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15 Agosto 2022
9:45

Uccisa Freya, la femmina di tricheco star del porto di Oslo: «Minaccia alla pubblica sicurezza»

Le autorità norvegesi hanno deciso di abbattere il tricheco che da settimane si aggirava nel fiordo di Oslo salendo sulle navi. Purtroppo le persone non hanno accolto l'appello a tenersi a distanza, decretandone la condanna a morte.

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Abbattuta tramite eutanasia perché considerata “troppo pericolosa”: Freya, tricheco di 5 anni e 700 kg diventata una star dopo avere scelto di insediarsi nel porto di Oslo, è morta, uccisa dalle autorità di quella città che l’aveva trasformata in una sorta di fenomeno da baraccone.

Freya, così ribattezzata in onore della dea norrena dell'amore e della bellezza, è stata uccisa domenica mattina presto dagli uomini della direzione norvegese della pesca: «La decisione di sottoporla a eutanasia è stata presa sulla base di una serie di valutazioni riguardanti la continua minaccia alla pubblica sicurezza», ha detto il direttore generale del dipartimento pesca, Frank Bakke-Jensen.

Il tricheco negli ultimi tempi aveva preso l’abitudine di salire su barche e gommoni per prendere il sole, in alcuni casi facendoli affondare visto il peso, e sembrava manifestare segnali di stress verso le centinaia di persone che ogni giorno arrivavano al porto di Oslo per vederlo, possibilmente da vicino.

Mai, però, aveva dato segno di comportamenti aggressivi o di intenti predatori verso l’essere umano: «Attraverso le osservazioni in loco della scorsa settimana è stato chiarito che il pubblico ha ignorato la raccomandazione di mantenere un’ampia distanza dal tricheco – ha detto però la direzione della Pesca – Pertanto, la possibilità di potenziali danni alle persone era elevata e il benessere dell’animale non veniva garantito».

Bakke-Jensen ha spiegato che sono state prese in considerazione diverse soluzioni per allontanare Freya dal porto di Oslo, ma che nessuna era fattibile: «Il suo trasferimento in mare aperto è stato valutato a fondo con l'Istituto norvegese di ricerca marina, ma l’enorme complessità di questa operazione ci ha fatto concludere che non era un'opzione praticabile. C'erano diverse preoccupazioni per il benessere dell’animale associato a un possibile trasferimento».

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«Comprendiamo  il fatto che la decisione possa suscitare reazioni nel pubblico – ha concluso Bakke-Jensen – ma sono fermamente convinto che questa sia stata la scelta giusta. Teniamo in grande considerazione il benessere degli animali, ma la vita e la sicurezza umana devono avere la precedenza». Spostare Freya, insomma, non era una soluzione praticabile, e lasciarla aggirarsi per il porto di Oslo avrebbe potuto per le autorità mettere a rischio le persone. Che non hanno comunque rispettato gli appelli a mantenersi a distanza dal tricheco per evitare di infastidirlo: il timore era che Freya, incalzata dalla presenza degli esseri umani, dai rumori e dallo stress, potesse reagire in modo violento.

Avvistata nei mesi scorsi in Regno Unito, nei Paesi Bassi, in Danimarca e in Svezia, dopo molto girovagare a fine luglio aveva deciso di stabilirsi nella baia di Frognerkilen, nel fiordo di Oslo. E secondo gli esperti proprio la presenza di barche e kayak – oltre che delle centinaia di curiosi – l'avrebbe intrappolata nel fiordo, visto che solitamente i trichechi frequentano soprattutto i freddi mari del Nord, tra Russia, Norvegia settentrionale, Groenlandia e Canada. I cambiamenti climatici stanno però alzando la temperature delle acque e facendo sciogliere i ghiacci, aumentando le probabilità di scontro con le navi e mettendo a serio rischio la sopravvivenza dei trichechi.

Freya, insomma, è morta esclusivamente a causa dell'uomo, non solo quello che ha preso la decisione di abbatterla e di premere il grilletto, ma anche quelli che con la loro presenza hanno invaso il suo habitat, l'hanno portata a spostarsi e poi non hanno rispettato la richiesta di tenersi a distanza di sicurezza per lasciarle modo di riprendere il mare aperto.

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Andrea Barsanti
Giornalista
Sono nata in Liguria nel 1984, da qualche anno vivo a Roma. Giornalista dal 2012, grazie a Kodami l'amore per gli animali è diventato un lavoro attraverso cui provo a fare la differenza. A ricordarmelo anche Supplì, il gatto con cui condivido la vita. Nel tempo libero tanti libri, qualche viaggio e una continua scoperta di ciò che mi circonda.
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