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17 Febbraio 2024
17:00

Politica e movimento dei trattori: quella paura di perdere voti che condiziona le scelte

Se è vero che il mondo agricolo pare nel suo complesso incapace di cogliere i mutamenti è vero che poco o nulla è stato fatto per promuovere realmente la filiera corta, le produzioni sostenibili e un mercato meno arrogante con i produttori, messo in atto senza avvantaggiare i consumatori.

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Non tutti i blocchi stradali sembrano essere considerati come azioni da punire: molto dipende da chi li attua e dal peso elettorale che possono spostare. Se il traffico lo bloccano poche decine di giovani attivisti che protestano per ottenere attenzione ai cambiamenti climatici, si tratta di ecoterroristi. Mentre se sono tanti, con i trattori e sono agricoltori, diventano automaticamente lavoratori in difficoltà, meritevoli di ascolto e sostegno.

L’agricoltura non è soltanto l’attività indispensabile alla produzione di cibo, ma è anche parte del problema ambientale con percentuali di inquinamento e di emissioni non proprio trascurabili. Senza poter dimenticare le sofferenze inflitte a miliardi di animali ogni anno nel mondo, allevati in condizioni divenute sempre più inaccettabili e quasi sempre in totale spregio dei diritti minimi che dovrebbero essere garantiti agli animali.

Un comparto, quello agricolo, finanziato in maniera molto rilevante dall’Unione Europea e dai governi nazionali, senza il supporto dei quali una larga maggioranza delle aziende agricole sarebbero già state dichiarate fallite. Eppure, nonostante il sostegno pagato con le tasse dei cittadini dato alla categoria, il comparto agricolo e i suoi rappresentanti di categoria non vogliono accettare cambiamenti, non sono disponibili a cambiare un sistema produttivo che ha ampiamente dimostrato i suoi limiti.

In un contesto economico che fa del costo spesso l’unica leva, con la grande distribuzione organizzata che fa la parte del leone, acquistando i prodotti agricoli a prezzi bassissimi in Italia o privilegiando forniture estere a minor costo. Perché se è vero che il mondo agricolo pare nel suo complesso incapace di cogliere i mutamenti è vero che poco o nulla è stato fatto per promuovere realmente la filiera corta, le produzioni sostenibili e un mercato meno arrogante con i produttori, messo in atto senza avvantaggiare i consumatori.

Secondo uno studio realizzato da ISPRA (Istituto Superiore di Protezione e Ricerca Ambientale) l’agricoltura è responsabile del 7% sul totale delle emissioni clima alteranti e di questa percentuale rilevante il 79% dipende dagli allevamenti. Ben si comprende quindi quanto la produzione agricola impatti sui cambiamenti climatici e l’urgenza della necessità di apportare modifiche andando in direzione diversa dall’attuale.

Da qui l’attenzione a livello comunitario per arrivare a una transizione ecologica, che preveda forti cambiamenti nelle tecniche di allevamento e coltivazione, nell’uso di prodotti chimici e la necessità di garantire un’aliquota del 4% delle aree agricole priva di coltivazioni per garantire la tutela della biodiversità. Chiunque abbia mai attraversato, solo per fare un esempio, la Pianura Padana si rende perfettamente conto da cosa nasca questa necessità, osservando un paesaggio dove le aree prive di coltivazioni e insediamenti umani sono veramente pochissime.

Se ogni componente non accetterà di mettersi in gioco modificando sistemi di produzione e consumo obsoleti e insostenibili non si arriverà mai a far passare la transizione ecologica dalle parole ai fatti. Agricoltori e consumatori devono comprendere il senso e l’urgenza di quella che è un’emergenza planetaria e la politica deve seguire la logica del bene comune, senza perseguire unicamente il tornaconto elettorale,

Il movimento dei trattori, che protesta in tutta Europa ben sapendo che il momento è propizio visto l’imminenza delle elezioni europee di giugno, sta riuscendo a condizionare la politica dalla quale sta ottenendo aiuti e modifiche, che vanno in direzione contraria rispetto alla Restoration Law europea.

Le scelte fatte in agricoltura, in tutta Europa e non soltanto nel nostro paese, sono la cartina di tornasole del cambiamento, della volontà degli Stati membri di arrivare a una transizione ecologica, proponendo metodi e produzioni che abbiano l’ambiente al centro, contrastando anche le importazioni di prodotti a basso costo, soprattutto quando le tecniche di coltivazione e allevamento hanno standard inferiori a quelli obbligatori in UE. Occorre rivedere le condizioni in cui vengono allevati gli animali, cercando di lasciare sempre più spazio alle proteine vegetali, meno impattanti sull’ambiente e più sostenibili,non potendo continuare a accettare che la zootecnia sia un concentrato di sofferenza per gli animali e un grave problema a livello ambientale.

Un settore in cui si devono fondere etica e rispetto per l’ambiente, per far scendere le emissioni clima alteranti che stanno causando grandissimi danni alle persone, che vanno dalle alluvioni alla presenza di inquinanti e polveri sottili in atmosfera. L’allevamento, solo per dare un dato, è responsabile del 90% delle emissioni di ammoniaca in atmosfera, le stesse che causano acidificazione dei suoli ma anche la formazione del particolato atmosferico, le famose quanto famigerate polveri sottili che rappresentano fattori scatenanti di gravi patologie respiratorie.

Il segretario delle Nazioni Unite, António Guterres, si è recentemente detto “afflitto di fronte al fatto che i governi sacrifichino i fondi destinati alla lotta contro il riscaldamento globale, per la sicurezza alimentare, e più in generale per lo sviluppo sostenibile, mentre investono cifre stratosferiche nel settore delle armi”. Un nuovo grido d’allarme lanciato dalla tribuna dell’ONU dal suo segretario, che già aveva parlato di una Terra che ha raggiunto livelli di ebollizione, per curare la quale occorrono misure urgenti e straordinarie.

Come dire, non servono trattori ma responsabilità sociale e cittadini che riescano a pretendere un reale cambiamento, qualcosa di effettivo che non rappresenti soltanto una mano di verde data per far credere di poter cambiare senza rinnovare.

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Ermanno Giudici
Esperto in diritti degli animali
Mi occupo di animali da sempre, ricoprendo per oltre trent’anni diversi ruoli direttivi in ENPA a livello locale e nazionale, conducendo e collaborando a importanti indagini. Autore, formatore per le Forze di Polizia sui temi dei diritti degli animali e sulla normativa che li tutela, collaboro con giornali, televisioni e organizzazioni anche internazionali.
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