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20 Marzo 2023
9:00

Gli animali con l’udito più sviluppato

L'evoluzione dell'udito negli animali ha portato a notevoli adattamenti che consentono, in alcuni di questi, una percezione del suono squisitamente sensibile da parte dell'orecchio e la sua sofisticata analisi da parte del cervello.

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Membro del comitato scientifico di Kodami
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Tra tutti i sensi, l'udito degli animali è sicuramente uno dei più importanti. Prima di scoprire quali sono gli animali con l'udito più sviluppato, vediamo un po' come funziona questa percezione. Sia gli insetti che i vertebrati trasformano l'energia emessa da una sorgente sonora in segnali elettrici utilizzando strutture altamente specializzate, alcune delle quali sovrapponibili altre molte diverse, come la coclea dei mammiferi e gli organi timpanali degli insetti. I segnali sonori si propagano elasticamente in un medium, come l'aria o l'acqua, in forma di onde meccaniche generate da una concentrazione e una rarefazione locale delle molecole del medium stesso.

Nei vertebrati, le onde sonore percepite dal timpano si propagano all’interno dell’orecchio sino a raggiungere la cosiddetta coclea, un tubicino a spirale a forma di guscio di chiocciola nel quale sono presenti cellule ciliate meccanosensoriali, ossia i recettori acustici. La coclea ha il compito di rilevare i suoni e organizzarli in base alla frequenza. Cosa si intende per frequenza? La frequenza, che misuriamo in Hertz (abbreviato Hz), corrisponde al numero di vibrazioni al secondo, cioè al numero di volte al secondo in cui le molecole del medium completano un ciclo di compressione, espansione e ritorno. In pratica la frequenza corrisponde alla velocità con cui le onde sonore fanno vibrare l’aria (o l’acqua). La natura del medium influisce sulla velocità di propagazione delle onde sonore. Quindi avremo animali specializzati nel captare le onde sonore a seconda dei diversi medium in cui queste si propagano.

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Nell’aria, dove le molecole sono più rarefatte, il suono mediamente viaggia a 344 m/s; nell'acqua e nei corpi solidi raggiunge velocità, rispettivamente, 4 e 15 volte maggiori. Tramite specifiche fibre nervose, dalla coclea i segnali vengono inviati al cervello sotto forma di una sorta di brusio. Spetta al cervello, poi, dare un senso a queste complesse combinazioni di vibrazioni, elaborandole sì da distinguere i segnali biologicamente rilevanti dal rumore biologicamente irrilevante. Immaginate che un’amica vi stia parlando, per invitarvi al cinema, mentre avete la televisione accesa in sottofondo. La capacità di distinguere tra suoni diversi, e attribuire loro una rilevanza, è quella che vi permette di separare le parole che provengono dalla TV dalle parole pronunciate dalla vostra amica.

L’udito umano a confronto con quello degli altri animali

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Sembra che gli esseri umani siano più bravi di qualsiasi altra specie a distinguere suoni simili. Questa eccezionale selettività potrebbe aver giocato un ruolo nell'evoluzione della nostra specie e nello sviluppo del linguaggio e delle incredibili capacità di comunicazione di cui è capace. Certo, con qualche eccezione. Le tigri non parlano come noi, ad esempio, tuttavia sembra che il loro udito sia selettivo quasi quanto quello umano. Ciò detto, sebbene la selettività di frequenza sia migliore negli esseri umani rispetto alla maggior parte delle altre specie, sappiamo che alcuni animali hanno un udito molto sviluppato e possono percepire note molto alte, o molto basse, alle quali noi non arriviamo.

Come regola generale, e con le dovute eccezioni, i piccoli animali tendono a produrre e sentire frequenze più alte, mentre gli animali più grandi hanno maggiori probabilità di produrre e sentire frequenze più basse. Cani e gatti possono percepire suoni a frequenze due volte più alte degli umani (circa 40.000 Hz). I topi arrivano fino a circa 80.000 Hz, ma non sono sensibili alle frequenze inferiori a 1.000 Hz, che sono quelle importanti per il parlato e la musica che noi tanto amiamo.

Gli elefanti

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Gli elefanti sono molto sensibili ai suoni. Le loro orecchie, dal padiglione molto largo e piatto, sono particolarmente recettive alle frequenze più basse, che utilizzano per comunicare. In generale, possono sentire suoni lontani fino a 10 km di distanza, nella gamma di frequenza di 1-20.000 Hz.

