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18 Aprile 2023
11:01

Aggressioni da parte degli orsi. L’esperta: «Rischio limitato, ma possiamo ridurlo ulteriormente»

In seguito alla tragica morte di Andrea Papi, aggredito da un'orsa in Val di Sole, in Trentino molte persone si chiedono se sia sicuro frequentare i boschi. Per comprendere a fondo l'entità del rischio, abbiamo parlato con Giulia Bombieri, ricercatrice del MuSe ed esperta del rapporto tra l'uomo e i grandi carnivori.

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In seguito alla tragica morte di Andrea Papi, aggredito da un'orsa in Val di Sole, la comunità trentina è profondamente scossa e, oltre alla rabbia nei confronti delle istituzioni, tra gli abitanti delle zone rurali si sta diffondendo anche la paura che un evento di questo genere possa ripetersi.

Per fare chiarezza sulla situazione e comprendere l'effettiva entità del rischio, Kodami ha parlato con la ricercatrice del MUSE, Museo delle Scienze di Trento, Giulia Bombieri, che ha condotto uno studio, recentemente pubblicato su Plos Biology, riguardo gli attacchi dei grandi carnivori ai danni degli umani nel mondo.

«Il rischio di aggressioni, in generale, è molto basso e gli attacchi mortali sono ancora più rari rispetto a quelli che portano ad un ferimento. L'eventualità, però, esiste ed esisterà sempre, ovunque i grandi predatori e gli esseri umani condividono un territorio. Ciò non toglie che, se facciamo del nostro meglio, possiamo fare in modo di ridurlo», ha commentato l'esperta.

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Prospettiva globale delle aggressioni da grandi carnivori – Frequenza delle specie

«Informazione, ricerca e monitoraggio sono indispensabili per la coesistenza»

In un ulteriore studio, pubblicato su Scientific Reports nel 2019, Bombieri ha approfondito proprio il tema degli attacchi da parte degli orsi bruni (Ursus arctos), i quali sono stati quantificati in circa 10 all'anno (tra il 2000 e il 2015) in Europa. Di questi, il 6% ha portato alla morte della persona attaccata.

«La presenza dei grandi carnivori non deve convincerci che sia giusto smettere di frequentare i boschi – commenta la ricercatrice – Sarebbe come dire che dobbiamo smettere di frequentare la montagna perché c'è il pericolo di cadere in un crepaccio, di essere travolti da una valanga, oppure affermare che dobbiamo smettere di guidare, perché rischiamo di perdere la vita in un incidente. Mi sento di sottolineare, inoltre, che quelli appena elencati sono rischi decisamente più alti rispetto alla morte causata dall'aggressione di un orso».

Secondo l'esperta, però, è importante sottolineare che, laddove l'uomo si trova a convivere con i grandi carnivori, bisogna intervenire anche con azioni preventive. «I piani di gestione e conservazione servono proprio a questo: mettere in pratica strategie per garantire la conservazione di una popolazione, cercando di limitare al massimo gli impatti sulle attività umane e sulla sicurezza delle persone – commenta Bombieri – Informare dettagliatamente gli abitanti delle zone interessate sui comportamenti umani corretti e quelli "a rischio", quindi, ma anche un'attività di ricerca e monitoraggio delle popolazioni dei predatori, sono elementi importantissimi per la coesistenza e che non possono mancare, soprattutto in contesti molto antropizzati come il Trentino».

Negli ultimi anni, inoltre, ha preso piede la convinzione che gli orsi si stiano avvicinando sempre di più alle città e ai centri abitati. Sebbene alcuni soggetti abbiano modificato il proprio comportamento a causa della disponibilità di cibo di origine antropica e dell'assenza di bidoni "anti orso", questo aspetto rimane legato ai singoli esemplari e non definisce i comportamenti dell'intera specie.

«È stato ampiamente dimostrato che l'orso fa di tutto per evitarci, sia per quanto riguarda gli spazi che i tempi – spiega la ricercatrice –Tendono a muoversi nelle aree meno frequentate da noi e nei momenti in cui ci sono meno persone in giro. Questo è stato dimostrato anche in alcuni studi portati avanti dai ricercatori del MUSE, quindi non direi che gli orsi si stano avvicinando alle persone».

