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22 Settembre 2023
16:19

Dopo la mattanza dei maiali del Rifugio Cuori Liberi, cosa succederà agli altri Santuari?

Dopo la mattanza dei maiali del Rifugio Cuori Liberi, cosa succederà ai Santuari con la peste suina africana? È quello che in queste ore si stanno chiedendo attivisti e volontari che si preparano ad affrontare nuovi scontri con le istituzioni.

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Un sentore di morte e sconforto aleggia ancora all'interno del Rifugio Cuori Liberi di Sairano, in provincia di Pavia, dove il 20 settembre sono stati abbattuti 10 maiali ospiti del santuario. Quello che si presenta dopo gli scontri con le Forze dell'Ordine è lo scenario desolato di un sistema che ha fallito in tutto: nella gestione dell'emergenza pesta suina africana e della disobbedienza civile dei manifestanti che hanno provato a opporsi alla mattanza. Ma non c'è stato nulla da fare.

«Sono stati calpestati i diritti civili e umani. Dopo quello che abbiamo visto è caduta la fiducia nelle istituzioni», è la denuncia di Sara D'Angela, coordinatrice della Rete dei Santuari di Animali Liberi che ha organizzato il presidio permanente al Rifugio.

Dopo giorni di tensione, gli agenti di Polizia e Carabinieri sono entrati all'alba di mercoledì in tenuta anti sommossa per rompere il cordone umano dei volontari e permettere agli operatori dell'Ats di Pavia di eseguire l'eutanasia sugli maiali. Dopo qualche ora, i corpi degli animali sono stati caricati su un camion, davanti agli occhi attoniti dei presenti, e portati via per essere distrutti.

Tutto è stato fatto in ottemperanza della legge, sia del piano straordinario per il contenimento della peste suina africana che dell'ordinanza di abbattimento emanata dalla Regione Lombardia. Eppure, guardando le immagini del momento dell'ingresso della Polizia nel Rifugio, c'è qualcosa che non torna, un vero pugno in faccia alla democrazia che ha colpito tutti, indistintamente.

Il silenzio di questi giorni è quello dell'abuso subìto, il primo di una serie. L'ingresso forzoso all'interno di Cuori Liberi rappresenta un precedente molto pericoloso per tutte le strutture analoghe che si occupano di accogliere animali sfruttati dall'industria agroalimentare e zootecnica. I santuari per animali vittime di sfruttamento sono stati riconosciuti dal Ministero della Salute proprio quest'anno, dopo un lungo lavoro dei volontari ai tavoli istituzionali.

Gli ospiti di queste strutture, fino a un anno fa, erano considerati animali da consumo, mentre oggi, pur continuando a essere registrati nella Banca dati nazionale degli animali da reddito, si trovano nella sezione Sinac, quella degli animali da compagnia. Un passo epocale che avrebbe dovuto segnare, finalmente, la netta distinzione tra allevamenti e santuari. Così però non è stato, e lo si è visto quando è arrivata l'emergenza.

Il Piano straordinario per il contenimento della peste suina africana non prende in considerazione le peculiarità dei santuari. Si tratta di una malattia virale che colpisce suini e cinghiali e si manifesta come una febbre emorragica ad elevata mortalità. Al momento non esistono vaccini né cure. Pur non essendo trasmissibile all'essere umano, rappresenta un vero spauracchio per il comparto suinicolo italiano, perché una volta entrata in un allevamento la pestilenza è destinata a decimare le centinaia di animali che vi sono contenute. Questo succede perché gli allevamenti per loro natura sono luoghi in cui le malattie possono diffondersi con estrema facilità grazie all'elevato numero di individui in continuo e stretto contatto tra loro.

Un situazione molto diversa da quella tipica di un santuario dove ci sono poche decine di animali che non vivono in simili situazioni di stress. La soluzione individuata per evitare l'ulteriore diffusione della malattia tra i suidi è però sempre la stessa: l'abbattimento. Una volta riscontrato un focolaio vengono infatti uccisi tutti gli animali, malati e sani, indistintamente. Il costo viene poi risarcito all'allevatore.

Un sistema che però risulta inaccettabile per i volontari che fino all'ultimo hanno cercato di trovare una mediazione che permettesse di salvaguardare i maiali ancora sani del Rifugio, alcuni dei quali sopravvissuti alla fase acuta della malattia, come la maialina Mercoledì che dopo aver affrontato la crisi all'interno del Rifugio Cuori Liberi sembrava essersi ripresa del tutto.

