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16 Giugno 2022
15:25

«Lasciati ispirare dagli animali»: in Italia la campagna TIER per la mobilità nel rispetto dell’ambiente

Dopo Berlino, Londra, Parigi, Stoccolma e Bruxelles, arrivano i manifesti anche nel capolouogo lombardo per incentivare l'uso di biciclette e monopattini elettrici con l’obiettivo di «cambiare la mobilità una volta per tutte». Ma qual è lo stato di salute del nostro Pianeta andando a guardare la vita delle altre specie?

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«Lasciati ispirare dagli animali», «Gli animali sono il modello di cui abbiamo bisogno»: è questo il claim della campagna all’insegna della sostenibilità e della sicurezza di Tier Mobility, compagnia tedesca che si occupa di veicoli di micromobilità in sharing.

Dopo Berlino, Londra, Parigi, Stoccolma e Bruxelles, l’azienda è arrivata anche a Milano dove è già presente con biciclette e monopattini elettrici con l’obiettivo di «cambiare la mobilità una volta per tutte».

In che modo? Sostituendo le auto con veicoli elettrici e facendo immaginare agli utenti di potersi sentire liberi di muovere attraverso la metropoli, proprio come le diverse specie fanno nei rispettivi habitat naturali. Cosa che, peraltro, riescono a fare sempre meno frequentemente, si potrebbe aggiungere.

Viaggiare in maniera sostenibile, per la compagnia, significa che gli esseri umani hanno l'opportunità di avvicinarsi a uno stile di vita più in linea con le esigenze del Pianeta e della società moderna, nel rispetto dell'ambiente. Concetti a cui potrebbero avvicinarsi sempre di più «se si comportassero come animali e prendessero ispirazione dal loro essere più naturalmente vicini alla natura».

Diciamo che la campagna pubblicitaria è in linea con i temi fondamentali del nostro tempo, tra i quali c’è in prima linea la necessità ormai di prendersi cura in maniera attiva del nostro ecosistema, sempre più in pericolo. E di rispettare gli animali e il loro habitat, due fattori determinanti per la salvaguardia della Terra e la tutela della biodiversità.

E' un passo avanti che le aziende inizino a veicolare un messaggio di questo tipo per convincere l’essere umano a smetterla di distruggere ogni giorno, a fini di business, una parte di un'ecosistema così indispensabile.

La distruzione, la degradazione e la frammentazione degli habitat sono i pericoli maggiori per le specie del nostro Pianeta, compreso la nostra se non capiamo che stiamo distruggendo il luogo nel quale viviamo. Non fa che ripeterlo l’IUCN (International Union for Conservation of Nature) che ogni anno è costretta ad allungare e aggiornare la Lista Rossa degli animali a rischio estinzione. 

La sopravvivenza del nostro Pianeta dipende però principalmente dal comportamento della nostra specie. Non c’è altra strada se non ricostruire un rapporto di armonia con l’ambiente. Anche se, a guardare cosa stiamo facendo per fermare tutto questo, non sembra che ci interessi granché.

A partire dalla distruzione continua delle foreste, come accade con quella tropicale per lasciare il posto a coltivazioni di soia, canna da zucchero o palma da olio, e di molte aree selvatiche smantellate per prelevare piante o parti di esse per le industrie della farmaceutica o cosmetica.

O, ancora, nei paesi ricchi e più industrializzati per costruire aeroporti, centri commerciali, parcheggi, abitazioni. Secondo la FAO, negli ultimi dieci anni, ne sono state distrutte mediamente 13 milioni di ettari l’anno, una superficie pari a quella della Grecia, giusto per capirsi.

Ma ci sono anche altri pericoli: come l’introduzione di specie alloctone, cioè originarie di altre aree geografiche. È stato stimato che circa il 20% dei casi di estinzione di uccelli e mammiferi è da attribuirsi all'azione diretta di animali introdotti dall’uomo.

E ancora, la caccia e la pesca eccessive e indiscriminate, due attività che aggravano situazioni già molto a rischio. Le specie più minacciate, in questo senso, sono la selvaggina e il pesce, ma in Africa e Asia anche i primati come gli scimpanzé. Ma non solo, perché ci sono anche quelle la cui pelle, le corna e gli organi hanno un alto valore commerciale: tigri, elefanti, rinoceronti e balene, tipicamente vittime di bracconaggio.

La bozza dell’accordo globale sulla tutela della biodiversità per il post 2020, pubblicata lo scorso 5 luglio presentava alcuni dei principali obiettivi da raggiungere, tra cui vi era la protezione del 30% delle terre e dei mari in tutto il mondo entro il 2030 e la riduzione dell’estinzione di specie viventi del 90% in 10 anni.

L’eliminazione dell’inquinamento da plastica e la riduzione di due terzi dell’uso di pesticidi. E ancora: dimezzare il numero di specie invasive e cancellare per almeno 500 miliardi di euro, i sussidi dannosi per l’ambiente ogni anno.

Tutti obiettivi seri e più che interessanti. Peccato che i negoziati intermedi in vista della COP15 sulla Biodiversità, i primi in presenza dopo due anni e mezzo, si sono conclusi senza un accordo sul testo e i delegati abbiano deciso di programmare un'ulteriore sessione negoziale prima della COP15, sessione che si terrà a Nairobi dal 21 al 26 giugno 2022.

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Simona Sirianni
Giornalista
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