quali siamo così vicini, in tutti i sensi, da migliaia e migliaia di anni.

Il cosiddetto "senso di colpa" nei cani è stato oggetto di studio da parte di ricercatori come la dottoressa Alexandra Horowitz, nota per i suoi saggi sul comportamento e la cognizione canina, che ha scoperto che le espressioni canine interpretate come colpevolezza sono spesso più legate alla reazione agli indizi comportamentali degli umani piuttosto che a un’autentica comprensione di aver agito male. Ciò suggerisce che quello che interpretiamo come senso di colpa potrebbe essere, in realtà, un’apprensione – da parte del nostro cane – per le possibili conseguenze delle azioni o una risposta ad un ambiente teso, piuttosto che un’emozione derivante dalla consapevolezza del torto.

Cos’è il “senso di colpa” per noi?

Prima di continuare, è opportuno riflettere su cosa sia il senso di colpa per noi umani. È un’emozione complessa che emerge quando un individuo ritiene di aver violato un proprio standard morale o etico, sentendosi responsabile per un danno o una mancanza nei confronti di altri. Questa sensazione può derivare da azioni reali o percepite, e spesso porta con sé un carico di auto-rimprovero e il desiderio di espiare o correggere il proprio errore. Aggiungiamo qui di seguito l’estratto di una definizione di “colpa” dall’Enciclopedia Treccani:

Secondo la teoria psicoanalitica, la colpa consiste nel sentimento che accompagna la violazione di un precetto morale e non nell’azione malvagia o nell’omissione di un dovere in sé. La colpa e il senso di colpa psicologico fanno parte della storia dell’uomo fin dalle origini dei tempi; la colpa è un problema che riguarda il diritto, la morale e la religione, ma anche la psicologia di ciascuno nel suo rapporto con gli altri nella vita quotidiana.

A questo punto non possiamo non prendere in considerazione il fatto che il senso di colpa sia influenzato da costrutti meramente culturali, senza però rinnegare che abbia una radice emozionale. Parimenti non è detto che in tutte le culture umane questo senso abbia lo stesso valore e nemmeno lo stesso significato.

Le differenze culturali giocano un ruolo significativo nel modo in cui il senso di colpa è percepito, vissuto e gestito tra gli individui di diverse società. Da un punto di vista cross-culturale, il senso di colpa è presente in molte culture, ma il suo impatto, le sue manifestazioni e le sue implicazioni possono variare notevolmente. Le culture occidentali, in particolare quelle con un forte retaggio giudeo-cristiano (come la nostra), tendono a enfatizzare il senso di colpa in relazione alla moralità personale e all’etica. Qui il senso di colpa può essere visto come un meccanismo per mantenere l’integrità personale e per promuovere comportamenti in linea con i valori morali condivisi.

Naturalmente, a questo punto, si aprono molte questioni in merito al concetto di “morale” ed “etica” generale nella storia filogenetica delle altre specie. La domanda, alla quale però non tenteremo di dare qui una risposta, potrebbe dunque essere: a quali necessità etologiche risponde il senso di colpa nelle società degli altri animali? E quindi anche nel Canis familiaris?

D’altra parte, in alcune culture collettiviste, come quelle in molte parti dell’Asia (es.: Giappone, Corea e Cina), il concetto correlato di vergogna può avere un ruolo più preponderante rispetto al senso di colpa individuale. La vergogna, a differenza del senso di colpa, è meno legata alla valutazione interna, o intima, di un’azione sbagliata e più alla paura del giudizio sociale e della perdita di faccia di fronte alla comunità. Questo non significa che il senso di colpa non esista in queste culture, ma che la sua espressione e le sue conseguenze possono essere differenti, spesso integrate o soppiantate dal concetto di vergogna.

Il fatto è che anche la vergogna è un’emozione secondaria, o complessa, che ha dunque una matrice sociale. E come abbiamo già detto in passato, lo studio delle emozioni secondarie è molto ostico, sia nella nostra stessa specie che nelle altre dato il suo carattere soggettivo e difficilmente descrivibile dall’esterno quando non verbalizzato dall’individuo stesso.

Possiamo dunque dire che al concetto di senso di colpa non si possano attribuire caratteri universali ammettendo che anche nella nostra stessa specie possa essere qualcosa di interpretabile e che debba essere valutato nel contesto. Altresì dobbiamo supporre che non sia un carattere intrinseco alla socialità, soprattutto a quella non-umana, ma che semmai possa emergere in relazione ad una storia filogenetica e culturale che ha in sé determinate caratteristiche.

