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28 Gennaio 2021
14:03

Equitazione etica: un nuovo approccio ai cavalli

Il cavallo è un essere senziente e con una propria individualità, ma spesso viene ancora considerato solo un mezzo di trasporto. L'equitazione etica propone invece un nuovo approccio basato sul rispetto delle caratteristiche etologiche della specie. A parlarcene è Rachele Malavasi, esperta in comportamento equino e consulente scientifica della Scuola di Equitazione Etica.

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Intervista a Rachele Malavasi
Esperta in comportamento equino e tecnica e consulente scientifica per la Scuola di Equitazione Etica (SEE)
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I cavalli sono animali senzienti, capaci di compiere delle scelte e che amano vivere in gruppi sociali. Spesso però le loro esigenze comportamentali non vengono rispettate e vengono chiusi in box isolati che non permettono loro di esprimersi liberamente. L'addestramento tradizionale infatti li concepisce ancora come dei mezzi di trasporto con la sola funzione di rispondere alle nostre richieste. L'approccio cognitivo-relazionale è nato proprio per dare maggiore dignità al cavallo e riconoscerlo nella sua individualità.  A parlarcene è Rachele Malavasi, esperta in comportamento equino e tecnica e consulente scientifica per la Scuola di Equitazione Etica (SEE).

Cosa si intende per approccio cognitivo relazionale?

«L'approccio cognitivo-relazionale al cavallo è un approccio che riconosce il cavallo come essere senziente che ha un suo progetto di vita,  basandosi più sull'educazione che sul mero addestramento. Di conseguenza la scuola si basa su tre principi fondamentali. Il primo è che devono essere riconosciute le necessità etologiche del cavallo come ad esempio, vivere in branco e in gestione naturale. Nei nostri centri infatti i cavalli vivono sempre in gruppi sociali e i box sono presenti esclusivamente per esigenze veterinarie o per accogliere un cavallo nuovo. Quando c'è un nuovo arrivato l'obiettivo è quello di riuscire a farlo inserire nel gruppo sociale, ma questo non è immediato e può richiedere un percorso di socializzazione che permetta al cavallo di poter esprimere sé stesso senza sentirsi condizionato. Un altro punto fondamentale è il riconoscimento dell’alterità del cavallo come essere senziente e capace di compiere delle scelte, quindi con una sua soggettività e diversità. La scuola, che ha sede principale presso l'Oasi EquiLuna (Moncigoli, MS) in Lunigiana, non è subito partita con quest'approccio ma si è resa gradualmente conto che addestrare un cavallo non portava alla creazione di una vera relazione. Al contrario i cavalli non riuscivano ad esprimersi e si sentivano di conseguenza frustrati. Era quindi necessario un cambiamento che portasse ad una maggiore considerazione della mente dell'animale, riferendosi a lui come individuo che non deve rispondere per forza ai nostri comandi».

Quali sono gli strumenti che non utilizzate nella vostra scuola?

©Oasi EquiLuna, Scuola di Equitazione Etica

«I cavalli che vivono con noi sono tutti sferrati e non utilizziamo l'imboccatura perché è stato visto che la tensione dovuta alle redini quando vengono tirate è frustrante per il cavallo. In uno studio hanno infatti presentato al cavallo un test dove gli si chiedeva di mettere l'imboccatura in cambio di un premio, e il soggetto rinunciava al premio pur di non indossarla.».

La sella invece è uno strumento che viene utilizzato?

«Certo, la sella è uno strumento importante che serve sia per l'equilibrio del cavaliere sia per distribuire il peso sulla schiena del cavallo facendo sì che non vi sia troppa pressione sulla spina dorsale che potrebbe risultare doloroso per l'animale. Noi non siamo contrari a montare a cavallo ma tutto dipende da come viene fatto, o meglio, non è lo strumento ad essere coercitivo in sé ma come viene usato. Ad esempio, prima di mettere una sella ad un cavallo devo essere sicura che a lui vada bene. Inoltre, se con il cavallo abbiamo una relazione solida e ben costruita, lo ascoltiamo e siamo sempre disponibili e presenti, ci possiamo anche permettere di chiedergli qualcosa in più. Ma tutto questo può avvenire solo se c'è una relazione. Ci sono cavalli che possono avere una cattiva rappresentazione della sella e, per aiutarlo a cambiare idea, montarlo potrebbe essere un modo per farlo uscire da un "blocco mentale". Ovviamente stando attenti ai suoi segnali e facendolo in maniera corretta. Detto ciò, ci sono anche cavalli nei nostri centri che non vengono mai montati».

Come spiegate ai nuovi arrivati l'importanza della comunicazione con gli animali?

©Oasi EquiLuna, Scuola di Equitazione Etica

«I corsi che offriamo sono di due tipi: per gli appassionati e per i professionisti. La prima cosa che un allievo deve imparare nella nostra scuola è la comunicazione del cavallo e le regole del branco. prima della lezione il cavallo non è già vestito ma deve essere l'allievo a occuparsene per poter cominciare a conoscere il soggetto. Non lavoriamo nel tipico rettangolo delle scuole di equitazione: il nostro obiettivo non è quello classico di insegnare ad andare a trotto e galoppo. Al contrario l'allievo deve capire non solo le tecniche ma soprattutto l’etologia del cavallo. Per fare un esempio, poco tempo fa ho fatto una lezione ad una ragazza che veniva per la prima volta e in due ore ci siamo soffermate "solo" su come approcciare al cavallo, senza farglielo montare sin da subito».

I cavalli vivono spesso chiusi nei box nelle scuole tradizionali. E' corretto?

«Il cavallo è una specie sociale e quindi la sua primaria necessità è quella di vivere in branco. Purtroppo accade tradizionalmente che i cavalli vengano fatti crescere isolati nei box e quello che si pensa sia un contatto sociale, ossia i cavalli posti l'uno vicino o di fronte all'altro, in realtà non lo è affatto. Questo tipo di vicinanza non viene percepita da loro come una vera relazione e di conseguenza non si vengono a creare delle reali amicizie tra cavalli nella stessa scuderia. Se lasciamo che i cavalli rimangano isolati e non diamo loro la possibilità di vivere insieme ad altri individui, ad esempio quelli più esperti nella comunicazione, perdiamo un patrimonio che non tornerà più. I box purtroppo non permettono una comunicazione libera e sono anche dannosi per lo sviluppo mentale del cavallo perché la costrizione alla vicinanza fa sì che lo spazio intimo dell'animale venga continuamente invaso. Immaginate un cavallo che mette la faccia fuori dal box e si ritrova un individuo di fronte che gira la testa dall'altro lato perché si sente invaso nel suo spazio. Questo sicuramente non è piacevole e lo farà sentire frustrato. Inoltre quello stesso cavallo proverà anche rabbia perché a sua volta si sentirà invaso nel suo spazio intimo da un altro cavallo vicino».

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