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21 Ottobre 2022
16:11

Roberto e le ex randagie Cocaì e Chai, in viaggio per raccontare la relazione tra uomo e cane

Roberto viaggia con Cocaì e Chai, due ex randagie diventate per lui compagne di vita e di avventure on the road. Insieme a loro attraversa il mondo e scrive libri in cui racconta le relazioni tra umani e cani.

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© Viajerosperrunos

Roberto Sastre viaggia per il mondo con Cocaì e Chai, due ex randagie nate in luoghi molto distanti tra di loro e incontrate lungo il suo cammino attraverso i continenti. Oggi si sono trasformate in compagne di avventure e, come dice lui stesso a Kodami: «Sono la mia stupenda famiglia».

Insieme hanno attraversato l'America Latina arrivando fino in Canada e poi si sono spostati in Asia. Dopo aver raggiunto l'India, hanno ripreso la via di casa e al momento si trovano a Madrid, la città natale dell'umano protagonista di queste avventure.

Ogni volta che entrano in un paese nuovo, Roberto apre gli occhi sulle relazioni che gli umani instaurano con i cani di famiglia e con quelli che vivono liberi e poi scrive, racconta e condivide le proprie esperienze nei suoi libri e sul suo blog Viajerosperrunos.com, con l'obiettivo di incoraggiare e aiutare i pet mate a viaggiare in compagnia dei propri cani.

«Il mio progetto si basa su tre pilastri fondamentali – spiega Roberto – Il primo è quello di aiutare i viaggiatori che si avventurano nel mondo portando con sé gli animali. Il secondo è quello di favorire un rapporto coscienzioso con la specie e, infine, desidero raccontare le culture cinofile che incontro durante il viaggio e i modi sempre diversi in cui le nostre specie si condizionano vicendevolmente».

Inizialmente la sua era una passione, poi è diventata a tutti gli effetti un lavoro e, grazie ai libri, ai brevi racconti che riserva a chi decide di supportarlo e ai contenuti che condivide attraverso i social, continua a vivere viaggiando. Per capire come è arrivato a tutto questo, però, bisogna fare un passo indietro nella sua vita.

L’incontro con Cocaì: «Lei è tranquillità e amore per l'avventura»

Roberto ha sempre amato gli animali, ma il momento in cui la sua vita è cambiata per sempre è stato quando ha ricevuto una borsa di studio per trasferirsi in Brasile e scrivere la sua tesi di laurea in Biologia. «Dopo aver concluso gli studi, decisi di prendermi un periodo sabbatico per girare il Sud America – racconta – E fu in questa occasione che, arrivato in Bolivia, incontrai Cocaì abbandonata in uno scatolone, ricoperta di zecche e malata».

Roberto decise quindi di curarla, prendersi carico delle vaccinazioni e poi trovarle una famiglia boliviana che desiderasse tenerla con sé. «Il mio stile di viaggio era molto semplice. Viaggiavo con tutti i miei averi in uno zaino: come potevo pensare di portarla con me?».

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Le cose, però, andarono diversamente e, solo pochi giorni dopo, il giovane biologo decise di accoglierla definitivamente nella sua avventura e adottarla. «Attraversammo la selva boliviana, ci imbarcammo per più di 10 giorni su una nave lungo i fiumi dell’Amazzonia, condividemmo con i locali le festività della frontiera tra Colombia, Perù e Brasile, poi entrammo in Perù e, infine, arrivammo in uno dei nostri paesi preferiti: l’Ecuador. Il mio stile di viaggio cambiò, era del resto inevitabile: viaggiare con un cane significa avere pazienza, evitare alcuni ambienti e prendersi il tempo per seguire le sue necessità».

