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31 Marzo 2023
11:04

Le membrane alari di pipistrelli e petauri dello zucchero derivano da geni in comune

Secondo uno studio, alcuni mammiferi come pipistrelli e petauri dello zucchero condividono i geni alla base della formazione del patagio, la membrana cutanea che permette il volo attivo e planato.

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Un team di ricercatori ha scoperto che c'è molto di più dietro l'evoluzione delle membrane alari nei mammiferi. Ad aver sviluppato questo adattamento, infatti, sono animali estremamente distanti dal punto di vista evolutivo e i ricercatori ipotizzano che il motivo per cui sia comparso in animali così differenti è che i geni da cui si origina fossero già presenti in antenati comuni.

Fra i mammiferi la capacità di volare e/o di effettuare voli planati si è evoluta, infatti, almeno 7 volte in maniera indipendente, come nei pipistrelli, nel colugo, un mammifero del sud-est asiatico, o come nel caso del petauro dello zucchero. Specie del genere possiedono una membrana cutanea denominata “patagio” che si estende lateralmente dalle falangi degli arti anteriori sino agli arti inferiori formando un profilo alare che permette loro di effettuare voli planati e agili movimenti direzionali.

In un recente studio pubblicato sulla rivista Science Advances, un gruppo di ricercatori ha tentato di investigare quali fossero le basi molecolari e genetiche alla base della formazione del patagio e se ci fossero dei programmi genetici di sviluppo condivisi di questa struttura fra i mammiferi in cui si è evoluta.

Utilizzando varie tecniche di biologia molecolare i ricercatori hanno scoperto come l’attività di un particolare set di geni della via di segnalazione “Wnt”, e nello specifico il gene Wnt5a, fossero importantissimi nello sviluppo del patagio nei petauri dello zucchero.

Inoltre, i ricercatori hanno osservato come l’attività del gene Wnt5a durante lo sviluppo del patagio dei pipistrelli fosse paragonabile a quella precedentemente osservata nei petauri, un dato estremamente interessante se si considera la divergenza in termini evolutivi che separa i pipistrelli e i petauri dello zucchero. I primi, infatti, fanno parte dei mammiferi placentati e i secondi dei marsupiali; ciò significa che l’ultimo antenato in comune fra pipistrelli e petauri dello zucchero risale a circa 160 milioni di anni fa, periodo di separazione fra queste due categorie tassonomiche.

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Questi dati insieme indicano dunque come il "kit genetico" di base responsabile della formazione delle membrane patagiali di pipistrelli e petauri sia fortemente conservato e come fosse già presente nei mammiferi prima della separazione di placentati e marsupiali. Inoltre, dimostra come nei vari gruppi di mammiferi in cui si è evoluto il patagio ciò sia probabilmente accaduto grazie a modifiche e variazioni genetiche che si sono innestate comunque su un “kit di geni” già presente ancestralmente nei mammiferi ed ereditato da queste linee in cui il patagio si è poi evoluto indipendentemente.

Ad ulteriore dimostrazione di ciò, studiando questi geni nei topi, gli stessi sono risultati essere importanti sia per quanto concerne funzioni legati alla morfogenesi della pelle, ad esempio per la formazione del padiglione auricolare, sia nella formazione di “abbozzi” di un patagio primordiale. Gli studi hanno quindi dimostrato come nei mammiferi non volatori gli stessi geni, che nel petauro dello zucchero e nei pipistrelli sono responsabili della corretta formazione e sviluppo del patagio, svolgono funzioni diverse e importanti.

Oltre a chiarire dunque almeno in parte la questione legata alle componenti genetiche coinvolte nella formazione del patagio, questo studio dimostra come il processo di evoluzione convergente di questa struttura fra i mammiferi sia in questo caso comunque dovuto all’eredità di un “kit genomico” che ha fornito una solida base di partenza iniziale su cui la selezione naturale ha agito favorendo eventuali variazioni.

Pertanto anche nei mammiferi attuali, il volo non è una caratteristica che deve necessariamente evolversi “da zero” e ciò sottolinea, dunque, quanto il genoma di ogni animali sia fondamentale affinché l'evoluzione possa poi "modellare" strutture anatomiche e comportamenti che oggi vediamo in tutti gli organismi viventi.

Sono un biologo naturalista di formazione, attualmente studente magistrale presso L'università di Pisa. Comprendere i meccanismi che muovono il comportamento degli animali e le ragioni che ne hanno permesso la loro evoluzione sono le domande principali che muovono la mia ricerca e la mia passione per l'etologia. Rispondendo ad esse, tento di ricostruire sia il filo conduttore che accomuna l'etologia di ogni specie animale, sia le differenze che distanziano ogni ramo evolutivo dall'altro.
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