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27 Aprile 2022
14:29

“La frequentazione dell’orso”: il docufilm sulla convivenza tra uomini e orsi al Trento Film Festival

Il 4 e il 5 maggio, nell'ambito del Trento Film Festival, verrà presentato il docufilm "La frequentazione dell’orso". Abbiamo parlato con il regista Federico Betta per comprendere a fondo l'immagine che si è fatto della relazione tra i trentini e l'orso.

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Il 4 e il 5 maggio, nell'ambito del Trento Film Festival, nelle sale del capoluogo verrà presentato "La frequentazione dell’orso", il documentario della categoria Orizzonti vicini nel quale il regista trentino Federico Betta, attraverso le immagini e le parole dei grandi protagonisti di questo settore, affronta lo spinoso tema della convivenza tra gli esseri umani e gli orsi in questa zona delle Alpi.

Per avere qualche anticipazione e scoprire di più su questo progetto, abbiamo chiesto direttamente al regista di raccontarci la storia che che lo ha portato a concorrere al Film Festival con un documentario che affronta un argomento così complesso e discusso non solo in Trentino ma in tutta Italia, come ha dimostrato il caso di Juan Carrito in Abruzzo.

«Ho voluto dare forma al millenario viaggio del rapporto tra l'essere umano e l'orso, dalla preistoria fino al domani – spiega a Kodami Federico Betta – L'obiettivo è quello di tratteggiare gli sviluppi della relazione che ci unisce, mettendo gli uni accanto agli altri i diversi punti di vista su un tema che, a mio parere, ha ancora bisogno di riflessioni».

Com'è nato il documentario "La frequentazione dell'orso"

Federico Betta racconta che il progetto è nato nel 2020, dopo la lettura di In nome dell'orso, un libro di Matteo Zeni, naturalista, studioso di orsi e guardia forestale.

«Ricordo che mi era stato regalato da mio fratello – racconta il regista – Dopo averlo letto ho voluto incontrare l'autore e, in poco tempo, mi si è aperto davanti agli occhi il piccolo ma immenso mondo di persone che hanno dedicato e dedicano la propria vita a questo animale».

Ed è partire da questo momento Betta, che prima d'ora non si era mai dedicato ai documentari naturalistici, decide di dare il via alle ricerche e approfondire l'argomento per lo sviluppo di un documentario.

«Ho visto in questa storia ciò che più mi piace raccontare, ovvero quei mondi di confine in cui le nostre convinzioni profonde e le posizioni più radicate vengono messe in discussione – racconta il regista, che proviene da una formazione filosofica e in passato ha affrontato anche la complessa tematica delle migrazioni in un lungometraggio dal nome Ed è partire – Amo approfondire i temi caldi dell'organizzazione civica delle persone e scoprire come si comportano i singoli e le rappresentanze di fronte alle complicazioni».

L'autore lascia quindi spazio alle parole di chi, per lavoro o per passione, con l'orso ha avuto a che fare a lungo. «Una delle parti più forti del documentario è quella in cui a parlare è Angelo Calliari, naturalista che negli anni ha avuto l'occasione di incontrare l'orso oltre 200 volte: una personalità genuina, un uomo solitario e desideroso di condividere le sue esperienze. Attraverso il suo racconto si comprende cosa significhi davvero la vicinanza con un orso – anticipa Betta che, durante le riprese, ha sentito di aver affrontato in prima persona un percorso di apprendimento – I modi con cui queste persone mi hanno raccontato le loro storie e hanno condiviso ciò che hanno vissuto, mi ha arricchito e mi ha dimostrato quanta passione e quanta ossessione possa esserci nel tentativo di sapere sempre di più di questo animale».

Ciò che ha ritrovato Betta nelle parole di chi ha intervistato mentre il documentario prendeva forma è stata anche una vera e propria ammirazione nei confronti di una specie che, secondo lui, non va assolutamente trattata come un animale qualunque. «L'orso è radicato nella nostra antropologia e si sbaglia chi crede che sia un animale tra tanti – continua il regista – La sua presenza accentra le paure perché rappresenta una sorta di confine tra la società e la natura».

«La società trentina è divisa e servirà uno sguardo a lungo termine per favorire la convivenza»

Il documentario di Betta viene presentato in un periodo storico in cui i conflitti tra le amministrazioni e chi vuole difendere i diritti di libertà degli animali, sono particolarmente aspri. Solo pochi mesi fa infatti, in seguito al trasferimento di M57 verso un recinto in Ungheria, l'Assessore all'Agricoltura Giulia Zanotelli aveva ribadito la posizione della Provincia Autonoma di Trento, affermando che gli orsi problematici in futuro verranno abbattuti.

