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10 Luglio 2023
12:04

Chi è il coccodrillo vivente più grande del mondo?

Cassius è stato prelevato dal suo habitat, il fiume Finniss in Australia, ed è stato trasferito nel parco zoologico Marineland Melanesia dove ormai da 30 anni trascorre la sua vita per essere mostrato ai viaggiatori che arrivano appositamente per conoscere il povero rettile costretto a comportarsi contro natura.

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Si chiama Cassius, è il coccodrillo marino (Crocodylus porosus) più grande del mondo e vive in uno zoo sulla Green Island in Australia dove è diventato purtroppo un’attrazione turistica. È stato prelevato dal suo habitat, il fiume Finniss dove era sovrano assoluto, e trasferito nel parco zoologico Marineland Melanesia dove ormai da 30 anni viene  mostrato e fotografato dai viaggiatori che arrivano appositamente per conoscere il povero rettile costretto a comportarsi contro natura.

Negli anni è cresciuto ancora e oggi misura 5.48 metri, pesa oltre 1 tonnellata e anche per questo rimane imbattuto nel Guinnes dei Primati dove è stato inserito nel 2011. Si pensa che abbia almeno 110 anni, ma poiché prima viveva in natura è solo una stima visto che il suo anno di nascita è sconosciuto. È soprannominato "dinosauro vivente" anche se non è un dinosauro, ma malgrado l’età è ancora molto attivo.

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Cassius è descritto da coloro che se ne occupano come un coccodrillo felice e in salute. Ma chi lo sa se è davvero così felice ad essere presentato davanti a un folto e rumoroso pubblico per esibirsi in spettacoli due o più volte al giorno. Non lo sappiamo, ovviamente, abbiamo però altre informazioni che ci possono aiutare a capirlo: la prima, per esempio, è che gli animali esotici hanno bisogni complessi e richiedono ampi territori per soddisfare le loro esigenze naturali.

La seconda, che la gran parte di quelli costretti a vivere in cattività soffre a causa delle limitazioni imposte dall'ambiente in cui sono costretti a vivere percepito come una prigionia a causa dell’accesso a spazi limitati rispetto al loro habitat naturali, della limitata stimolazione mentale e fisica, della mancanza di opportunità per fare esercizio, esplorazioni e interazioni sociali e dell’addestramento forzato per farli diventare clown per le attività di intrattenimento.

Tutte queste condizioni anomale provocano grande stress e frustrazione e spesso possono indurre gli animali a sviluppare comportamenti ripetitivi e stereotipati, chiari segnali di malessere. Insomma, anche se molte persone continuano a ritenere questi animali un mezzo per divertirsi per far divertire i propri figli, tutte queste privazioni non sono affatto apprezzate dagli individui in questione visto che rappresentano forme di vero e proprio sfruttamento e maltrattamento che, al contrario, bisognerebbe vietare per sempre.

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Simona Sirianni
Giornalista
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