Cocaì era molto giovane, ciò nonostante si mostrò dal primo momento un'ottima compagna di esperienze sempre diverse, nuove e imprevedibili. «Non saprò mai se a condizionare la sua personalità sia stato il fatto di rischiare di morire quando aveva solo pochi mesi, ma Cocaì è sempre stata speciale – racconta Roberto – Quando arriviamo in un luogo, lei si ferma a contemplare ciò che la circonda, come se fosse un monaco buddhista ed è davvero il cane più tranquillo e sveglio che abbia mai conosciuto. La verità è che per il nostro gruppo lei rappresenta la tranquillità e l’avventura. Non è mai stata una grande amante delle città, ma nella natura, dalla Spagna all’Himalaya, in spiaggia, nel bosco o nel deserto cambia assetto e comincia a guidarci e proteggerci da qualunque cosa. Anche da ciò che non rappresenta realmente un rischio».

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L’arrivo di Chai: «La sua missione è essere felice e rendere felici anche noi»

Roberto e Cocaì attraversano poi il Messico, gli Stati Uniti e il Canada. Poi si spostano in Asia, entrano in Turchia, viaggiano in Armenia, Iran, Pakistan e, poco prima che la pandemia di Covid-19 stravolgesse miliardi di vite, i due si fermano in India, nel deserto di Thar, in Rajastan.

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«Stavamo montando la tenda tra le dune, lontani da tutto e da tutti per festeggiare a modo nostro il capodanno del 2019, quando dal nulla apparve Chai e, spontaneamente, si avvicinò a noi zampettando – racconta Roberto – Stava bene, era in salute, ma era ancora molto piccola. Quella notte dormì in tenda con noi e la mattina seguente cercammo ovunque sua madre, ma non c’era traccia di altri cani nel deserto. Non potevamo certo lasciarla lì senza acqua e tra le dune. Quindi la portammo con noi fino a Jaisalmer, dove pensavo, anche in questo caso, di cercarle una famiglia».

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Ancora una volta, però, le cose andarono in maniera differente e il gruppo di viaggiatori si allargò. «E' stata la seconda migliore decisione della mia vita dopo quella di accogliere Cocaì in Bolivia – racconta Roberto – L'ho chiamata da subito Chai come la bibita tipica dei paesi che stavamo attraversando in quel periodo».

Sono passati anni da quel giorno ma non ha mai trovato una risposta all’enigma della sua origine: «Chi era sua madre? Aveva una casa? Come diamine arrivò da me? – e poi scherza sulla personalità del cane  – All'inizio pensavo si trattasse di un regalo di Natale del destino, ma poi mi sono chiesto se non fosse invece una maledizione hindù».

Chai, infatti, dal primo momento ha dimostrato di essere completamente diversa da Roberto e Cocai: «Lei è caotica e sempre giocosa. Ha l’abitudine di agire prima di ragionare sulle conseguenze delle sue scelte e, soprattutto nei primi due anni di vita, correva come una matta in tutte le direzioni, apriva borse, portafogli, porte e armadi alla ricerca di cibo. Anche la vita con gli altri cani non era facile. Rubava gli ossi ai suoi "nemici" randagi e si metteva nei guai anche con i suoi amici. Insomma, i primi due anni con lei, tra risse e momenti indimenticabili, sono stati complessi».

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Anche Chai, però, con il tempo, ha trovato un equilibrio e il gruppo è oggi più affiatato che mai. «Ogni cane ha una missione per la vita dei suoi umani. Se quella di Cocaì è di proteggerci e guidarci, quella di Chai è certamente quella di renderci felici – e continua – Abbiamo vissuto talmente tante avventure durante i suoi primi anni con lei, che sto scrivendo un libro dedicato solo a questo momento della vita. Si chiamerà The Tail of Chai».

Dall'India verso casa, passando per l'Iran: «Il paese più ospitale del mondo».

Dopo aver trascorso il primo anno di pandemia in India, i tre cominciano il lento viaggio di ritorno verso l’Europa. Attraversano il Pakistan e, nell’ottobre del 2021 entrano in Iran. «Ero già passato in questo paese nel 2019, prima di arrivare in India, quindi sapevo bene a cosa stavamo andando incontro».

