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27 Agosto 2023
19:00

Carne coltivata e proteine vegetali: ostilità preconcette per difendere gli allevamenti

Sulle alternative ai cibi di origine animale, come carne coltivata e prodotti vegetali, circolano una serie di falsità allo scopo di allontanare il potenziale consumatore. Ma una dieta non basata sulla crudeltà può migliorare la salute umana e dell'ambiente.

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allevamento

Sulle alternative alle proteine animali, come carne coltivata e prodotti vegetali, si dicono tante falsità allo scopo di indurre il consumatore a ritenere che dietro questi cibi sostituitivi si nascondano potenziali danni per la salute.

In realtà, è solo un tentativo per frenare un cambiamento che dovrebbe essere, invece, considerato auspicabile come ogni altra tecnologia umana utile a ridurre la nostra impronta ecologica sul pianeta. Leggendo molti media, sembra che ci sia una guerra in atto fra gli animalisti, che vorrebbero arrivare a una chiusura degli allevamenti intensivi e non solo di quelli, e il resto della popolazione che vorrebbe invece conservare il diritto di mangiare ciò che vuole, indipendentemente dalla sofferenza che causa e dai danni ambientali che ne derivano.

La realtà però anche in questo caso è ben diversa: pur essendo vero che le persone attente ai diritti degli animali, e tra queste figura anche la scienziata Margerita Hack, vorrebbero vedere sbarrate le porte degli allevamenti, è altrettanto vero che il nostro pianeta non è più in grado di sostenere gli effetti di un consumo di proteine animali così elevato. Ciò alla luce di un tasso di conversione proteica molto basso rispetto alle necessità di produrre alimenti per gli allevamenti e al basso valore proteico che si ricava convertendo 100kg di vegetali in proteine animali, senza considerare il non trascurabile consumo di acqua.

Senza contare che nell’Antropocene i mammiferi allevati rappresentano il 60% della biomassa, il restante 36% sono esseri umani e solo il 4% sono gli animali selvatici: una sproporzione che rende ben chiaro un quadro a tinte fosche sul futuro, se non si cercherà di mettere in atto veloci correttivi.

Secondo lo studio dell’Organizzazione Mondiale di Sanità “Le diete a base vegetale e il loro impatto su salute, sostenibilità e ambiente”, risultano apprezzabili i vantaggi di un passaggio dalle diete basate sul consumo di proteine animali a quelle vegetali.

Le diete a base vegetale hanno il potenziale non solo di migliorare la salute umana, ma anche di ridurre l'impatto ambientale associato all'elevato consumo di alimenti di origine animale, come carne e latticini. La produzione di alimenti vegetali, come frutta e verdura, cereali, legumi, noci e semi, produce minori emissioni di gas a effetto serra rispetto a quella degli alimenti di origine animale. Gli alimenti associati ai maggiori impatti ambientali negativi – carne rossa non lavorata e lavorata – sono costantemente associati ai maggiori aumenti del rischio di malattia. Il passaggio a diete a base vegetale può anche aiutare a prevenire la perdita di biodiversità. Questo cambiamento nei modelli dietetici potrebbe ridurre significativamente l'uso del suolo globale per l'agricoltura, riducendo la quantità di terra necessaria per il pascolo e la coltivazione. È incoraggiante che la riduzione del consumo di carne rossa non lavorata e lavorata abbia un duplice beneficio per la salute umana e planetaria. Oltre ai benefici per la salute umana, l'adozione di diete a base vegetale potrebbe tradursi in un risparmio di miliardi di euro in tutta Europa in termini di costi sanitari. L'eccessivo consumo di carne grava sui sistemi sanitari; ad esempio, è stato stimato che nel 2020 ci saranno 2,4 milioni di morti in tutto il mondo, e circa 240 milioni di euro di costi sanitari, attribuibili all'eccessivo consumo di carne rossa e lavorata.

Nonostante studi indipendenti e autorevoli indichino la direzione da intraprendere in campo alimentare, nel nostro Paese si assiste a una difesa corporativa, e anche governativa, messa in atto contro tutte le possibili alternative alle proteine animali, come dimostra la recente messa al bando preventiva della carne coltivata, impropriamente definita come alimento sintetico per creare ulteriore riluttanza nel potenziale consumatore.

Diffidenza creata a arte anche contro gli alimenti sostitutivi delle proteine animali, come i diversi prodotti a base di “latte vegetale” o i sostitutivi di carne, pesce e formaggi sempre basati sulla trasformazione di proteine vegetali. Un mercato che richiederebbe attenzione per i grandi benefici, ma anche per evitare l’immissione in commercio di alimenti sempre più processati e quindi potenzialmente poco salutari per la salute pubblica. Senza che alcuni eccessi, peraltro molto presenti anche nel mondo dei derivati animali, possano creare un’ingiustificata ostilità verso questi prodotti che, come abbiamo letto, anche l’OMS giudica positivamente.

Il recente divieto ministeriale relativo alla produzione, commercio e importazione della carne coltivata potrebbe essere soltanto una manovra dal sapore elettorale. In molti paesi questo alimento viene già commercializzato e, nel momento in cui verrà autorizzato dalle agenzie europee preposte al controllo degli alimenti, la carne vegetale dovrà essere legale anche nel nostro paese e in tutto il mercato unico europeo.

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Ermanno Giudici
Esperto in diritti degli animali
Mi occupo di animali da sempre, ricoprendo per oltre trent’anni diversi ruoli direttivi in ENPA a livello locale e nazionale, conducendo e collaborando a importanti indagini. Autore, formatore per le Forze di Polizia sui temi dei diritti degli animali e sulla normativa che li tutela, collaboro con giornali, televisioni e organizzazioni anche internazionali.
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