episodio 8

Siberian Husky: la vera storia del cane da slitta dagli occhi di ghiaccio

È la razza più "chiacchierona" che esista: non abbaia, ma ulula Ma perché il Siberian Husky fa così? Vi raccontiamo la storia del cane da slitta dagli occhi di ghiaccio.

21 Aprile 2023
20:00
Immagine
Stai guardando Che razza di storia non perderti altri contenuti di Kodami
Immagine

È la razza più “chiacchierona” del mondo canino. Ma perché fanno tanta confusione, ve lo siete mai chiesto? Parliamo del Siberian Husky, una razza che ha, tra le tante, proprio questa particolarità: non abbaiano quasi mai. Questo perché geneticamente sono più “vicini” ai lupi di quanto non lo sia la maggior parte delle razze. Lo conferma anche uno studio recente pubblicato sulla rivista Communication Biology: le razze più vicine ai lupi, come l'Husky appunto, sarebbero più inclini a ululare che ad abbaiare, anche se per motivi diversi dai lupi. I lupi ululano per comunicare con il branco, mentre i cani – secondo questo studio – lo farebbero soprattutto quando sono stressati e hanno paura.

Oltre a questo, sui social girano tanti video dove gli Husky sembrano "parlare": ovviamente non è che “parlano” in senso stretto, ma riescono a modulare l'ululato, con gridolini e mugolii, per simulare il suono delle nostre parole. Perché lo fanno? Beh perché si accorgono che ottengono una reazione da parte nostra e magari anche qualcosa di buono da mangiare come "premietto". Questa è solo una delle tante caratteristiche che rendono l’Husky così affascinante: il cane dagli occhi di ghiaccio che ha conservato un legame fortissimo con la natura selvaggia dell’estremo Nord, dove questa razza ha avuto origine.

Le origini del Siberian Husky

Si chiama “Siberian Husky”, e quindi – direte voi – la razza è nata in Siberia. Sbagliato! "Husky" è una contrazione della parola "Huskimos", che in pratica è come vecchi marinai inglesi chiamavano gli "Eskimos", cioè gli aborigeni dell’artico. Il Siberian Husky che conosciamo noi, in realtà, è nato dall’altra parte dello Stretto di Bering, in Alaska, quando all’inizio del ‘900 un commerciante russo di nome William Goosak decise di portare in America alcuni cani delle tribù indigene siberiane, e di una in particolare: la tribù dei Ciukci.

Questo popolo di pastori nomadi vive ancora oggi nella regione della Chukotka, una delle più remote della Russia, separata dall’Alaska solo da una striscia di mare. A partire dalla metà del XVII secolo, il potente impero russo cercò di sottometterli con ogni mezzo, ma non ci riuscì perché i Ciukci, pur non avendo armi da fuoco, potevano contare su un alleato formidabile: proprio lui, l’antenato dell’Husky. Con questi cani piombavano negli accampamenti nemici sulle slitte, distruggevano tutto e poi sparivano in pochi minuti. Nel corso di oltre 3mila anni di convivenza, i Ciukci avevano plasmato il cane da slitta perfetto per le loro esigenze: leggero, velocissimo e soprattutto, super resistente, non tanto per portare carichi pesanti ma per coprire lunghe distanze. Pensate che il suo metabolismo si era adattato alla scarsità di cibo della zona, quindi poteva digiunare anche per due giorni di seguito, continuando a trainare la slitta, senza indebolirsi troppo.

Immagine

Come gli attuali Husky, i cani Ciukci avevano il muso affusolato, gli occhi un po’ a mandorla per difendersi dal vento e dai riflessi del sole, le orecchie piccole e rivestite di pelliccia per trattenere il calore e, infine, due strati di pelo: uno più esterno che li proteggeva dalla neve e un sottopelo fitto per impedire all’acqua di bagnare la pelle. Anche la coda era funzionale: bella folta, a "coda di volpe". Serviva da timone e all’occorrenza potevano portarsela davanti al muso per ripararsi dal gelo -in territori dove le temperature scendono fino a -60 gradi.