Nonostante gli appelli e le richieste di collaborazione inviati alla Regione Lombardia e all'Ats, all'alba del 20 settembre le Forze dell'Ordine hanno fatto irruzione. A preoccupare quel giorno e quello immediatamente successivo è stata la loro violenza delle Forze dell'Ordine, denunciata a Kodami dai volontari presenti sul posto e visibile anche in numerosi video diffusi online. Ma oggi, nella mente di chi ha vissuto lo scontro c'è soprattutto il disprezzo delle misure di sicurezza contro la diffusione della malattia mostrata proprio dagli agenti stessi.

«Alcuni rappresentanti delle Forze dell’Ordine erano addirittura sprovvisti di calzari, a un tratto volevano rompere un recinto in cui c'erano delle mucche», spiega a Kodami Maria Sofia Federico, attivista 18enne che si trovava al Rifugio insieme agli altri volontari nel giorno del blitz.

La perplessità rispetto alla presenza di agenti senza calzari, in spregio delle norme contro la diffusione della pestilenza è stata denunciata dagli stessi attivisti che al contrario erano tutti muniti dei dispositivi di sicurezza: «Il 20 settembre abbiamo iniziato a prepararci alle 5 del mattino, sapevamo che era solo questione di tempo, e per questo abbiamo indossando le tute protettive e i calzari e siamo entrati nel Rifugio», continua Federico.

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Anche lei è stata trascinata dagli agenti e insultata: «Un'agente mi ha chiamata handicappata e trascinata a terra. Sono successe anche altre cose dello stesso genere ma non ho i video», racconta l'attivista che su Instagram vanta un seguito di oltre 230mila follower. «Il sistema in cui viviamo presenta delle ingiustizie, mi rendo conto di essere una privilegiata e volevo uscire dalla bolla dei social per espormi in prima persona».

Dopo i volontari sono stati portati via dagli agenti e in alcuni casi denunciati per manifestazione non autorizzata. «Alcuni poliziotti e carabinieri si sono lamentati perché anche loro erano stati colpiti, ma alcuni di noi si stavamo semplicemente difendendo da una carica violenta, non avevano scelta».

La risposta della politica

Il dissenso provocato dalle modalità del blitz di Zinasco non ha lasciato indifferente le frange della politica maggiormente sensibili al tema dei diritti di animali e persone. Il primo a esporsi con un intervento alla Camera è stato il deputato di Alleanza Verdi Sinistra, Devis Dori, il quale ha annunciato un'interrogazione diretta al Ministro della Salute e al Ministro dell'Interno in modo da fare chiarezza su quanto avvenuto.

«La situazione poteva essere gestita in maniera diversa, vedo una continua escalation di accanimento verso tutti gli animali – ha detto Dori – Il Rifugio Cuori Liberi fa parte della Rete dei Santuari di Animali Liberi. Queste strutture accolgono animali sequestrati da situazioni di sfruttamento in allevamento oppure maltrattati, rappresentano quindi un presidio di legalità».

Anche Eleonora Evi, collega e portavoce del partito ha sottolineato in una nota: «Nonostante gli animali lì presenti fossero in condizioni di sicurezza e isolamento, senza alcuna possibilità di fuoriuscire dalla struttura e diffondere il virus, sono stati abbattuti». «Non è possibile che possa passare sotto traccia né che possa creare un precedente pericoloso per tutti i maiali salvati e oggi accolti nei rifugi nel nostro Paese», ha detto annunciando un'interrogazione.

Sempre della minoranza, anche Carmen Di Lauro ha denunciato sui social l'episodio «vergognoso»: «Come Movimento 5 Stelle e con Sergio Costa chiederemo immediati chiarimenti in merito. In Lombardia sono stati già abbattuti 33.000 suini: gli allevamenti intensivi rappresentano un modello produttivo malato che in nome del profitto sacrifica vite innocenti provocando profondo dolore ad umani e animali. Dobbiamo uscirne… prima dell’ennesima strage».

Dalla maggioranza di Governo per ora si registra ancora un profondo silenzio. La gran parte delle richieste di aiuto lanciate dalla Rete dei Santuari di Animali Liberi nelle settimane precedenti al blitz sono cadute nel vuoto, eppure la coordinatrice D'Angelo non intende fermarsi: «Bene l'interessamento, non dobbiamo restare nella nostra bolla, ed è giusto che tutti vedano cosa è successo perché si è tratta di un abuso senza precedenti. Ma noi non ci fermeremo».

Da parte della maggioranza, però, tutto tace.

Giornalista per formazione e attivista per indole. Lavoro da sempre nella comunicazione digitale con incursioni nel mondo della carta stampata, dove mi sono occupata regolarmente di salute ambientale e innovazione. Leggo molto, possibilmente all’aria aperta, e appena posso mi cimento in percorsi di trekking nella natura. Nella filosofia di Kodami ho ritrovato i miei valori e un approccio consapevole ma agile ai problemi del mondo.
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