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12 Novembre 2022
9:21

Come aprire un rifugio per animali

Come aprire un rifugio è una questione articolata che non può essere affrontata in maniera generica. Tuttavia, esistono alcune indicazioni generali dalle quali partire per dare vita a una struttura in grado di accogliere animali nel rispetto della legge.

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Come aprire un rifugio per animali è una questione articolata perché prevede di fare riferimento sia alla normativa nazionale sia alle sua ricezione da parte degli enti locali, come Comuni e Regioni. Inoltre, per aprire un rifugio è necessario assolvere anche a degli obblighi di natura sanitaria prescritti dalle Asl territorialmente competenti.

Prima di andare avanti con la lettura di questo articolo, ci teniamo a sottolineare perché abbiamo sentito la necessità di parlarne su Kodami. Sono tante le realtà sul territorio nazionale in cui è possibile incontrare il cane della propria vita. Si tratta però di strutture molto variegate nella loro tipologia e spesso si ha a che fare anche con luoghi che non rispettano le norme previste che vi spiegheremo in seguito.

Molte sono le persone che dedicano la propria vita all'accudimento degli animali ma troppe volte accade che vi sia una estremizzazione sia a causa delle regole vetuste stabilite dal legislatore che della effettiva mancanza di conoscenza da parte di chi opera con gli animali dei bisogni etologici dei cani. Se da una parte dunque la legge è ancorata a canoni identificati in anni in cui il benessere era legato solo a aree che non consideravano le reali esigenze degli animali, dimenticando l'importanza di spazi aperti e di box che non siano solo degli spazi angusti, da un'altra l'esistenza di chi accumula cani senza distinguere le reali necessità di questi ultimi e i costi del loro mantenimento hanno acuito la difficoltà di far sì che davvero questi luoghi possano essere solo di passaggio per individui che meritano libertà o una famiglia di riferimento. Senza dimenticare che esistono luoghi creati ad hoc per fare business sulla pelle dei cani.

Importante, dunque, ci è sembrato fare un punto della situazione per dare una visione generale su cosa appunto la legge prevede perché si possa aprire un rifugio e, allo stesso tempo, sottolineare quanto sia necessario però un cambiamento a livello politico e an che individuale per far sì che chi opera al meglio, sebbene non rientri negli standard previsti dal legislatore, possa un giorno usufruire di un reale supporto dalle istituzioni.

Per tanto a fronte di una maggiore conoscenza dello stato di fatto, ecco che abbiamo deciso di offrire ai nostri lettori un quadro quanto più semplice e legato alle attuali regole, nella speranza – come scrivevamo – che vi sia un cambiamento mirato alla trasparenza e al supporto di coloro che praticano attività di volontariato senza scopo di lucro e nell'interesse unico del benessere psico fisico degli animali che hanno deciso di ospitare.

Convenzionalmente, per rifugio si intende una struttura che si occupa di tenere gli animali in stallo temporaneo allo scopo di cercare loro un'adozione consapevole. La realtà, e la definizione stessa di rifugio, è però molto più complessa anche a livello burocratico, come vedremo a breve.

Prima di iniziare, infine, ci sono alcuni capisaldi fondamentali validi qualsiasi contesto. A cominciare dall’importanza di non improvvisarsi ma di mettere al servizio degli animali le conoscenze già maturate attraverso attività di volontariato o professioni, come nel caso di educatori e istruttori cinofili oppure medici veterinari. Il secondo pre-requisito riguarda la consapevolezza di intraprendere questo percorso con spirito di cooperazione. Un rifugio non è una pensione per cani e aprirne uno significa innanzitutto accogliere gli animali abbandonati o in evidente stato di difficoltà, quindi che non hanno nessuna persona che si occupi di loro e del loro mantenimento e se recuperati in strada di cui si è prima approfondita la storia, ovvero avendo la sicurezza che non si tratti di cani liberi e tutelati sul territorio.

Con lo stesso spirito di consapevolezza con cui si intraprende un’adozione di un cane, è bene anche affrontare l’impegnativa occupazione di apertura e gestione di un rifugio.

Come aprire un rifugio: i primi passi

Chiarito ciò, il primo passo per aprire un rifugio è chiedersi "dove mi trovo"? Per realizzare questo progetto, infatti, bisogna fare riferimento non solo alle norme nazionali, ma anche a leggi e regolamenti di rango locale emanati da Comuni e Regioni.

