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4 Marzo 2024
12:47

Un cane ha consapevolezza del suo corpo?

I cani hanno cognizione dello spazio che occupano con il proprio corpo e la collaborazione con l'umano di riferimento è uno dei motori più importanti della relazione tra noi e loro. Lo studio del dipartimento di Etologia e dell'istituto di Biologia dell'Università Eötvös Loránd di Budapest.

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«Quel Chihuahua si sente un Alano, ma non si rende conto che è minuscolo?». Quante volte abbiamo visto cani piccoli che fanno i "tipi tosti" con quelli grandi? O viceversa: dei bei cagnoni che sembrano non avere idea della loro stazza e camminano come "elefanti in una cristalleria" buttando a terra cose e persone.

Ecco, ora la scienza può darci una risposta su una domanda che in tanti si fanno: i cani hanno una percezione del loro corpo? A rispondere a questo quesito e a farci sapere che sì, i cani sanno quanto spazio occupano e ne hanno anche una rappresentazione mentale è stato un team di ricercatori del Dipartimento di Etologia dell'istituto di Biologia dell'Università Eötvös Loránd University di Budapest (ELTE).

Nell'articolo pubblicato su Nature nel 2021 dal titolo "I cani riconoscono il proprio corpo come un ostacolo fisico", gli esperti spiegano che «abbiamo analizzato la consapevolezza corporea in una specie che non è stata ancora ritenuta capace del criterio distintivo dell'auto-rappresentazione sebbene, per ragioni sia ecologiche che cognitive, sia un probabile candidato a possederla. Nonostante sia raramente valutata nelle specie non umane, la consapevolezza corporea è un mezzo molto adattivo per affrontare situazioni in cui la dimensione di un organismo, o del suo stesso corpo, rappresenta un ostacolo durante un'azione».

Partiamo dunque da come i ricercatori hanno analizzato questa capacità cognitiva: hanno testato 32 soggetti che dovevano raccogliere e consegnare un oggetto al pet mate, stando in piedi su un tappetino. Nella condizione di prova hanno attaccato l'oggetto al tappetino in modo che i cani per riuscire a sollevare l'oggetto fossero costretti a non mettersi sopra per riuscire a prenderlo con la bocca. Quando poi l'oggetto è stato messo per terra, i cani non hanno dovuto fare altre azioni particolari e quindi erano consapevoli, nella prima fase, che fosse il loro stesso corpo a ostacolare la riuscita dell'azione.

Come suggeriscono gli stessi esperti, ciò che risulta affascinante è che negli esseri umani una delle prime e più basilari manifestazioni di auto-rappresentazione emerge in età molto precoce mentre nelle altre specie poco si è ancora dimostrato in merito. A parte il test dello specchio a cui hanno dato risposta positiva diverse specie come i pesci pulitori e i cavalli e di cui vi abbiamo parlato su Kodami, proprio sui cani questo tipo di valutazioni non erano state fatte e parliamo della specie che ci è più vicina in assoluto e che condivide con noi un lungo percorso di co evoluzione.

«I cani possiedono un resoconto ampio e ben provato di capacità cognitive complesse come l'empatia, l'apprendimento sociale e la teoria della mente – sottolineano i ricercatori – Sulla base della complessità generale della cognizione del cane e delle condizioni ecologiche della specie, ovvero un mammifero predatore altamente sociale, perfettamente adattato a un ambiente sociale complesso come la nicchia antropocentrica, possiamo aspettarci che i cani mostrino varie componenti della cognizione e appunto della auto-rappresentazione».

Su questi presupposti dunque si è arrivati poi alla effettiva prova pratica, quel passaggio che la scienza esige per uscire dal dato empirico e attraverso appunto l'analisi arrivare alla conclusione che i cani hanno questa capacità: conoscono il loro corpo e lo spazio che occupano. «Avevamo previsto che i soggetti testati avrebbero risposto lasciando il tappetino se avessero capito che non potevano sollevare il bersaglio attaccato perché il loro stesso corpo lo impediva», hanno dichiarato gli esperti alla fine dell'esperimento.

E così effettivamente è stato: dopo aver sottoposto i cani a diverse tipologie di test è stato verificato che sceglievano con consapevolezza come muoversi per prendere quell'oggetto tanto importante da portare al loro umano di riferimento.

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La scienza ha dato dunque la sua risposta e quello che è interessante anche notare tra le righe di questo studio è che nella mente del cane c'è un motore che muove tutto: la collaborazione con la persona. E' stato infatti lo stimolo principale di tutta questa ricerca, se ci riflettiamo: il cane desidera prendere l'oggetto perché lo vuole portare al suo umano di riferimento e ragiona in modo tale da raggiungere un risultato che è importante perché è parte di un insieme chiamato "relazione".

Eccoci, così, tornare a quell'unicum che si crea tra noi umani e i cani: un insieme di due individui che appartengono a specie diverse ma che sono intrecciati in un rapporto fatto di comprensione e scambio e che dura dalla notte dei tempi.

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Diana Letizia
Direttrice editoriale
Giornalista professionista e scrittrice. Laureata in Giurisprudenza, specializzata in Etologia canina al dipartimento di Biologia dell’Università Federico II di Napoli e riabilitatrice e istruttrice cinofila con approccio Cognitivo-Zooantropologico (master conseguito al dipartimento di Medicina Veterinaria dell’Università di Parma). Sono nata a Napoli nel 1974 e ho incontrato Frisk nel 2015. Grazie a lui, un meticcio siciliano, cresciuto a Genova e napoletano d’adozione ho iniziato a guardare il mondo anche attraverso l’osservazione delle altre specie. Kodami è il luogo in cui ho trovato il mio ecosistema: giornalismo e etologia nel segno di un’informazione ad alta qualità di contenuti.
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