22 Febbraio 2021
13:25

Stray, il 5 marzo online il film sui cani randagi di Istanbul. La regista: «Zeytin e gli altri ci mostrano la vita senza pregiudizi»

Kodami ha intervistato Elizabeth Lo, la regista del film "Stray", che racconta la vita quotidiana di tre cani randagi di Istanbul e delle persone con cui decidono di avere un rapporto. Il film sarà visibile dal 5 marzo, su diverse piattaforme online, tra cui Apple iTunes, Amazon Video, Google Play e YouTube in Italia.

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Intervista a Elizabeth Lo
Regista di "Stray". I sui lavori sono stati premiati e presentati a livello internazionale, tra cui Sundance, Museum of Modern Art, Tribeca, Time Magazine e diversi altri. Il suo primo documentario, Stray, è stato nominato per l'Independent Spirit Award nel 2021 e ha vinto il Top Jury Prize all'Hot Docs International Film Festival nel 2020
Stray, randagi

Un cane si stende a riposare in mezzo a un nodo stradale affollato di macchine e mezzi pesanti che gli sfrecciano intorno. Non è una scena da brividi, anzi: la sua tranquillità è la fotografia di come abbia tutto sotto controllo e quanto l'ambiente esterno sia un luogo che conosce benissimo e in cui vive la sua libertà. Poi si alza e prosegue la sua giornata, andando alla ricerca dei suoi amici umani con cui condivide un destino che per lui sembra indifferente alla povertà che li circonda, mentre emerge agli occhi di chi guarda la difficoltà degli esseri umani ad avere lo stesso approccio dei cani nell'aprirsi alle relazioni indipendentemente dallo "stato sociale" di chi hanno di fronte.

Il 5 marzo, su diverse piattaforme online (Apple iTunes, Amazon Video, Google Play e YouTube in Italia) sarà possibile vedere il film "Stray", di Elizabeth Lo che racconta la vita quotidiana a Istanbul di tre cani randagi e delle persone con cui decidono, appunto, di avere un rapporto. Sullo sfondo una città unica al mondo proprio per come vengono trattati e tutelati i "cani senza padroni": in Turchia infatti non solo è illegale l'eutanasia dei randagi ma anche e soprattutto non è consentito prelevarli dal territorio e tenerli in cattività.

La regista, nata a Hong Kong ma cresciuta negli Stati Uniti dove ha studiato alla "New York University's film school", ha girato per sei mesi nelle strade di Istanbul, dal centro alla periferia, seguendo Zeytin, Nazar e Kartal e riuscendo ad entrare delicatamente anche nel rapporto che si è instaurato tra i cani e un gruppo di giovanissimi rifugiati siriani costretti a vivere ai margini della società. Elizabeth Lo racconta a Kodami la sua esperienza e la genesi del film nell'intervista a seguire.

Partiamo dall'inizio: il tuo rapporto in generale con i cani. Come è?

Ricordo che da bambina ho implorato mia madre per vivere con un cane. Ci sono voluti anni prima che finalmente mi permettessero di prendere Mikey, il cane che ha ispirato il mio viaggio per realizzare "Stray". Ho sempre amato i cani e ora, avendo passato così tanto tempo con i randagi che sono così intelligenti, giocherelloni, sensibili e intuitivi, ho ancora più rispetto per questa specie straordinaria con cui ci siamo evoluti.

Così da Mikey, cane di famiglia, hai poi concentrato la tua attenzione sui randagi. Perché?

Ero interessata a fare un confronto globale su come vengono trattati i randagi in tutto il mondo, per vedere le differenze e le somiglianze di come la stessa specie può essere valutata o meno in base a come una cultura considera degli esseri viventi che immaginavo come ta i più diseredati nell'ecosistema di una società urbana.

Qual è stato il momento in cui hai deciso di fare un film sui randagi di Istanbul?

