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21 Novembre 2022
15:06

Cani in ufficio: anche in Svizzera aumentano le richieste dei dipendenti

Il 65% degli intervistati nel corso di un sondaggio dedicato ha dichiarato che vorrebbe poter portare il proprio pet al lavoro, e che lo farebbe se l'azienda lo consentisse.

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cani ufficio
Credit Pixabay

Come Kodami ha già più volte sottolineato, la pandemia di Covid-19 ha cambiato radicalmente le abitudini quotidiane e lavorative di moltissime persone. In tanti attraverso lo smart working hanno potuto trascorrere molto più tempo a casa, non soltanto con compagni e figli, ma anche con gli animali domestici. Proprio negli anni della pandemia sono aumentati nelle case degli italiani cani e gatti e sono sempre di più le realtà lavorative che hanno deciso di andare incontro alle esigenze dei pet mate anche con il ritorno in ufficio, consentendo di portare il cane (il gatto, come abbiamo già volte spiegato, non ama essere spostato dal proprio ambiente) con sé.

In Italia ci sono diversi esempi virtuosi: dall’ottobre del 2021 i dipendenti del Comune di Crema possono arrivare al lavoro con il loro compagni animali, e il Comune di Milano aveva approvato un regolamento simile già nel 2020, così come il Comune di Genova e quello di Rozzano, che da tempo ormai ha “adottato” i due gatti Cris e Major e tutti se ne prendono cura quotidianamente. Anche le amministrazioni pubbliche insomma si adeguano ai bisogni e alle necessità espressi da dipendenti per tenere vicini i propri compagni di vita, proprio come già accaduto in diverse realtà private, soprattutto multinazionali  americane e relative filiali italiane: Purina, Amazon, Google e Mars, tanto per citarne alcune, ma anche Unicredit e Nintendo.

Anche la vicina Svizzera sembra rispecchiare la stessa tendenza. Negli ultimi due anni il numero di animali domestici nelle case dei cittadini svizzeri è aumentato dell’8%, passando dai 511.000 del 2019 ai 554.000 del 2022. Come riporta anche Blick, un sondaggio realizzato nel maggio del 2021 dalla filiale elvetica di Mars ha evidenziato come nove svizzeri su dieci siano profondamente legati agli animali domestici e che il 65% vorrebbe portarli in ufficio. Solo tre intervistati su dieci, però, hanno confermato che il datore di lavoro lo consente, e nella maggioranza dei casi si tratta delle sedi locali di grandi multinazionali, proprio come accade in Italia (la stessa Mars, Google, Nestlé, Purina).

Luci e ombre degli animali in ufficio: «Bisogna ripensare i luoghi lavorativi»

I benefici del poter portare con sé il cane sul luogo di lavoro sono ormai stati certificati da diversi studi, ma resta il problema principale ovvero l’assenza di un inquadramento generale che regolarizzi la presenza degli animali sui luoghi di lavoro.

In Italia l’unica norma che regolamenta l’accesso dei cani nei luoghi pubblici o aperti al pubblico è il regolamento di polizia veterinaria DPR n. 320 dell’8 febbraio del 1954 che impone «l'obbligo di idonea museruola per i cani non condotti al guinzaglio quando si trovano nelle vie o in altro luogo aperto al pubblico» e «l'obbligo della museruola e del guinzaglio per i cani condotti nei locali pubblici e nei pubblici mezzi di trasporto». Non è però esplicitato il comportamento che un datore di lavoro deve avere nei confronti di chi avanza la richiesta di poter portare il cane in ufficio: vi è una tendenziale libertà di accesso dei cani negli uffici e, in generale, nei diversi luoghi di lavoro e la scelta spetta alle amministrazioni, alle organizzazioni aziendali e ai singoli datori di lavoro.

I nodi da sciogliere però sono diversi, come ha spiegato anche Luca Spennacchio, istruttore cinofilo e membro del comitato scientifico di Kodami: «Pensiamo a un ufficio in cui tutti i dipendenti convivono con un cane e tutti decidono di portarlo al lavoro. È difficile che tutti convivano in modo sereno e la permanenza nelle stesse mura e spesso nella stessa stanza scorra senza intoppi. Ci sono cani poco socievoli con altri cani o con le persone che non conoscono, cani territoriali, cani che si spaventano facilmente e cani che hanno bisogno di sfogare la loro energia e non si limiterebbero a stare seduti di fianco all’umano per ore. Con la conseguenza che potrebbero finire per restare al guinzaglio, assicurati alla gamba della scrivania, per tutta la giornata. Gli spazi quindi devono essere adeguati e tagliati su misura».

Ovviamente c’è poi l’aspetto umano da considerare, e cioè quello che riguarda i colleghi: non tutti sono a loro agio con i cani, alcuni potrebbero averne paura o essere disturbati o deconcentrati dai loro naturali movimenti e spostamenti, che dovrebbero quindi essere limitati. Allo stesso modo va tenuto conto della eventuale presenza di pubblico che accede agli uffici: portare il cane in un ambiente in cui le persone si avvicendano, le porte sono costantemente aperte e chiuse e ci sono rumori, odori e volti sconosciuti potrebbe agitarli o destabilizzarli e fare lo stesso con le persone.

La soluzione dunque è sicuramente ripensare il luogo di lavoro in base alle esigenze di tutti e nel rispetto di umani e cani, così come avviene in molte aziende per andare incontro ai genitori: «Potremmo pensare a realtà lavorative in cui, proprio come accade per i bambini, ci siano “asili” interni in cui i cani possono essere lasciati alle cure di educatori e dog sitter che si occupano di loro durante il giorno – sottolinea Spennacchio – Allo stesso modo anche la figura del dog sitter in ambito lavorativo sarebbe utilissima: si creerebbero nuove figure nel mondo del lavoro e si faciliterebbe la vita di tutti, del lavoratore, del dog sitter che non ha più la responsabilità e l’incombenza di avere le chiavi di casa e del cane».

 

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Andrea Barsanti
Giornalista
Sono nata in Liguria nel 1984, da qualche anno vivo a Roma. Giornalista dal 2012, grazie a Kodami l'amore per gli animali è diventato un lavoro attraverso cui provo a fare la differenza. A ricordarmelo anche Supplì, il gatto con cui condivido la vita. Nel tempo libero tanti libri, qualche viaggio e una continua scoperta di ciò che mi circonda.
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