Gli uccelli

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L'udito degli uccelli permette loro di sentire meglio di atri animali tra circa 1 e 5 kHz. I predatori notturni, come i gufi, sono tra gli animali con l"udito più sviluppato: essi possono cambiare l'orientamento relativo delle orecchie esterne, o muovere l'intera testa, per determinare con elevata precisione la direzione da cui provengono i suoni. I barbagianni hanno un udito talmente acuto da riuscire a localizzare un topo al buio dal rumore provocato quando cammina tra le foglie o mentre mastica.

Appena rileva quel suono, il barbagianni gira la testa verso la sorgente. Per localizzarla con precisione, poi, valuta la differenza nell’intensità delle percezioni tra le due orecchie: quando l’intensità si equivale, significa che la fonte, su un piano orizzontale, è equidistante. Grazie all’asimmetria con cui sono posizionate le orecchie rispetto all’occhio collaterale (a sinistra appena sopra, a destra appena sotto) il rapace riesce infine a identificare la posizione del topo anche rispetto al piano verticale.

I moscerini della frutta

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I moscerini della frutta (Drosophila melanogaster) hanno “orecchie” antennali che per molti versi sono simili alle cellule ciliate meccanosensoriali della coclea dei vertebrati. Il che è alquanto sorprendente, se si pensa a quanto distanti evolutivamente siano gli insetti dai vertebrati. I maschi usano il ronzio delle ali in volo come richiamo sessuale. Facendo vibrare le ali “cantano” canzoni che, di per sé, sono spettralmente molto semplici. Tuttavia, il corteggiamento in questi ditteri è molto interattivo e dinamico, e comporta un continuo aggiustamento dei segnali.

Le piccole antenne femminili, per funzionare efficacemente durante il rituale di accoppiamento, devono filtrare in modo efficiente gli impulsi sonori rilevanti tra tutti quelli presenti in un ambiente che è già di per sé rumoroso, ed è reso ancora più chiassoso dal notevole carico di rumore imposto dai movimenti e dalle svolte veloci che caratterizzano gli inseguimenti d’amore. La faccenda non sembra essere più semplice per i maschi di Drosophila, che, a loro volta, devono adattare continuamente, e rapidamente, l'intensità del proprio canto di corteggiamento alle possibilità percettive delle femmine.

I pipistrelli

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I pipistrelli hanno un udito incredibilmente fine. Grazie al loro sofisticatissimo sonar, emettono impulsi sonori ad alta frequenza e poi ascoltano gli echi di ritorno dall’ambiente circostante. Il principio è che le onde sonore producono un’eco solo quando la lunghezza d’onda del suono è più o meno uguale al diametro dell’oggetto. Per riuscire a cacciare i piccoli insetti di cui la maggior parte delle specie si nutre, i pipistrelli devono emettere suoni di lunghezza d’onda molto breve e quindi a frequenza elevatissima, intorno a 50-80 kHz.

I delfini

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Si pensa che i delfini abbiano una sensibilità uditiva dieci volte superiore a quella degli umani. Usano il loro udito ad alta frequenza per l'ecolocalizzazione, come i pipistrelli, e pure per la comunicazione. Dato che nell’acqua il suono si propaga molto velocemente, i suoni emessi dai delfini raggiungono frequenze davvero elevatissime, fino a 300 kHz.

Le falene

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Grazie a piccole “orecchie” timpaniche poste sul torace, alcune falene, come i nottuidi (Noctuidae), possono percepire gli ultrasuoni. Questa abilità rappresenta un prezioso sistema di difesa, che permette loro di rilevare i richiami di ecolocalizzazione di un pipistrello a caccia, sfuggendo al suo attacco predatorio. Se il suono è debole, significa che il pipistrello è ancora lontano e allora la falena si limita ad allontanarsi in direzione opposta. Se è ben udibile, segno che il cacciatore alato è pericolosamente vicino, ella prende invece a svolazzare, muovendosi a spirale oppure lasciandosi cadere al suolo, ostacolando così le operazioni di cattura.

Le falene note come tarme della cera arrivano a percepire suoni fino a 300 kHz. Per quanto il motivo per cui abbiano sviluppato una tale sensibilità a frequenze tanto elevate non sia ancora del tutto chiaro, è possibile che si tratti di un adattamento nato dall’esigenza di migliorare la comunicazione tra loro, per evitare di essere catturate dai pipistrelli, che, come abbiamo visto, utilizzano suoni simili.

Bibliografia

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Abdullah, et al. (2020). The effect of antrophogenic noise on Sumatran Elephant’s anti-predator behavior in the Elephant Conservation Center. Journal of Physics: Conference Series. 1460, 012067.

Nel 2003 mi laureo in Medicina Veterinaria. Dal 2008 sono ricercatrice presso l’Università degli Studi di Milano, dove insegno Etologia Veterinaria e Benessere Animale. Studio il comportamento degli animali e la relazione uomo-animale.
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