L'Iran, infatti, ha un rapporto molto controverso con i cani e, per Roberto, rappresenta uno dei luoghi più accoglienti, interessanti e ricchi di curiosità. «A partire dalla rivoluzione islamica del 1979, purtroppo, il governo considera la scelta di vivere con il cane e, più in generale con gli animali da compagnia, come un'abitudine Occidentale. Circolano voci che i cani siano proibiti e che la polizia possa confiscarli. La realtà, però, è ben diversa: la legge non viene applicata alla lettera e personalmente non ho mai conosciuto nessuno a cui abbiano prelevato il cane. Posso dire, invece, che questa esperienza è stata una delle migliori della mia vita».

Quando Roberto parla dell'Iran, il suo racconto si riempie di colori ed emozioni intense: «Credo che in nessun altro luogo del mondo siamo mai stati trattati così bene dalla gente del posto: ci hanno ospitati, coccolati, accolti e viziati. Ho visitato più case in Iran che in tutta la mia vita in Spagna – e continua – Anche le persone apparentemente meno aperte sul tema, finivano spesso per accoglierci in casa. Alcuni prendendo molte precauzioni per l’igiene, spaventati che i cani potessero trasmettere malattie, oppure ospitavano Cocaì e Chai solo in alcune zone dell’abitazione, ma l’Iran è certamente uno dei paesi in cui ho incontrato meno difficoltà. Le persone sono disposte a condividere ogni cosa anche se non hanno niente. Inoltre, nelle città ho visto anche pet mate passeggiare serenamente con i cani, sebbene alcuni preferissero uscire di notte per evitare rischi».

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Vi è inoltre un ulteriore fattore che ha catturato immediatamente l'attenzione di Roberto: «A differenza dei paesi confinanti, come Georgia, Azerbaijan e Pakistan, in Iran è difficile incontrare cani randagi, in particolar modo nelle città. L'impressione generale è che il governo provi ad eliminarli ma far scomparire completamente i randagi è impossibile e, infatti, negli ambienti rurali e in montagna non è così inusuale incontrarli».

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Il suo racconto rivela anche una vena malinconica, quando affronta la condizione in cui è costretto a vivere il popolo iraniano. «La politica è un tema complesso, ma per quanto riguarda la mia esperienza, non conosco alcun popolo che sia meno rappresentato dal proprio governo. Amo analizzare le ragioni per cui avvengono gli eventi che incontro nei paesi del mondo, anche se non sono sempre facili da capire – e continua – Per quanto riguarda l'Iran, credo che l'ospitalità offerta ai viaggiatori come noi non sia legata solo ai fattori culturali e religiosi, ma anche al desiderio profondo di tornare ai tempi in cui, soprattutto le donne, ma in generale tutta la società, poteva aprirsi al mondo. Oggi invece sono isolati per via delle sanzioni, dei blocchi di internet e dei pregiudizi che arrivano dall’Occidente. Vedere arrivare uno straniero con due cani è per loro una novità in un mondo di divieti e un'occasione per aprire finalmente una finestra su un universo che altrimenti gli è proibito».

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Claudia Negrisolo
Educatrice cinofila
Il mio habitat è la montagna. Sono nata in Alto Adige e già da bambina andavo nel bosco con il binocolo al collo per osservare silenziosamente i comportamenti degli animali selvatici. Ho vissuto tra le montagne della Svizzera, in Spagna e sulle Alpi Bavaresi, poi ho studiato etologia, sono diventata educatrice cinofila e ho trovato il mio posto in Trentino, sulle Dolomiti di Brenta. Ora scrivo di animali selvatici e domestici che vivono più o meno vicini agli esseri umani, con la speranza di sensibilizzare alla tutela di ogni vita che abita questo Pianeta.
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