Nel frattempo, le associazioni animaliste hanno presentato numerosi ricorsi contro le nuove linee guida di gestione degli orsi confidenti, pubblicate lo scorso 25 giugno, richiedendo l'intervento del consiglio di stato, che ha sottolineato l'importanza di analizzare in maniera in maniera indipendente ogni caso, considerando il contesto in cui avvengono gli avvicinamenti.

Il regista, però, non vuole concentrarsi su questi argomenti e spera invece che il suo lavoro diventi un punto di partenza per le future riflessioni legate ai territori e alla necessità di sforzi da parte di tutti.

«Non ho certo l'ambizione di dare risposte su un tema che è immensamente più grande di me – afferma il regista – Uno dei protagonisti del film, però, dice che quando due specie convivono nello stesso ambiente i conflitti non sono eliminabili  e proprio per questo motivo bisogna essere preparati e mettere in campo più impegno possibile nel tentativo di far convergere gli interessi».

L'abitudine alla riflessione sociale data dalla formazione umanistica del regista, lo porta però a fare anche un'analisi antropologica di ciò che ha incontrato nel periodo delle riprese. «Le società fragili e dominate dalle paure tendono a focalizzarsi su un unico nemico e ho l'impressione che l'orso sia un'occasione per aggregarsi contro qualcosa che viene comunemente riconosciuto come un problema. Ricorda, se vogliamo, come viene vissuto altrove il tema dell'arrivo dei migranti – spiega l'autore – Di fatto quella trentina è una società divisa tra chi ha paura dell'orso perché non lo conosce e chi invece lo considera una fortuna e non si lascia coinvolgere nemmeno dalla comunicazione più spinta dei media. Ma le paure vanno ascoltate: se si fa finta che non esistano si rischia di complicare ulteriormente la convivenza».

Il risultato del lavoro di Betta è, come lo definisce lui, un "documentario collettivo", che ha raccolto immagini catturate dall'esperienza di numerosi esploratori e provenienti da molti archivi. «In chiusura interviene anche Chiarastella Feder, biologa di fauna selvatica che attualmente lavora in Ontario – spiega l'autore – I consigli li lascio dare a lei, che sottolinea come tutte le parti in causa abbiano diritto al confronto e solo con uno sguardo che pensi davvero al futuro della convivenza si potranno ottenere dei risultati a lungo termine».

Un ulteriore fattore che, secondo Betta, favorirà una relazione pacifica tra le specie è l'abitudine a parlare di orsi anche al di fuori del contesto emergenziale: «Bisogna lavorare su questo tema anche quando non ci si trova nel bel mezzo di un problema, quando l'orso si avvicina e mangia le galline o quando causa perdite economiche – conclude l'autore – Dobbiamo rimboccarci le maniche e guardare verso quel domani che ancora non conosciamo, aprirci ai punti di vista di ognuno e dare dignità ad ogni voce. Ciò che mi auguro che resti negli spettatori al termine del film è il desiderio di dare forma proprio al futuro, che è la parte più più importante della storia».

Il film verrà proiettato nelle sale cinematografiche di Trento mercoledì 4 maggio alle ore 16.45 presso il multisala Modena (sala 2) e giovedì 5 maggio alle ore 14.30 presso multisala Modena (sala 1)

Alla realizzazione del documentario hanno partecipato diversi soggetti che l'autore ci tiene a ringraziare, tra i quali l'Ecomuseo della Judicaria e il Muse, la fondazione Caritro e il Club Alpino Italiano.

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Claudia Negrisolo
Educatrice cinofila
Il mio habitat è la montagna. Sono nata in Alto Adige e già da bambina andavo nel bosco con il binocolo al collo per osservare silenziosamente i comportamenti degli animali selvatici. Ho vissuto tra le montagne della Svizzera, in Spagna e sulle Alpi Bavaresi, poi ho studiato etologia, sono diventata educatrice cinofila e ho trovato il mio posto in Trentino, sulle Dolomiti di Brenta. Ora scrivo di animali selvatici e domestici che vivono più o meno vicini agli esseri umani, con la speranza di sensibilizzare alla tutela di ogni vita che abita questo Pianeta.
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