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2 Novembre 2022
12:13

La strage silenziosa dei cani randagi in Tunisia in vista del Summit della Francofonia

In occasione del 18° Vertice dei Capi di Stato e di governo della Francofonia si spara agli animali liberi, compresi quelli già sterilizzati dalle associazioni e muniti di un orecchino perché possano essere riconosciuti.

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Le stragi di animali randagi condotte in nome del turismo o dei grandi eventi internazionali non sono certo accadimenti sconosciuti: catture indiscriminate, veleno o fucilate sono i metodi più comuni utilizzati per aumentare il decoro delle città, sbarazzandosi di quelle popolazioni di randagi che sono così diffuse nei paesi in via di sviluppo e non soltanto. Il contrasto al randagismo è un problema comune all’intero pianeta, declinato in diversi modi e contrastato con differenti metodi, più o meno civili, a seconda del livello di attenzione che l’opinione pubblica dimostra nei confronti degli animali. Maggiore è la sensibilità collettiva verso i randagi e più attenta sarà la politica, almeno nelle democrazie compiute, a mettere in atto sistemi di contenimento dei randagi meno cruenti, anche solo apparentemente.

In Tunisia dove certo la sensibilità ai diritti, sia umani che degli animali, è a un livello decisamente basso, non vanno troppo per il sottile. Polizia e cacciatori si alleano per "aumentare il decoro delle città", sparando direttamente nelle vie agli animali liberi, compresi quelli già sterilizzati dalle associazioni e muniti di un orecchino perché possano essere riconosciuti.

L’essere stati sterilizzati nulla toglie al fatto che i cani rappresentino una presenza sgradita e così, in vista del summit che si terrà a Djerba il 19 e 20 novembre 2022, in occasione del 18° Vertice dei Capi di Stato e di governo della Francofonia, che avrà per tema "Connettività nella diversità: il vettore digitale dello sviluppo e della solidarietà nella comunità francofona", tutti i randagi devono essere fatti sparire. Come? Braccati e uccisi nelle strade perché in Tunisia non esistono ancora rifugi pubblici e la gestione del randagismo non si fa informando e prevenendo ma si utilizzano soltanto i metodi cruenti, gli stessi, si badi bene, che seppur con sistemi meno da Far West sono ancora messi in atto in diversi paesi europei, come la Romania solo per citarne uno dei più famosi per queste mattanze.

L’evento di Djerba è un incontro biennale molto importante, che vede coinvolti i governanti di tutti i paesi che hanno come lingua il francese o si riconoscono nella cultura francofona. Sono ben 54 gli Stati che parteciperanno al vertice a cominciare da Francia e Canada, per finire con paesi sparsi in tutti i continenti, in particolare in Africa e con una presenza europea importante con paesi come Belgio, Lussemburgo, Principato di Monaco, Svizzera, tutti molto sensibili ai diritti degli animali. Ma non a sufficienza per far prevalere l’etica sulla ragion di stato e sugli interessi economici che si possono concretizzare in queste occasioni.

Sarà per questo che cercando qualche notizia sulla strage di randagi, attuata in queste ore in Tunisia, si trova davvero molto poco sui media. Qualche notizia su giornali francofoni, che danno atto delle proteste e della barbarie dei metodi usati e del lavoro di una piccola associazione locale che, sfidando il regime, ha promosso una petizione per protestare contro l’ennesimo massacro. La raccolta online, fino a questo momento, ha superato le 40.000 adesioni in tutto il mondo e l’associazione Association Animale Un Toit pour Toi spera in questo modo di attirare l’attenzione su quanto sta accadendo, molto sottotraccia, in Tunisia, cercando almeno di far conoscere le brutalità verso i cani randagi che sono in corso a Djerba.

Considerando l’imminenza del summit sarà quasi certamente impossibile che questa petizione sul web riesca a fermare le uccisioni, ma comunque è utile parlarne, per contrastare questa cultura dello scarto, dove qualsiasi presenza che ricordi degrado e povertà va fatta sparire. Ma la questione del randagismo, come quella delle persone emarginate e disperate che dormono in strada, non può essere scopata, come se fosse polvere, sotto il tappeto del decoro in nome dell’apparenza. I problemi andrebbero affrontati e risolti, promuovendo cambiamenti culturali che non nascondano le realtà scomode, ma cerchino di risolverle, prevenendo le cause.

Quello che sta succedendo in queste ore in Tunisia è la replica di quanto accade in preparazione dei grandi eventi mondiali, a cominciare dai mondiali di calcio in Quatar. «Ventinove cani uccisi in Qatar mentre il Paese si prepara per i Mondiali», titola il Guardian in un articolo del 21 luglio di quest’anno.  Per evitare queste brutalità i paesi più avanzati nella tutela degli animali dovrebbero avanzare richieste precise, pretendendo che a causa dei grandi eventi a cui partecipano e che, molto spesso finanziano, non siano commesse azioni violente nei confronti di persone e animali. Anche quando queste uccisioni non sono strettamente correlate all'evento, ma siano attività collaterali.

La pace nasce dal rispetto e non ci sarà mai pace se questa cultura, fatta di etica e empatia verso gli esseri viventi, non prevarrà sugli interessi dell’economia.

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Ermanno Giudici
Esperto in diritti degli animali
Mi occupo di animali da sempre, ricoprendo per oltre trent’anni diversi ruoli direttivi in ENPA a livello locale e nazionale, conducendo e collaborando a importanti indagini. Autore, formatore per le Forze di Polizia sui temi dei diritti degli animali e sulla normativa che li tutela, collaboro con giornali, televisioni e organizzazioni anche internazionali.
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