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24 Maggio 2022
13:06

Giornata europea dei Parchi: le sfide da vincere per le future generazioni

Oggi, 24 maggio 2022, si celebra la Giornata europea dei Parchi, oggi più che mai chiamate ad attuare sfide per la conservazione e la coesistenza dell'uomo nella natura. Ne abbiamo parlato con i rappresentanti di due Parchi nazionali esemplificativi degli approcci che questi enti stanno sperimentando.

Intervista a Luciano Sammarone E Tommaso Pellegrino
Direttore del Parco nazionale d'Abruzzo, Lazio e Molise e Presidente del Parco nazionale del Cilento Vallo di Diano e Alburni
lupo parco abruzzo
Lupo (Fonte: Pnalm)

«Noi siamo la Natura. Ripensare, riconnettere e ripristinare» è lo slogan della Giornata europea dei parchi promossa da Europarc Federation che si celebra oggi, 24 maggio 2022. La Giornata Europea dei Parchi è stata istituita per ricordare  il giorno della fondazione dei primi parchi nazionali europei, nati in Svezia nel 1909.

In Italia la Giornata dei parchi si svolge in continuità con il centenario dei due parchi nazionali più antichi del Gran Paradiso e di Abruzzo, Lazio e Molise, celebrati ad aprile durante una due giorni alla quale hanno preso parte i maggiori esponenti delle istituzioni e i rappresentanti degli Enti parco.

La nostra penisola con 10.000 specie animali endemiche e 1.300 vegetali è prima in Europa per biodiversità. Una consapevolezza che negli anni ha portato al raggiungimento del 21% di territorio protetto a terra e del 16% a mare che nel 2030 dovrà arrivare al 30% per adeguarsi alle indicazioni europee.

Si tratta di un impegno, pensato per garantire alle future generazioni di godere della straordinaria varietà di cui abbiamo beneficiato sino ad oggi, che rappresenta una sfida per gli Enti che si trovano a dover fare da ponte tra la tutela ambiente e l'espansione antropica.

Kodami ne ha parlato con i rappresentanti di due Parchi nazionali che si sono fatti portatori di strategie diverse per raggiungere questo obiettivo: il Parco nazionale d'Abruzzo, Lazio e Molise, uno dei più antichi d'Italia, e il Parco nazionale del Cilento Vallo di Diano e Alburni, tra i più densamente abitati.

Sammarone: «La sostenibilità è la consapevolezza di un limite»

orso marsicano
Orso marsicano, simbolo del Parco d’Abruzzo (Fonte: Pnalm)

«Se le cose non cambieranno, alle future generazioni lasceremo solo i nostri debiti», sottolinea subito il direttore del Pnalm Luciano Sammarone. «Durante gli anni di pandemia le persone hanno riscoperto l'importanza del contatto con la natura e dall'estate del 2020 abbiamo registrato numeri significativi. Purtroppo abbiamo anche toccato con mano quanto sia inadeguata la preparazione dei cittadini, i quali spesso non sanno come rispettare i territori in quanto scrigni di biodiversità e paesaggi unici ovvero tutto quello che a febbraio è stato integrato nella nostra Costituzione».

La riforma che ha inserito la tutela dell'ambiente e degli animali in Costituzione ha rappresentato un momento storico per l'Italia, ma il timore del Pnalm e di tante altre aree protette è che rischi di restare nei fatti fine a se stessa. «Il prossimo obiettivo dopo questa riforma è migliorare la conoscenza generale rispetto a cos'è un habitat e biodiversità – spiega Sammarone – concetti fondamentali ma ancora ignorati. C'è troppa approssimazione parlando di ambiente e del concetto stesso di sostenibilità».

Per Sammarone, parlare di sostenibilità non significa rendere fattibile ogni azione dell'uomo nella natura: «La sostenibilità è la consapevolezza di un limite. Se tutto fosse sostenibile non avremmo bisogno di parlarne. Ogni azione che compiamo ha un impatto sul clima, sul paesaggio, sugli animali. E in un parco naturale devi sapere dove fermarti».

«Informare i cittadini è doveroso, – continua il direttore del Pnalm – perché se abbiamo cittadini consapevoli avremo un numero di alleati sempre maggiore nelle azioni di tutela e conservazione, e noi ci siamo sempre impegnati in tal senso». L'Ente ha fatto della divulgazione il suo marchio di riconoscimento, spiegando il comportamento da tenere nei confronti di tutti gli animali, compresi i cani del Parco d'Abruzzo, e ovviamente gli orsi marsicani, unica sottospecie endemica dell'Appennino e giunta quasi sull'orlo dell'estinzione.

Lo ha fatto utilizzando la popolarità dell'ambasciatore più famoso del Parco: l'orso M20, meglio noto come Juan Carrito. Un cittadino informato non è necessariamente un cittadino rispettoso,  e nonostante le campagne di comunicazione attuate sui social e in presenza, il numero di persone che hanno cercato di avvicinare l'orso per un selfie o che gli hanno lasciato del cibo lungo le vie dei paesi da lui frequentati non è mai diminuito, arrivando a cagionare il rischio di una sua definitiva captivazione.

