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11 Ottobre 2021
10:44

Gli uccelli imparano a riconoscere le piante che ospitano bruchi tossici e le evitano

Gli uccelli selvatici imparano a riconoscere le piante che ospitano bruchi tossici e le evitano. Di conseguenza la pianta offre una maggiore protezione ai bruchi a prescindere dalla loro tossicità o dai colori di avvertimento. Si tratta del primo studio in assoluto di questo tipo che potrebbe rimettere in discussione l'evoluzione dell'aposematismo.

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In natura tutto o quasi ha un significato preciso e anche i colori degli animali non sono da meno. Alcuni possiedono pelliccia, piumaggio o pelle perfettamente mimetizzati con l'ambiente esterno, mentre altri sfoggiano colori e disegni vistosissimi che non li fanno di certo passare inosservati.

Questi colori servono infatti proprio a farsi notare e a segnalare ai potenziali predatori che tutto sommato mangiare quel bruco giallo e nero forse non è proprio una buona idea, perché è tossico. I predatori imparano in fretta a riconoscere questi colori, chiamati aposematici, ed evitano quindi questi animali tossici o dal pessimo sapore. Alcuni uccelli però vanno ben oltre e imparano addirittura a riconoscere e a evitare le piante che ospitano questi bruchi pericolosi. Lo ha scoperto un team di ricercatori dell'Università di Bristol attraverso uno studio appena pubblicato sulla rivista Current Biology.

L'esperimento coi bruchi finti

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Foto dei vari test effettuati con bruchi finti vistosi e non su piante di senecio e rovo. McLellan et al., 2021

Per scoprirlo gli scienziati hanno posizionato alcune riproduzioni di bruchi gialli e neri della falena Tyria jacobaeae e altri sprovvisti di colori di avvertimento su due piante differenti. La prima era il senecio di San Giacomo (Senecio jacobaea), una specie tossica su cui vivono i bruchi di Tyria, e il comune rovo (Rubus fruticosus), che invece tossico non lo è affatto. Sia i bruchi gialli e neri che quelli privi di colori aposematici sono "sopravvissuti" in numero maggiore sulle foglie del senecio. Gli uccelli selvatici, come i merli e i pettirossi, attaccavano quindi maggiormente quelli sulle foglie di rovo.

I ricercatori hanno quindi ipotizzato che gli uccelli utilizzassero i vistosi fiori gialli del senecio per riconoscere la pianta ed evitarla completamente, a prescindere dalla colorazione dei bruchi. Hanno quindi tagliato fiori dal senecio per posizionarli tra i rovi, e hanno anche utilizzato quadrati di carta gialla come controllo per simulare fioriture vistose. Successivamente hanno ripetuto l'esperimento una seconda volta e questo caso i bruchi posizionati sulle piante di senecio senza fiori sono stati attaccati con maggior frequenza rispetto quelli piazzati sui rovi.

Una scoperta che apre numerosi spunti di riflessione

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Come appare da adulta la falena Tyria jacobaeae

Questo esperimento ha dimostrato che gli uccelli imparano a riconoscere come un segnale di pericolo i fiori del senecio, associandolo così alla tossicità dei bruchi che ospita. Evitare l'intera pianta è un sistema molto più efficace e rapido che valutare ogni singolo bruco, anche perché vista la tossicità del senecio tra le sue foglie ci vivono normalmente soltanto i bruchi Tyria jacobaeae. I ricercatori hanno inoltre scoperto che imparano a farlo grazie all'esperienza diretta, poiché gli individui più giovani e inesperti non facevano distinzione tra le due piante e si avvicinavano a entrambe allo stesso modo.

Per di più questo studio ha dimostrato che gli insetti che vivono su una pianta facilmente riconoscibile ricevono una maggiore protezione dai predatori a prescindere dai loro segnali di avvertimento aposematici. Questa protezione, di conseguenza, si estende inoltre anche su tutti gli altri insetti che vivono lì, anche quelli buoni da mangiare che non sono tossici. Questo nuovo tipo di relazione pianta-bruco non era mai stato dimostrato prima d'ora e potrebbe rimettere in discussione le teorie su come si siano evoluti la tossicità e l'aposematismo negli insetti. Se gli uccelli evitano direttamente le piante e non mangiano i bruchi a di là dei loro colori di avvertimento, qual è stata quindi la spinta selettiva che ha favorito l'evoluzione questi colori? Il dibattito è aperto.

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Salvatore Ferraro
Redattore
Naturalista e ornitologo di formazione, sin da bambino, prima ancora di imparare a leggere e scrivere, il mio più grande sogno è sempre stato quello di conoscere tutto sugli animali e il loro comportamento. Col tempo mi sono specializzato nello studio degli uccelli sul campo e, parallelamente, nell'educazione ambientale. Alla base del mio interesse per le scienze naturali, oltre a una profonda e sincera vocazione, c'è la voglia di mettere a disposizione quello che ho imparato, provando a comunicare e a trasmettere i valori in cui credo e per i quali combatto ogni giorno: la conservazione della natura e la salvaguardia del nostro Pianeta e di chiunque vi abiti.
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