A un certo punto la fama di questo popolo e dei suoi cani si diffuse tra gli esploratori e i mercanti che arrivavano in Siberia. Fu per questo che il commerciante William Goosak nel 1908 decise di portare alcuni esemplari di cane siberiano a Nome, una cittadina dell’Alaska ricca di miniere d’oro, per vincere un po’ di soldi nella corsa di slitte più importante di quei tempi: la “All Alaska Sweepstakes”. L’esordio dei cani Ciukci in America fu… beh, un flop. Vedendoli la gente del posto scoppiò a ridere chiamandoli “ratti siberiani”. Loro erano grossi la metà degli altri cani in gara, e in generale dei cani che si usavano a Nome per trasportare le merci, che erano cani di razze robuste, native dell’Alaska o mix con razze europee. Si piazzarono terzi, ma all’edizione successiva sbaragliarono la concorrenza, e qualche anno dopo diventarono addirittura degli eroi americani.

Immagine

La storia del cane Balto la conoscete? Nel film d’animazione lui è un “mezzo cane e mezzo lupo” che salva i bambini malati di difterite portando il siero nella città di Nome. La storia vera andò in modo un po’ diverso. Balto era un cane siberiano, e lo era anche Togo, un cane di 12 anni che fu il vero eroe di questa impresa. Per farvela breve, sia Togo che Balto erano discendenti dei cani siberiani importati da Goosak, e appartenevano all’allevamento di Leonhard Seppala, un musher tre volte vincitore della All Alaska -“musher”, per chi non lo sapesse, significa “conducente di una muta di cani da slitta”. Nel 1925 l’epidemia di difterite scoppiò davvero a Nome, e fu terribile: considerate che il porto della città restava ghiacciato per nove mesi l’anno, e i treni lassù non arrivavano. Perciò l’unica possibilità di salvare quei bambini erano le slitte. Partì una staffetta, passata alla storia come “la corsa del siero”, durante la quale si alternarono varie squadre; ma quella guidata da Seppala e dal suo cane, Togo, affrontò il tratto più lungo: su circa 1000 km totali, trasportò il vaccino per 422 km, quasi metà percorso -in mezzo a ghiaccio, bufere e crepacci. Quel tragitto, che di solito si percorreva in un mese, alla fine fu completato in appena 5 giorni, soprattutto grazie all’abilità di Seppala e dei suoi Siberian Husky.

L'Husky in Italia

Sulla scia delle mode, il Siberian Husky si è diffuso in tutto il mondo. In Italia per esempio ci fu un boom di adozioni negli anni 80, grazie al mitico Armaduk, il Siberian Husky dell'esploratore Ambrogio Fogar, che divenne famoso per le sue spedizioni, tra cui un viaggio in slitta verso il Polo Nord, proprio insieme al suo cane. Anche il successo di serie tv o film, come il Trono di Spade e Twilight, ha fatto crescere la popolarità delle razze nordiche per la loro somiglianza con i lupi. Lo confermano i dati dell’Enci: negli ultimi dieci anni, il numero di Husky registrati in Italia si è più che raddoppiato.

Immagine
Cani Husky in Italia (dati Anci)

Ma adottare un cane perché va di moda, chiaramente non porta a niente di buono. E infatti, oggi questi cani originari del Polo Nord si incontrano come se niente fosse in città dove si raggiungono tranquillamente i 40 gradi, come Dubai, ma anche Palermo, Napoli. C'è da dire che per fortuna lo strato di pelo più esterno di questa razza – detto anche “di guardia” – funge da isolante e li protegge dal calore -quindi sopportano il caldo un po' meglio di quello che si potrebbe immaginare. Ma il punto non è questo: è che adottando senza criterio, cioè senza conoscere i bisogni specifici del cane in quanto individuo, se ne condannano tanti a una vita di sofferenze. E quindi, conosciamo meglio il nostro Siberian Husky.