D'altra parte, però, ci troviamo in un ambiente altamente abitato dagli esseri umani, pensato e plasmato per il nostro utilizzo, con tante strade, numerosi centri urbani e un'alta accessibilità di quasi tutto il territorio grazie a una fitta rete di strade forestali e sentieri. «Se la condivisione del territorio diventa via via più intensa, per forza di cose anche le interazioni con le persone aumentano», commenta Bombieri.

L'incontro con un orso e gli elementi di pericolo

I fattori che possono determinare come si conclude un incontro con un orso sono molti e si intersecano tra loro in maniera spesso imprevedibile. Ciò nonostante, esistono alcune precauzioni che riducono notevolmente il rischio di incontro: «È buona pratica utilizzare i sentieri tracciati e farsi sentire con anticipo, per esempio parlando o facendo rumore, quando ci si muove in aree con scarsa visibilità – spiega la ricercatrice – La maggior parte delle interazioni aggressive che abbiamo registrato in Europa, infatti, avviene laddove un orso si trova in una situazione di minaccia a distanza ravvicinata. L'esempio più classico sono le femmine che attaccano in difesa dei piccoli, magari perché sorprese a breve distanza».

In molti casi di aggressione, inoltre, i ricercatori hanno registrato anche la presenza di cani, ma non è chiaro se questo dettaglio rappresenti un fattore scatenante o meno. «Per comprendere al meglio ciò che accade durante gli incontri, riteniamo sia estremamente importante raccogliere il maggior numero di informazioni e dettagli sui singoli eventi».

Vi è poi un ulteriore aspetto da non sottovalutare, ovvero quello dell'alta velocità. La corsa e le discese in mountain bike, infatti, secondo Bombieri aumentano il rischio di incontri ravvicinati: «Va anche sottolineato che un certo livello di paura può aiutarci ad affrontare i rischi nel modo più preparato e consapevole possibile – e aggiunge – Il tema della paura, però, è a sua volta estremamente complesso da affrontare e riguarda una grossa componente non razionale e imprevedibile».

Il falso paragone con l'Abruzzo: «Ogni contesto è diverso»

In Italia esistono due popolazioni di orsi: quella trentina, reintrodotta a cavallo del Duemila attraverso il progetto LifeUrsus, e quella appenninica, che conta circa 50 esemplari. Talvolta, questi due territori vengono paragonati e l'Abruzzo, dove uomini e orsi convivono da sempre, viene considerato un esempio da seguire passo per passo. Purtroppo, però, non esistono spazi e territori davvero identici che permettano di emulare i completamente i comportamenti virtuosi.

Sulle Alpi, infatti, la popolazione umana è più sparsa sul territorio e ne risulta un'ambiente abitato quasi ovunque: «Ogni contesto è diverso e la generalizzazione è sbagliata  – commenta la ricercatrice – La complessità è elevata, i fattori in gioco moltissimi e il quadro che emerge in ogni luogo è davvero eterogeneo. Ogni contesto locale deve essere affrontato in maniera specifica».

Vi sono, però, alcuni territori che hanno dietro di sé una storia di coesistenza più lunga e un'intensa esperienza di incidenti tra uomini e orsi. Come spesso accade, una problematica che si presenta con frequenza elevata, porta ad un maggiore investimento di energie per affrontarla. «In Nord America per esempio, vengono condotte da tempo ricerche sull'efficacia di alcune strategie nel ridurre il rischio di attacco e di morte degli esseri umani. Un esempio ne è l'utilizzo dello spray anti-orso – conclude Bombieri – Studiare questi eventi a livello locale è fondamentale per provare a trovare delle similitudini con altri contesti, e quindi, anche delle strategie preventive».

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Claudia Negrisolo
Educatrice cinofila
Il mio habitat è la montagna. Sono nata in Alto Adige e già da bambina andavo nel bosco con il binocolo al collo per osservare silenziosamente i comportamenti degli animali selvatici. Ho vissuto tra le montagne della Svizzera, in Spagna e sulle Alpi Bavaresi, poi ho studiato etologia, sono diventata educatrice cinofila e ho trovato il mio posto in Trentino, sulle Dolomiti di Brenta. Ora scrivo di animali selvatici e domestici che vivono più o meno vicini agli esseri umani, con la speranza di sensibilizzare alla tutela di ogni vita che abita questo Pianeta.
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