«Il problema – dice Sammarone – sta nel dare coerenza a quello di cui si parla con l'agire quotidiano. Paradossalmente è stato più semplice convincere i pastori e i boscaioli a smettere di utilizzare alcune zone del Pnalm che frequentavano da sempre piuttosto che convincere i cittadini a rispettare le regole di accesso ai sentieri, come quella di non entrare in alcune zone di notte. Evitare di stare in montagna nelle ore notturne permette agli animali di muoversi liberamente per loro è una questione di sopravvivenza, mentre per noi è un diletto e poi per il nostro egoismo li imprigioniamo. È un errore gravissimo che genera conseguenze».

Secondo l'ultimo report del Centro di ricerca sulla televisione e gli audiovisivi (CeRTA) e Cattolica per il Turismo, in collaborazione con Publitalia '80, negli ultimi 12 mesi oltre il 20% dei viaggiatori si è recato in regioni e territori d'Italia che non aveva mai visitato in precedenza, tra questi spiccano borghi e parchi naturali. Ma a crescere di pari passo è anche un altro fenomeno: quello del turismo degli animali selvatici.

«Il rapporto tra noi e la fauna selvatica è diventato malato: molti scambiano i selvatici per animali da compagnia. Nel territorio del Parco è comunissimo vedere cervi in alcuni centri abitati e molti vi si avvicinano, addirittura cercano di toccare i cuccioli». Le straordinarie immagini dei cervi che nuotano nel lago San Domenico, o che fanno la spesa di frutta e verdura al mercato di Villetta Barrea confermano proprio la diffusa presenza di questi ungulati sul territorio, anche nell'abitato.

Proprio in questo periodo dell'anno si registra inoltre il "furto" dei cuccioli di capriolo, strappati alle madri perché ritenuti, erroneamente, abbandonati. «La distanza da tenere in presenza di un animale selvatico non è quantificabile, ciò che sappiamo con certezza è solo che bisogna stare lontano il più possibile per non alterare il loro ciclo vitale, non dargli da mangiare, e ripensare il nostro rapporto con le risorse che smaltiamo per evitare di condurli nelle città».

«La formazione, quindi, se non diventa agire quotidiano resta uno sloga, un esercizio fine a se stesso. Per il futuro – conclude Sammarone – mi auguro che un numero sempre maggiore di persone acquisisca una vera consapevolezza rispetto al nostro agire nella natura: dalla riserva naturale al parco urbano, e ricordarci, soprattutto, che la nostra specie è solo una componente della vita, anche se la più invasiva».

Pellegrino: «È ora di un ambientalismo moderno»

picchio nero
Picchio nero, uno degli uccelli più rappresentativi del Parco del Cilento

A dover affrontare la sfida dell'integrazione tra l'ecosistema naturale e quello umano sono soprattutto i parchi fortemente urbanizzati come il Parco nazionale del Cilento, Vallo di Diano e Alburni spiega .«Sul nostro territorio vivono 270mila persone, ne consegue che per noi la sana convivenza tra natura ed contesti urbani è un'esigenza del presente, e non solo un obiettivo futuro», dichiara il presidente Tommaso Pellegrino.

«I parchi italiani – spiega Pellegrino – non sono riserve, ma aree antropizzate in cui vivono e lavorano migliaia di persone. Ciò ci impone di attuare un ambientalismo moderno nelle aree protette. Oggi il vero ambientalismo è quello capace di dire sì e realizzare opere per il bene della comunità mantenendo inalterate biodiversità e paesaggio».

Il Parco del Cilento può vantare una straordinaria varietà paesaggistica che abbraccia mare e montagna e che ospita ben quattro siti patrimonio dell'Unesco come gli scavi archeologici di Paestum e Velia e la Certosa di Padula. Non solo il Parco è un grande contenitore di biodiversità, tra questi spicca il picchio nero: una popolazione si è stanziata proprio nel Cilento, che rappresenta uno dei pochi rifugi di questa specie nell'Italia meridionale.

«Viviamo in uno dei posti più belli del mondo: e questo orgoglio diventa più forte quando ci confrontiamo con contesti internazionali analoghi al nostro – sottolinea il Presidente – dove possiamo apprezzare l'unicità di tutto il sistema dei parchi italiani, ma questo immenso patrimonio deve essere messo in moto affinché diventi un'opportunità».

«Da noi ci sono anche 180 aziende con il marchio del Parco, questo significa riconoscere l'esistenza di un gran numero di famiglie che devono essere integrate e non respinte creando un settore produttivo virtuoso», è la ricetta di Pellegrino che vede nei Parchi un modello replicabile su scala nazionale e anche al di fuori delle aree protette: «I parchi possono farsi capofila della transizione ecologica. Il tema ambiente è centrale più che mai all'interno del dibattito pubblico e anche nella comunicazione istituzionale, e noi stiamo mettendo in campo nuovi modelli virtuosi sia per l'efficentamento energetico, sia per combattere il cambiamento climatico».

Per questo Pellegrino rivendica maggiore autonomia per gli Enti che gestiscono le grandi aree protette del Paese: «L'autonomia è fondamentale per superare la burocrazia e la sovrapposizione di competenze con le Soprintendenze. Lo stop a lavori come bike sharing e altri da realizzarsi nei Parchi crea pregiudizio e animosità dei cittadini, che vedono il Parco come un limite e non come un'opportunità anche in termini lavorativi. Non ce lo possiamo permettere se vogliamo creare ponti e sinergie».

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