Si parte quindi con l'individuare un terreno con la giusta destinazione urbanistica. Non tutti i terreni, infatti, possono diventare rifugi, bisogna individuarne uno che, incrociando le prescrizioni del Testo unico dell'edilizia e le disposizioni locali, abbia la destinazione urbanistica compatibile.

Una volta individuato il terreno adatto all’opera si passa poi alla costruzione della struttura vera e propria. Anche in questa fase il ruolo giocato dagli Enti locali è fondamentale perché la costruzione dovrà avere l’ok del Comune su cui sorge, e anche il nullaosta da parte dei medici veterinari dei Servizi sanitari locali. Saranno questi ultimi professionisti a valutare se i box costruiti sono stati realizzati nel materiale giusto e nella dimensione utile a garantire il benessere dei futuri ospiti.

I passaggi per l’apertura da zero di queste realtà sono numerosi e comprendono diversi attori, per questo sono nati degli appositi project financing, o finanza di progetto, strumenti finanziari in cui figure professionali aiutano a creare il progetto del rifugio assicurandosi che sia a norma secondo le disposizioni del territorio.

Una volta realizzata una struttura perfettamente a norma, è importante stipulare una convenzione con l’Asl di riferimento che ha anche il compito di continuare a vigilare sullo stato di benessere degli animali e sulla idoneità nel tempo della struttura stessa. La mappatura realizzata dalle diverse Asl confluisce poi all’interno dell’Anagrafe canina regionale che riporta in chiaro i referenti dei canili, gli indirizzi e se il rifugio ha in quel momento una convenzione attiva con l’Asl.

Canile, rifugio, pensione: che differenza?

Quando si parla di rifugio però si può non trovare un'esatta corrispondenza all'interno delle normative di riferimento. Questo perché la distinzione tra rifugio e canile privato è arbitraria. La vera distinzione intercorre tra il canile sanitario e il canile rifugio.

Il canile sanitario è sempre presente all'interno dei canili comunali, ma può anche non esserci all'interno dei canili rifugio. Il canile sanitario è il primo approdo dei cani nei casi di lunga degenza, e qui vengono effettuate dal veterinario le visite mediche e attivate le procedure di identificazione tramite microchip. Se il cane viene identificato, viene riconsegnato alla famiglia, in caso contrario viene inserito nella parte rifugio.

Questa distinzione tra sanitario e rifugio non è obbligatoria nei canili privati, dove la procedura di separazione per i cani appena arrivati può anche non avvenire con queste modalità. Se però si intende partecipare al bando per attivare una convenzione con il Comune di riferimento, allora questa parte diventerà obbligatoria, essendo richiesta per legge ai canili pubblici o convenzionati.

Il rifugio, o canile, vive delle donazioni dei privati o dell'appalto degli enti pubblici. Un'aspetto che contribuisce a distinguerlo da altri tipi di strutture, come le pensioni per cani che invece sono attività commerciali a tutti gli effetti che non prevedono uno stallo finalizzato all'adozione.

Inoltre, alcune realtà, come ad esempio la Lombardia, distinguono ben 8 tipi di strutture adibite al ricovero di animali d’affezione: canile sanitario, rifugio, struttura zoofila, pensione, struttura amatoriale, struttura commerciale, asilo per cani. Ognuna di esse per essere aperta a norma di legge necessità di particolari autorizzazioni a seconda dell’uso specifico.

Altre realtà locali, come la Campania, non hanno operato a livello regionale una distinzione tra le varie strutture di accoglienza per animali, limitandosi a distinguere il canile comunale da quello privato o convenzionato.

Aprire un rifugio in Lombardia

Il Lombardia le modalità con cui aprire e gestire un rifugio sul territorio sono normate da due testi in particola: la legge regionale n. 33 del 2009 "Norme in materia di sanità pubblica veterinaria" e dal Regolamento "Tutela degli animali di affezione e prevenzione del randagismo".

Nel primo sono normate le diverse competenze dei servizi veterinari in materia di sanità pubblica veterinaria e sicurezza: dal controllo della filiera agroalimentare per gli animali da reddito alla pet therapy, passando ovviamente per il ruolo dell'amministrazione pubblico nel sistema canili locale.

