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31 Marzo 2023
15:09

Gli animali negli zoo in Nigeria stanno morendo di fame

In Nigeria gli animali che vivono negli zoo stanno morendo di fame. A causa della crisi economica che sta colpendo il Paese, i fondi che venivano erogati per queste strutture sono stati bloccati.

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leone

Se già non vivono un’esistenza felice perché chiusi in uno zoo, in Nigeria gli animali costretti in questi luoghi stanno ora anche morendo di fame. In uno scenario drammatico di crisi economica generale del Paese, i fondi che venivano erogati per queste strutture sono stati bloccati e anche il flusso dei visitatori paganti dei giardini zoologici si è ridotto significativamente.

E così, anche questi sono al limite della propria sopravvivenza, perché non possono più permettersi di nutrire i loro animali e pagare gli stipendi dei lavoratori. C’è da dire, però, che la cattiva gestione degli zoo non dipende solo da una questione economica.

Le immagini dei leoni ridotti pelle e ossa nelle gabbie sono immagini strazianti che su Kodami non vedrete perché nulla aggiungono rispetto a quanto scritto, e per non mostrare la sofferenza di un animale. Molti osservatori interni attribuiscono questa situazione drammatica allo scarso interesse suscitato dai parchi zoologici, tuttavia, rovesciando la prospettiva, è possibile vedere che il problema reale è l'esistenza stessa di queste strutture.

Le condizioni in cui vivono gli animali negli zoo sono molto lontane da quelle presenti nel loro habitat naturale. La mancanza di spazio, l’isolamento, la carenza di stimoli e la continua vista del pubblico causano negli animali frustrazione, stress, apatia e depressione. Anche se l’esistenza dei parchi zoologici ad oggi viene giustificata sulla base della loro funzione come centri per l’educazione, la ricerca e la conservazione, nella realtà dei fatti rappresentano solo dei luoghi di intrattenimento per persone e famiglie. Continuare a mantenere queste strutture significa perpetrare una esistenza di sofferenza per le generazioni di animali che verranno in futuro.

Invece di cercare di portare più turisti negli zoo, come chiede l'amministrazione locale, sarebbe il caso di riflettere sulla scarsa consapevolezza e rispetto per la fauna selvatica, come dimostrano i dati più recenti su bracconaggio, fenomeno tristemente diffuso in tutto il mondo e presente anche nel continente africano. Nel 2019, 51 tonnellate di scaglie e artigli di pangolini e 44 chili di zanne di elefanti sono state esportate attraverso la sola Nigeria e il Paese è stato identificato come il principale punto di transito per il commercio illegale di animali selvatici nella regione. Ma sappiamo bene che in tutto il mondo migliaia di animali vengono prelevati illegalmente dal loro ambiente naturale ogni anno per essere venduti sul mercato nero, vivi o ridotti a membra. Un traffico che danneggia la biodiversità, e quindi gli ecosistemi, e minaccia la sopravvivenza stessa di alcune delle nostre specie più iconiche.

Ma non solo, perché in quanto attività criminale organizzata, il traffico di specie selvatiche mina lo Stato di diritto e danneggia le comunità. E, inoltre, può diffondere malattie, danneggiando così sia gli esseri umani che altri animali. Ma nonostante queste certezze, la domanda internazionale di animali vivi e parti di animali, lo sviluppo industriale ed economico scriteriato, l’avidità, la corruzione e una governance debole continuano ad alimentare questo pratica terribile.

Basti pensare che solo in Italia, sono oltre il 22% i reati ambientali che colpiscono la fauna. Il nostro Paese, in particolare, si distingue tristemente per il traffico illegale per il bracconaggio dell’avifauna, molto diffuso in ragione del fatto che rappresenta una rotta importante per tantissime migrazioni stagionali. La norma che tutela la fauna selvatica omeoterma, mammiferi e uccelli, e disciplina l’attività di caccia è la Legge n. 157 del 1992 ritenuta dall’associazione Legambiente totalmente inefficace per via del fatto che risulta ormai “datata” e non più rispondente alle urgenze connesse con la crisi della biodiversità.

Ma non solo, perché, ancora più importante, più della metà dei procedimenti penali qualora vengano fatti, si risolve in primo grado senza alcuna sanzione penale, con se va bene l’oblazione, il pagamento allo Stato di una somma di denaro prestabilita con cui si estingue il reato, o la non procedibilità per la tenuità del fatto o con prescrizioni. Tuttavia porre fine al crimine contro la fauna selvatica non è un’alternativa ma un obbligo e le leggi internazionali richiedono un vero cambiamento per affrontare come si deve le sfide globali in materia di biodiversità, clima, sviluppo, salute pubblica e animale.

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Simona Sirianni
Giornalista
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