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21 Giugno 2023
10:30

Possono vietarmi di adottare un gatto randagio?

Adottare un gatto randagio è tendenzialmente vietato. Tuttavia, la normativa non è uniforme su tutto il territorio nazionale. Vediamo alcuni esempi tratti dalle diverse realtà locali.

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Articolo a cura dell' Avvocato Salvatore Cappai
Civilista, esperto in diritto degli animali
gatto randagio

L’adozione di un “gatto randagio” non è sempre consentita, bensì un caso particolare che va debitamente giustificato. Dunque, quando ci chiediamo: possono vietare di adottare un gatto randagio? La risposta è affermativa, il divieto esiste. Questo perché la normativa tratta in maniera assai differente il randagismo canino e quello felino. Lo si può comprendere già dalla terminologia abitualmente utilizzata dal legislatore. Infatti, per fare un primo esempio, la legge fondamentale di settore, ovvero la 281 del 1991 “Legge quadro in materia di animali di affezione e prevenzione del randagismo”, non definisce mai i gatti come randagi o vaganti (come fa con i cani), ma sempre come gatti che vivono in libertà.

Cosa dice la legge sui gatti randagi

Anche in quest’ambito, come (quasi) sempre accade quando si tratta di normativa inerente gli animali d’affezione, occorre precisare subito che non esiste una regolamentazione uniforme che valga allo stesso modo su tutto il territorio nazionale. Intervengono, infatti, leggi e regolamenti regionali a cui si sommano migliaia di provvedimenti locali.

Per fare un discorso generale, comunque, possiamo prendere le mosse dalla già citata Legge n. 281 del 1991 che, in quanto legge quadro, detta la linea da seguire anche in fatto di randagismo felino. Detta norma stabilisce innanzitutto come sia «vietato a chiunque maltrattare i gatti che vivono in libertà». Successivamente, chiarisce che i gatti liberi «possono essere soppressi soltanto se gravemente malati o incurabili». Per quanto riguarda la specifica gestione del randagismo prevede, poi, che i gatti liberi debbano essere sterilizzati dall’autorità competente per territorio e riammessi nel loro gruppo (nella loro colonia di appartenenza, ove presente). Ancora, «gli enti e le associazioni protezioniste possono, d’intesa con le unità sanitarie locali, avere in gestione le colonie di gatti che vivono in libertà, assicurandone la cura della salute e le condizioni di sopravvivenza».

Per la stessa legge: «I cani vaganti catturati, regolarmente tatuati (o microchippati), sono restituiti al proprietario o al detentore. I cani vaganti non tatuati catturati, nonché i cani ospitati presso le strutture di cui al comma 1 dell'articolo 4, devono essere tatuati; se non reclamati entro il termine di sessanta giorni possono essere ceduti a privati che diano garanzie di buon trattamento o ad associazioni protezioniste, previo trattamento profilattico contro la rabbia, l'echinococcosi e altre malattie trasmissibili».

Come si può facilmente notare, la differenza di trattamento del randagismo felino da quello canino è enorme. L’alternativa per i cani vaganti accalappiati è quella di essere restituiti al proprietario (se ciò è possibile) oppure attendere un’adozione presso il canile o altra analoga struttura. Per i gatti tutto ciò non è minimamente previsto. I gatti, una volta sterilizzati, devono essere liberati nel territorio da cui provengono.

La questione, come accennato, è altresì regolata da una miriade di provvedimenti regionali e locali che confermano quanto già esposto. Per completezza informativa riportiamo qualche esempio concreto:

  • Il Regolamento regionale n. 2 del 2017 della Regione Lombardia, nel suo articolo 11, intitolato “Gestione delle colonie feline e dei gatti che vivono in libertà”, tra le altre cose prevede che «la cattura dei gatti delle colonie feline e di quelli che vivono in libertà è consentita solo per la sterilizzazione, per motivi sanitari o per l'allontanamento di cui all'articolo 105, comma 7, della l.r. 33/2009»; «i gatti delle colonie feline e quelli che vivono in libertà, contestualmente alla sterilizzazione, devono essere identificati e registrati all'anagrafe a nome del comune competente per territorio e resi riconoscibili mediante apicectomia, ovvero asportazione di un piccolo lembo del padiglione auricolare».
  • La Legge n. 34 del 1997 della Regione Lazio, al suo articolo 11, dal titolo “Protezione dei gatti e divieto di sperimentazione”, stabilisce: «I gatti che vivono liberi devono essere sterilizzati dal servizio veterinario dell'azienda USL di competenza e riammessi nel loro gruppo”. “(…) Le associazioni di volontariato animalista e per la protezione degli animali di cui all'articolo 23, comma 1, possono, in accordo con le aziende USL competenti, avere in gestione le colonie dei felini che vivono in stato di libertà, curandone la salute e le condizioni di sopravvivenza».
  • La Legge regionale n. 3 del 2019 della Regione Campania, al suo articolo 14, intitolato “Protezione dei gatti in libertà”, sulla questione in esame così recita: «I gatti che vivono in libertà sono tutelati dalle Istituzioni. 2. È vietato a chiunque maltrattare o spostare dal loro territorio i gatti che vivono in libertà o le colonie feline». «Le colonie feline possono essere gestite da cittadini o dalle associazioni iscritte all’Albo di cui all'articolo 20, cui compete, in occasione dei piani di sterilizzazione previsti dal Comune, il compito di prelevare gli animali, trasportarli all'ASL per la sterilizzazione e rimetterli nella colonia di provenienza». «I gatti liberi o appartenenti a colonie, una volta sterilizzati, sono identificati mediante apposizione di microchip, iscritti in Banca dati e intestati al Sindaco del Comune di cattura».

Si può adottare un gatto randagio?

Si è visto come la normativa preveda che i gatti “randagi”, seppur controllati e sterilizzati, vivano e debbano vivere in libertà. In via generale non è contemplata una possibilità di adozione. Per questo si può anche dire che esiste il divieto di adozione dei gatti liberi. L’appropriazione degli stessi da parte di soggetti privati potrebbe – sempre salvi i casi in cui sia espressamente consentito – integrare illeciti di natura diversa, sia in sede civile che penale.

Le uniche ipotesi in cui, teoricamente, a livello nazionale, risulta possibile adottare gatti “vaganti” sono quelle nelle quali questi siano gatti “di proprietà” abbandonati o presentino delle patologie o menomazioni fisiche che li rendono inidonei alla vita libera. In questi casi – sempre al netto delle profonde differenze di normativa esistenti tra una località e l’altra – le strutture presso cui sono ricoverati possono affidarli a privati o associazioni che diano garanzie di buon trattamento.

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Salvatore Cappai
Avvocato
Avvocato con la passione per la divulgazione. Mi occupo di diritto civile, con particolare riguardo ai campi della responsabilità civile, dell’assistenza alle imprese e del “diritto degli animali”. Mi sono avvicinato a quest’ultima materia circa dieci anni fa, quando ho incontrato Gaia, la mia cagnolina, che ha stravolto la mia visione sul mondo degli animali e sulla vita assieme a loro. La mia community social, nella quale da anni informo con semplicità su tematiche giuridiche, conta oltre 350.000 iscritti.
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