Nello specifico, il testo rimette nelle mani dei Comuni le competenze rispetto alla predisposizione delle strutture di ricovero «destinate alla funzione di canile sanitario e di canile rifugio, acquisendone la disponibilità nelle forme ritenute più opportune», e stabilisce che le strutture destinate alla funzione di canile sanitario siano «messe a disposizione delle ATS competenti in comodato d'uso».

Ma è nel Regolamento regionale 13 aprile 2017 n. 2 che si fa esplicito riferimento ai rifugi, identificandoli come strutture «di cui uno o più comuni o comunità montane dispongono per il ricovero di: cani e gatti che hanno superato il periodo di controllo presso il ricovero sanitario; cani e gatti ceduti definitivamente dal proprietario, sequestrati dall’autorità giudiziaria o amministrativa, temporaneamente ospitati su disposizione del sindaco per assenza forzosa del proprietario o detentore oppure per l’osservazione volta all’accertamento delle condizioni fisiche; altri animali d’affezione catturati o raccolti, compatibilmente con la recettività e le caratteristiche della struttura,
quando non altrimenti conferiti, affidati o ceduti dal Comune ad altra struttura con caratteristiche idonee alla specie».

Ma in Lombardia sotto la voce rifugio qui affrontata va ricompresa anche struttura zoofila, in quanto definita come «struttura gestita, senza finalità di lucro, da enti, associazioni di volontariato o da privati e destinata al ricovero principalmente a scopo di adozione o di ricovero protetto temporaneo o in lungodegenza di cani, gatti ed altri animali d’affezione».

Che si tratti di un rifugio o di una struttura zoofile, la Regione Lombardia nei capitoli 14, 15 e 16 del Regolamento individua alcuni requisiti generali comuni per la costruzione e la gestione dei ricoveri per animali d’affezione. Il primo requisito è che nella costruzione, o restauro a norma, del fabbricato si tenga conto di diversi parametri:

a) le aree di stabulazione devono consentire agli animali di spostarsi e ripararsi liberamente e non devono avere spigoli taglienti o sporgenze tali da procurare lesioni;

b) i materiali utilizzati per le strutture, i recinti e le attrezzature devono essere innocui per gli animali, resistenti, facilmente lavabili e disinfettabili;

c) in caso di ricovero di specie diverse tra loro incompatibili, devono essere usati accorgimenti tali da impedire che gli animali possano vedersi, annusarsi o ascoltarsi reciprocamente;

d) la pavimentazione deve essere liscia, impermeabile, facilmente lavabile e disinfettabile, antiscivolo, adeguata per le specie e per l’età degli animali ricoverati e progettata in modo da evitare ristagni d’acqua e facilitare l’asportazione degli escrementi;

e) la superficie delle aree all’aperto deve essere drenante e facile da pulire;

f) eventuali canali o sistemi di scolo devono essere realizzati in modo da permettere un rapido e completo deflusso dei liquidi e impedire la fuga e la caduta accidentale degli animali, anche di taglia molto piccola, se necessario mediante adeguata copertura;

g) devono essere disponibili acqua e elettricità e deve essere garantito un idoneo sistema di smaltimento delle deiezioni, delle acque di lavaggio e dei rifiuti;

h) nei locali in cui la luce è insufficiente a soddisfare le esigenze comportamentali e fisiologiche degli animali, occorre un’adeguata illuminazione artificiale; in ogni caso l’illuminazione deve essere sufficiente per il governo e l’ispezione degli animali;

i) la circolazione dell’aria, la quantità di polvere, la temperatura, l’umidità relativa dell’aria e le concentrazioni di gas devono essere mantenute entro limiti non dannosi per gli animali;

j) il livello sonoro deve essere contenuto con ogni accorgimento possibile;

k) l’arricchimento ambientale deve essere realizzato predisponendo accorgimenti tali da consentire l’espressione del repertorio di comportamenti della specie.

Oltre alle norme pensate per tutelare il benessere e le esigenze etologiche dei cani, si aggiungono informazioni più specifiche sulla grandezza dei box e sul numero di cani che in relazione alle dimensioni possono contenere.

Aprire un rifugio in Campania

In Campania la legge di riferimento per un rifugio a norma è la 11 aprile 2019, n. 3 "Disposizioni volte a promuovere e a tutelare il rispetto ed il benessere degli animali d’affezione e a prevenire il randagismo". Qui si dà la definizione di canile come «struttura adibita al ricovero temporaneo di cani», senza operare ulteriori distinzioni di merito se non in relazione alla proprietà pubblica o privata.