Il fatto che i cani vivano con noi da tanto tempo non significa però che abbiano assunto tutte le nostre caratteristiche specie-specifiche, esattamente come non abbiamo fatto noi nei loro confronti, anche se talvolta ci piacerebbe molto che fosse così. Non dimentichiamo mai che il cane rappresenta un'alterità alla quale ci relazioniamo, e con la quale vicendevolmente ci contaminiamo, in senso positivo e costruttivo, pur rimanendo separati nella maggior parte dei predicati di specie. E se vogliamo sta proprio qui il valore intrinseco della relazione con il cane.

Le situazioni in cui il cane si sentirebbe “in colpa”

Vediamo ora quali sono le situazioni più comuni nelle quali noi siamo portati ad attribuire questo stato emotivo ai nostri cani.

  • Dopo aver commesso un “errore” – Quando un cane fa qualcosa che secondo noi “sa” di non dover fare, come rovinare mobili o fare i bisogni in casa, e viene poi scoperto, potrebbe mostrare segni di sottomissione, interpretati come colpa.
  • Quando viene rimproverato da un umano – La reazione di un cane al rimprovero del suo compagno umano può assomigliare a senso di colpa, ma è più accuratamente descritta come una risposta al linguaggio del corpo e al tono vocale dell’umano.
  • Durante incontri sociali tesi – In situazioni sociali complesse, ad esempio, quando un cane incontra un altro cane o un umano e c’è una tensione, i segnali di arrendevolezza e sottomissione possono essere scambiati per segnali di colpa.

Ci potrebbero essere moltissime altre situazioni, ma diamo questi esempi come matrici rappresentative delle possibili declinazioni. Commentando quanto detto sopra appare chiaro che il concetto di “errore” è parecchio aleatorio.

Cosa è per un cane un “errore”? Ovviamente ha a che fare con l’apprendimento sociale, ma non possiamo dimenticare che alcune cose che per noi sono innegabilmente degli “errori” potrebbero non esserlo affatto per un cane, nonostante i nostri tentativi di spiegarglielo. Quello che più facilmente può accadere è che il cane possa mettere in relazione un determinato fatto, o una particolare situazione, al nostro comportamento e al nostro stato emotivo alterato, anche se non ne comprende le ragioni, e quindi si comporti di conseguenza.

Per esempio, per un cane masticare un pezzo di legno per lenire il prurito alle gengive (soprattutto durante il fastidioso periodo del cambiamento della dentizione) non può avere in sé alcun male, nessun errore. Per lui non vi è differenza se quel pezzo di legno è un legnetto trovato nel bosco o la gamba di una sedia Luigi XVI. Quello che potrà imparare da noi è: il legnetto Sì, la gamba della sedia No! Ma non il perché di ciò. Tanto meno se il suo comportamento è avvenuto nel passato, anche se recente. E qui arriviamo alla nostra idea di “senso di colpa”.

Uno studio sulla nostra percezione del senso di colpa nei cani

Citiamo qui uno studio del 2012 pubblicato su SienceDirect a firma di Julie Hecht, Ádám Miklósi e Márta Gácsi, (Behavioral assessment and owner perceptions of behaviors associated with guilt in dogs)  nel quale emerge chiaro il fatto che i cani emettano tutta una serie di comportamenti e di atteggiamenti che noi interpretiamo come “senso di colpa” e che loro sperimentano essere adattativi nel loro contesto sociale, soprattutto in risposta non già ad un loro comportamento passato (aver distrutto un divano, aver urinato sul tappeto bello, aver masticato la canna dell’acqua in giardino, ecc.) ma al nostro atteggiamento presente, al nostro stato emotivo. Ricordiamo quanto i cani siano bravi nel rilevare le nostre emozioni e cambiamenti d’umore, sia osservandoci con molta accuratezza nelle micro espressioni che nel percepire a livello olfattivo i nostri cambiamenti endocrini.

Leggiamo nell’Abstract della ricerca:

“Il presente studio ha sostenuto i risultati precedenti secondo cui i proprietari di cani attribuiscono comportamenti colpevoli ai cani. Tali display potrebbero avere una funzione adattativa all’interno degli scambi cane-umano perché quando i compagni umani percepiscono un comportamento colpevole potrebbero essere inclini a rimproverare o punire meno i cani.”

Il focus di questa ricerca è stato posto sul momento in cui una persona rientra a casa e sul modo in cui il cane la accoglie, ossia sul momento del “saluto”. È in questo frangente che le persone sono portate maggiormente ad interpretare l’atteggiamento del cane come colpevole rispetto a qualcosa che avrebbe fatto mentre era solo. Nelle conclusioni dello studio leggiamo:

La codifica del comportamento di saluto del cane non ha rivelato alcuna differenza significativa nella presentazione dei comportamenti associati di “colpa” tra cani che hanno infranto una regola sociale nelle assenze dei proprietari e cani che non lo hanno fatto.

