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13 Giugno 2022
11:39

Morta Avalda, la gatta “custode” del Castello di Monselice che accoglieva i turisti

Avalda, la gatta che per tutta la sua vita è stata la “castellana” della Fortezza di Monselice in provincia di Padova, è morta. Aveva 21 anni ed era conosciuta da tutti i cittadini e amata dai turisti.

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Aveva 21 anni e per tutta la sua vita è stata la “castellana” della Fortezza di Monselice in provincia di Padova. Conosciuta da tutti i cittadini e amata fin da subito da tutti i turisti, purtroppo, dopo tanti anni di onorato servizio si è spenta nel pomeriggio di giovedì.

Ma se esiste un Paradiso, quello a cui è ascesa lei è quello degli animali. Sì, perché Avalda, questo il suo nome, era una gatta, simil Main Coon, dal bellissimo pelo lungo e grigio con occhi verdi che rendevano il suo sguardo penetrante e magnetico, diventata per tutti ormai, la custode ufficiale del Castello.

Emanuele Manin, anche lui storico custode della Fortezza, ma umano, e che si è preso cura della micia dalla sua nascita, non ha dubbi: Avalda, come sempre ha fatto anche da viva, si farà rispettare anche nel Ponte dell’Arcobaleno, che per chi non lo sapesse è quel luogo leggendario poco prima del regno dei morti, dove cani, gatti, conigli, insomma tutti gli animali che ci hanno dato gioia e felicità risiedono in armonia.

La felina che si aggirava tra le possenti mura del Mastio Federiciano sul Colle della Rocca, scrutando con curiosità quegli esseri umani dai comportamenti bizzarri, portava il nome del fantasma che, come racconta la tradizione, si pensava infestasse il castello: Avalda.

Per essere precisi, le leggende locali raccontano che il castello di Monselice sia infestato da ben tre fantasmi: Avalda, appunto, amante di Ezzelino da Romano, condottiero detto il “Terribile”, Jacopino da Carrara, signore di Monselice e Giuditta, l’amante di Jacopino.

Avalda, sarebbe stata assassinata proprio da Ezzelino che, stanco di lei, la fece uccidere da un sicario nel salone d’onore nell’antico maniero, dove la sua anima è rimasta vagando con un abito bianco tutto insanguinato, cercando pace, amore e anche vendetta turbando, di tanto in tanto, i sogni di visitatori e custodi.

Jacopino Da Carrara, nominato signore di Padova nel dicembre del 1350 insieme allo zio Francesco, fu rinchiuso nel castello perché sospettato di tramare contro di lui e restò lì dentro per diciassette anni: alla fine, ne venne decretata la morte per fame. E, infatti, il fantasma appare magro e con lunghi capelli grigi. Giuditta, la su amante, che non seppe mai cosa successe al suo innamorato, ancora oggi vaga attorno al castello e, la notte, nel buio, chiede ai passanti notizie sulla sua sorte.

Restando nell’ambito delle leggende, anche quella del Ponte dell’Arcobaleno spesso viene raccontata ai più piccoli per consolarli qualora la morte di un animale domestico arrivi troppo presto. Del resto non sono solo loro a stare male quando un cane, un gatto o qualunque altro animale domestico viene a mancare. E siccome di formule magiche per non soffrire non ce ne sono, ma ognuno deve metabolizzare il lutto come si sente, in aiuto arrivano le leggende.

E quella del Ponte dell’Arcobaleno affronta proprio il tema del dolore per la morte di un compagno animale. Secondo i nativi americani, dai quali è tramandata la leggenda, poco prima della porta del regno dei morti, esiste un luogo dove tutti quegli animali che ci hanno accompagnato per un tratto di vita e ci hanno riempito di felicità, risiedono in armonia quando lasciano questa Terra. Qui i nostri amici trovano palline infinite, alberi da graffiare, legnetti da mordere che non si consumano mai. Qui gli animali trovano sempre il loro cibo preferito.

Ma soprattutto, anche quelli che al momento del loro trapasso erano anziani, malati e sofferenti, qui tornano nel pieno delle forze come appena venuti al mondo. Insomma, nel Ponte dell’Arcobaleno i nostri amici stanno alla grande. Esattamente come vorremmo che succedesse davvero.

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Simona Sirianni
Giornalista
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