Anche in questo caso la leggere regionale dispone che siano i Comuni a gestire i cani accalappiati sul loro territorio. La Regione riconosce se stessa come co-attore con l'obbligo di promuove la realizzazione di canili municipali
e la riqualificazione di quelli esistenti.

Tuttavia, anche in questo caso la Regione rimanda ai Comuni l'effettiva costruzione dei canili e il risanamento delle strutture già esistenti. Quando quando i sindaci non possono occuparsene, i canili municipali sono affidati in gestione mediante appalto, disciplinato dal principio dell’offerta economicamente più vantaggiosa. Nel caso il Comune possa occuparsi del canile, ma ne sia sprovvisto, entra in gioco il ruolo dei canili privati, i quali possono vedersi affidati il servizio in convenzione.

Le norme per i canili privati e quelli pubblici sono però le medesime, individuate dalla Regione sotto l'articolo 11 della legge regionale:

I canili municipali e privati sono realizzati e riqualificati, tenuto conto delle necessità fisiologiche ed etologiche degli animali e nel rispetto delle seguenti caratteristiche tecniche strutturali:

a) un ambulatorio autorizzato a norma di legge;

b) un locale destinato allo stivaggio e alla preparazione degli alimenti; spogliatoi, docce e servizi igienici per il personale addetto;

c) un reparto contumaciale isolato, distinto in due aree separate rispettivamente destinate alla quarantena dei cani in arrivo ed all'isolamento di quelli ammalati, garantendo aree riscaldate;

d) box adeguatamente attrezzati per la custodia dei cuccioli

La Campania disciplina anche sulle caratteristiche tecniche dei box, che devono prevedere necessariamente una zona coperta e una scoperta con un'area minima totale di:

1) due metri quadrati per cane di piccola taglia ossia cuccioli e cani di peso non superiore a 2 chilogrammi;

2) tre metri quadrati e mezzo per cane di taglia media, ossia cani di peso non superiore a 8 chilogrammi;

3) quattro metri quadrati e mezzo per cane di taglia grande, ossia cani di peso compreso tra 8 e 15 chilogrammi;

4) sei metri quadrati per cane di taglia gigante, ossia cani di peso superiore a 15 chilogrammi

Inoltre, devono essere presenti box, a garanzia della sicurezza degli altri cani e degli operatori, destinati esclusivamente ai cani mordaci o certificati come "aggressivi" dai medici veterinari dell'Asl.

Importante poi per la legge regionale campana che il canile abbia orari di accesso al pubblico interessato alle adozioni per sei giorni settimanali, cinque ore giornaliere, compresa un’apertura di almeno quattro ore di un giorno festivo o prefestivo. E, sempre allo scopo di incentivare le adozioni, che il canile si doti di un portale web contenente le informazioni relative agli animali ospitati presso le strutture, garantendo ai Comuni «l’accesso ventiquattro ore al giorno ai dati degli animali ospitati per proprio conto».

Quando questi requisiti di legge non vengono soddisfatti entrano in gioco le Asl che, in compagnia delle Forze dell'ordine, possono apporre i sigilli e sequestrare la struttura e i suoi ospiti animali.

Aprire un rifugio: i passi fondamentali da compiere

Aprire un rifugio in qualsiasi parte di Italia non è quindi una impresa semplice già a cominciare dal termine che, come visto, può variare a seconda delle singole Regioni. Per cominciare, prima ancora di trovare il terreno è bene quindi capire se nella zona in cui sorgerà il ricovero questo sarà considerato un canile privato, una struttura zoofila o altro ancora.

Il secondo passo, avendo ben chiara la destinazione urbanistica del tipo di struttura, è l'individuazione di un terreno a norma che permetta di realizzare tutte le opere richieste dalle amministrazioni: nazionali, regionali, comunali e stando attenti alle disposizioni sanitarie.

Giornalista per formazione e attivista per indole. Lavoro da sempre nella comunicazione digitale con incursioni nel mondo della carta stampata, dove mi sono occupata regolarmente di salute ambientale e innovazione. Leggo molto, possibilmente all’aria aperta, e appena posso mi cimento in percorsi di trekking nella natura. Nella filosofia di Kodami ho ritrovato i miei valori e un approccio consapevole ma agile ai problemi del mondo.
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