Questo ci porta alla considerazione che in moltissimi casi, se non in tutti, al centro di questo atteggiamento “colpevole” non vi sia il senso di colpa come lo intendiamo noi, bensì il cane risponde ad un atteggiamento assertivo del suo umano di riferimento, il quale magari si aspetta a sua volta che il cane abbia commesso qualche marachella in sua assenza.

Il cane inferisce, ovvero anticipa, la possibilità di essere rimproverato in quanto ciò accade spesso quando il suo umano rientra a casa, anche se non ne comprende realmente il motivo, sa che quel suo atteggiamento così rilevante ai nostri occhi ha il potere di lenire la nostra aggressività nei suoi confronti (qui si apre un interessantissimo capitolo in merito alla “teoria della mente” nei cani, argomento al quale ha dedicato particolare attenzione la dottoressa Juliane Kaminski del Max Planck Institute).

Cosa possiamo fare?

La comprensione del comportamento del nostro cane e delle sue risposte emotive richiede empatia e attenzione. Ecco alcuni suggerimenti su come gestire le situazioni in cui un cane potrebbe “sentirsi in colpa” dal nostro punto di vista:

  • Educare piuttosto che punire – Concentrarsi sull’educazione positiva e sul rinforzo, piuttosto che sulle punizioni, aiuta a costruire una relazione di fiducia e comprensione tra il cane e il suo compagno umano.
  • Leggere i segnali – Imparare a leggere il linguaggio del corpo e i segnali comunicativi del proprio cane può aiutare a comprendere meglio le sue emozioni e a reagire in modo appropriato.
  • Creare un ambiente sicuro – Assicurarsi che il cane viva in un ambiente in cui si senta sicuro e protetto ridurrà la probabilità di comportamenti stressanti o paura delle reazioni umane.

Oltre a questi consigli generali dovremmo anche cambiare approccio nei confronti dei nostri compagni a quattro zampe. Abbiamo certamente a che fare con delle creature estremamente complesse da un punto di vista cognitivo e sociale, ma non dobbiamo pensare che tutto ciò sia votato al crearci problemi, al trasgredire ai nostri precetti, al commettere infamie o al prendersi gioco di noi.

Il comportamento che noi possiamo interpretare come qualcosa che ha lo scopo di danneggiarci, per esempio distruggere qualcosa di prezioso per noi, è probabilmente frutto di un senso di disagio, di abbandono, di stress o altra condizione e non certo una “malvagia” pianificazione da parte del nostro cane. Anche quando lì per lì noi saremmo portati a crederlo apparendoci lampante.

Il fatto è che noi spesso diamo questa interpretazione perché se al posto del nostro cane ci fosse stata una persona a compiere quelle azioni, con i nostri stessi valori e interessi, ecco che probabilmente la premeditazione e la consapevolezza del valore che noi attribuiamo a certe cose avrebbe spiegato il senso di colpa espresso in seguito, una volta scoperto il fattaccio.

Quindi un buon consiglio è quello di mettersi sempre in discussione. Molto spesso le nostre “intuizioni”, senza alcuna base o approfondimento culturale, rischiano di essere fuorvianti. Questo potrebbe avere un impatto negativo sulla relazione che abbiamo con il nostro compagno canino e generare poi una serie di altri fraintendimenti come una sorta di "volano dell’incomprensione" che si auto-implementa via via. Essere convinti che il proprio cane provi il senso di colpa, come lo intendiamo noi, implica l'idea che ciò debba essere seguito dal "pentimento" e dall'espiazione dei propri "peccati", e poiché ciò non potrà avvenire ecco che potremmo convincerci della intrinseca malizia incorreggibile del nostro cane.

Mentre l’interpretazione del senso di colpa nei cani può essere un’espressione della nostra tendenza antropocentrica (che spesso emerge solo quando spieghiamo qualche comportamento a nostro modo di vedere negativo nel cane), una comprensione più profonda delle loro vere emozioni e comportamenti può migliorare significativamente la qualità della vita condivisa tra cani e compagni umani. Approcci basati sull’empatia, sulla comunicazione e sull’educazione positiva sono fondamentali per una convivenza armoniosa e soddisfacente per tutti. Riflettiamo sul fatto che 35.000 anni di convivenza hanno raffinato la capacità dei cani di comprenderci, ma alle volte verrebbe da chiedersi quanto questo valga anche per noi nei loro confronti.

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Luca Spennacchio
Istruttore cinofilo CZ
Ho iniziato come volontario in un canile all’età di 13 anni. Ho studiato i principi dell’approccio cognitivo zooantropologico nel 2002; sono docente presso diverse scuole di formazione e master universitari. Sono autore di diversi saggi.
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