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17 Agosto 2022
12:54

Vaiolo delle scimmie, primo caso di trasmissione da uomo a cane a Parigi ma non c’è rischio secondo l’esperto

Il primo caso di trasmissione del vaiolo delle scimmie tra uomo e cane è stato registrato in Francia. Si riaccende un'allerta che spesso appare poco aderente con la realtà epidemiologica.

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È stato segnalato a Parigi il primo caso sospetto di trasmissione da uomo a cane del vaiolo delle scimmie. Questo primo sospetto caso di trasmissione è stato scoperto in un Levriero di 4 anni che vive con una coppia composta da un 44enne e un 27enne.

Il contagio del Levriero si è verificato circa 12 giorni dopo l'insorgenza dei sintomi del vaiolo delle scimmie da parte di uno dei suoi familiari, come emerge dal report pubblicato da Lancet: «Il virus che ha infettato il paziente 1 e il virus che ha infettato il cane hanno mostrato un'omologia di sequenza».

Il vaiolo delle scimmie, o monkeypox, è una zoonosi presente nei paesi tropicali dell'Africa centrale e occidentale, e che da aprile 2022 si sta diffondendo anche in paesi non endemici. Nei Paesi endemici, solo gli animali selvatici come roditori e primati sono portatori del virus del vaiolo delle scimmie e non era mai stata segnalata un'infezione tra gli animali domestici, come cani e gatti.

Oggi in Francia il virus ha infettato più di 1.700, concentrate soprattutto a Parigi. In Italia il vaiolo delle scimmie è arrivato a maggio, dove ha colpito 662 persone.

Nonostante per il Centro europeo per il controllo delle malattie la probabilità di diffusione sia molto bassa, l'allarme resta alto e già si accosta il vaiolo delle scimmie alla Covid. Ma è davvero così? Lo abbiamo chiesto al professore ordinario di malattie infettive dell'Università Federico II di Napoli, Ivan Gentile.

«Non serve fare allarmismi inutili. Paragonare Covid e vaiolo delle scimmie è assolutamente sbagliato – dichiara Gentile – A cominciare dal tasso di mortalità del vaiolo delle scimmie infinitamente più basso rispetto alla malattia da Covid, ad essere diverse sono anche le modalità di trasmissione».

Dopo la scoperta della trasmissione del virus tra uomo e cane il Centro statunitense per il controllo delle malattie ha aggiunto l'animale tra le specie che possono essere infettate dal vaiolo delle scimmie, e sono in molti oggi che dopo la diffusione di questa notizia potrebbero guardare con sospetto il proprio compagno animale.

«Sapevamo già che i mammiferi domestici sono suscettibili al vaiolo delle scimmie – commenta Gentile – al momento però non c'è un rischio per noi provocato dai nostri animali domestici. Anche nel caso del Sars-Cov-2 si registrò la trasmissione tra un gatto e un uomo, ma ciò non ha influito sulla diffusione della malattia. Si tratta di un dato non essenziale nella epidemiologia dell'infezione». Cosa significa questo in termini pratici? «Che non bisogna avere paura dei propri animali – risponde Gentile – Per tutelare loro e se stessi e basta seguire alcune basilari regole di comportamento: se si hanno lesioni sulla pelle non bisogna toccare i parenti né gli animali domestici, e si devono evitare i contatti prolungati. Sono norme generali valide per tutte le zoonosi che scongiurano i rischi».

Secondo quanto riferito da Lancet, la coppia di Parigi dormiva insieme al cane. «Una pratica rischiosa poiché nella maggior parte dei casi il contagio si verifica attraverso il contatto stretto e prolungato con la pelle di una persona infetta», sottolinea Gentile.

Intanto gli osservatori sanitari di tutto il mondo si sono mobilitati, compresa la Commissione europea. La commissaria Stella Kyriakides ha fatto sapere che l'Autorità europea per la preparazione e la risposta alle emergenze sanitarie (HERA) si è già attivata e che sono state consegnate circa 25.000 dosi di vaccino contro il vaiolo delle scimmie.

«Non dobbiamo allarmarci davanti alle azioni degli attori internazionali – commenta Gentile – le istituzioni stanno vigilando come sempre si fa in presenza di malattie infettive che tipicamente hanno fasi di ri-accensione e anche fasi epidemiche».

Non solo vaiolo delle scimmie: le altre zoonosi

Covid, vaiolo delle scimmie, brucellosi, ebola. Le cronache negli ultimi hanno stanno portando alla luce sempre più casi di zoonosi, alcune delle quali sconosciute. Gentile segnala che in parte si tratta di una eredità della pandemia: «Le notiamo di più perché dopo la Covid siamo più attenti, abbiamo sistemi di sorveglianza molto sviluppati. In Italia il ruolo di sentinelle è svolto dagli Istituti zooprofilattici, strutture d'avanguardia che vigilano sulle antropozoonosi».

Tuttavia la maggiore attenzione non è l'unica ragione, per il docente federiciano circolano davvero un numero maggiore di zoonosi rispetto al passato: «Questo si determina perché sul Pianeta non ci sono mai stati tanti esseri umani, ciò significa che sfruttiamo molti più animali negli allevamenti intensivi. Si tratta di luoghi che danno molte occasioni ai patogeni per proliferare. Gli allevamenti intensivi sono presenti in tutto il mondo, specialmente nel sud est asiatico che è la culla di molte zoonosi».

A riprova di queste interpretazioni c'è il caso dei visoni d'allevamento, abbattuti a milioni in tutto il mondo perché serbatoio di sempre nuove varianti di Covid. «Si tratta di luoghi in cui gli animali sono stipati tra loro a volte in condizioni igieniche non ottimali, ciò favorisce la nascita di nuove infezioni. Più un virus si ricombina, passando da un individuo all'altro, più crea chimere. Ciò significa che nei prossimi decenni assisteremo alla nascita di altre zoonosi».

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Un concetto descritto molto bene a Kodami dallo scrittore e giornalista David Quammen.

Il fenomeno del salto di specie non riguarda però l'attuale diffusione del vaiolo delle scimmie, che il suo spillover lo ha compiuto molto tempo fa, riguarda invece la presa di coscienza rispetto alla salute globale, e alla consapevolezza che la nostra salute non dipende solo da come curiamo noi stessi ma dal rapporto che instauriamo con gli altri abitanti che popolano il Pianeta.

Giornalista per formazione e attivista per indole. Lavoro da sempre nella comunicazione digitale con incursioni nel mondo della carta stampata, dove mi sono occupata regolarmente di salute ambientale e innovazione. Leggo molto, possibilmente all’aria aperta, e appena posso mi cimento in percorsi di trekking nella natura. Nella filosofia di Kodami ho ritrovato i miei valori e un approccio consapevole ma agile ai problemi del mondo.
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