Siberian Husky, "maestro della fuga"

Passando al carattere dell’Husky, questo cane ha una pessima nomea: lo chiamano “maestro della fuga”. Guai a passeggiare con lui senza guinzaglio! Scapperà via fino a diventare un puntino lontano all’orizzonte, e tanti saluti. Poi se chiedete in giro vi diranno pure che è “testardo”, “per niente affettuoso”, "gelido" come le temperature artiche. Ma è davvero così?

Premessa: ogni cane è un individuo a sé, con la sua storia, il suo carattere, inclinazioni specifiche, eccetera. Detto questo, è vero che ci sono motivazioni, o bisogni, specifici della razza. Viste le sue origini non dovrebbe stupire più di tanto: l’Husky è uno “spirito libero”; però attenzione, non è che passa le giornate a progettare l'evasione da casa vostra, neanche fosse il protagonista di Fuga da Alcatraz. Semplicemente ha bisogno di esplorare e correre nella natura come facevano i suoi antenati. Quindi sì, tenderà ad allontanarsi ma poi tornerà da voi.

Un consiglio pratico che possiamo darvi per andare incontro a questa esigenza è usare lunghine o GPS che possono venirvi in aiuto per sapere dove si trova il cane e raggiungerlo con tutta calma. Certo, se avete la mania del controllo l’Husky vi farà penare, la parola ansia dovrete cancellarla dal dizionario. Ma se invece saprete costruire con lui una relazione basata sulla fiducia, a quel punto potreste scoprire che è bello ogni tanto lasciarsi andare.

Immagine

Cosa da tenere a mente, per il bene di leprotti incrociati al parco o gatti di quartiere: l’Husky conserva un forte istinto predatorio. Considerate che in Siberia questi cani cacciavano liberamente, in branco, soprattutto d’estate quando non c’era bisogno delle slitte. E infatti anche per questo sono così comunicativi, perché stando sempre in gruppo avevano bisogno di comunicare in modo efficace, con posture, vocalizzi. Altra caratteristica che hanno ereditato dai loro antenati è la motivazione affiliativa e sociale. I cani delle tribù, di notte, venivano lasciati dormire in casa, vicino ai bambini, perché dovevano riscaldarli con il proprio corpo. Quindi era fondamentale che fossero docili e socievoli con tutti. Socievoli sì, ma sono anche affettuosi? In realtà a volte possono esserlo fin troppo, pure con gli estranei, e infatti l’Husky non è per niente un buon cane da guardia. C’è da dire però che ha un modo di interagire diversissimo da quello di -che so- un Golden Retriever. Hai voglia a lanciargli palline, se l’Husky trova inutile e superfluo fare quello che gli chiedete, mettetevi l’anima in pace, non lo farà mai.

Per concludere, scegliere un Husky senza essere coscienti delle sue peculiarità, è il motivo per cui tanti, troppi, di questi cani finiscono nei canili. In quelli italiani purtroppo ce ne sono davvero tanti, ed è una crudeltà se pensate quanto questa razza, come le altre ma ancora di più, avverte forte il bisogno di stare con gli altri, di correre libero. Chiuderlo in gabbia, in pratica, significa imprigionare anche il suo spirito. Quindi, per concludere, se desiderate un Husky per il suo bell’aspetto lasciate perdere. Ma a prescindere da questo, prendetevi del tempo per conoscere di persona questa razza. E poi fatevi aiutare dagli educatori cinofili per capire se l’Husky è davvero il cane che fa per voi.

Video credits

Autrice del video: Mara D'Alessandro

Montaggio: Mara D'Alessandro, Carlotta Baldari

Supporto scientifico: Luca Spennacchio

Sfondo autopromo
Segui Kodami sui canali social
api url views