Stray, Elizabeth Lo sul set

Durante la mia ricerca ho appreso della storia quasi spirituale dei cani randagi a Istanbul, come furono esiliati su un'isola nel 1910 e come i residenti vedevano l'allontanamento dei cani come una maledizione per la città. I cani sono stati perseguitati per oltre cento anni e le persone hanno protestato contro le uccisioni di massa dei randagi. Così, nel 2004, sono state messe in atto leggi che proteggono i cani di strada dall'essere uccisi o tenuti in cattività. Ho trovato straordinario che la protezione degli animali vaganti a Istanbul sia diventata una questione bipartisan anche tra i politici di partiti opposti. Ero anche consapevole di tutte le turbolenze, sociali e politiche che la Turchia stava attraversando in quel momento ed ero interessata a vedere se i randagi delle periferie potessero essere rappresentativi per sentire il polso della situazione. Dopo il mio arrivo, mi sono innamorata della città e di come i cani girano in libertà e così ho deciso di ambientare il film lì.

Come hai scelto i cani da seguire?

Zeytin è subito apparsa come il fulcro della nostra produzione perché era uno dei pochi cani che abbiamo seguito noi e non viceversa. Tanti infatti si aggregano alle persone ma lei, fino all'ultimo giorno di riprese, è rimasta radicalmente indipendente. In Zeytin ho visto un personaggio che poteva avvolgerci completamente nella sua volontà non umana: la sua forza vitale era perfetta per una storia sui randagi che, a differenza degli animali domestici, non sono definiti solo dal loro rapporto con gli umani. La sua amicizia con Nazar e il loro casuale incontro con  Kartal hanno fatto diventare questi tre cani le star del film.

Quanto è stato difficile girare dal loro punto di vista?

Mi sono affidata a Zeytin, è stata la mia guida per la città. Lei è cresciuta lì e sa benissimo come muoversi per le sue strade, i suoi semafori, le sue auto e le sue persone. Mi sono fidata pienamente di lei, con misurata cautela ovviamente. Se avessi sentito che avremmo potuto essere veramente in pericolo sarei intervenuta ma con Zeytin non ho mai percepito alcun rischio. Era fisicamente impegnativo essere accucciati tutto il tempo per catturare il mondo dal loro punto di vista, ma è stata una gioia passare ore e giorni con i randagi, condividendo i loro programmi tortuosi per noi umani e incontrare così tante conversazioni e universi inaspettati intorno a loro.

Andando ancora più in profondità, i rapporti tra Zeytin in particolare, Kartal poi, e i ragazzi siriani ovviamente sono il fulcro del progetto. Quanto è stato difficile per te, da un punto di vista umano in questo caso, girare il video?

Stray, immagini di scena

Ho seguito Zeytin, Nazar e Kartal e i giovani siriani per mesi, mentre trovavano rifugio nei cantieri e sui marciapiedi cercando tranquillità per quanto possibile. Nonostante la durezza delle circostanze, i cani e i ragazzi avevano formato un'unità familiare improvvisata e intensa. Il calore e l'amore che emanavano dal loro legame interdipendente mi commuovevano profondamente. Senza la compagnia dei cani, i ragazzi siriani si sarebbero sentiti alla deriva in una città non loro e forse è stato lo stesso per Zeytin e Nazar. Zeytin, una cagna poco appariscente, mi ha condotto nelle crepe della società umana, dove la comunità si forma nei crogioli della guerra e dell'abbandono e dove gli esseri persistono e sopravvivono anche quando sono relegati alle periferie della società. È stato un privilegio poter entrare nella vita di Zeytin e attraverso di lei incontrare molte persone ed esseri che sopravvivono ai margini.

I cani non si preoccupano delle condizioni umane e la relazione con i ragazzi siriani è molto rappresentativa di una coevoluzione tra specie che non si interessano del giudizio sociale, culturale o di altro tipo. Era questa una delle tue intenzioni?

Sì. I cani randagi, che fanno parte della società umana ma che sono anche al di fuori di essa non si aggrappano agli stessi pregiudizi che le persone possono avere sulle classi create dagli uomini, chiaramente per loro non conta nulla se sei una persona "integrata", un senzatetto e figuriamoci se si interessano a quale sia la nazionalità.

Sei ancora in contatto con i ragazzi siriani? Hai notizie sui cani?

Non riesco a entrare in contatto con i ragazzi perché non hanno i telefoni. Zeynep Koprulu, il co-produttore di "Stray" che vive a Istanbul, mi invia regolarmente aggiornamenti e foto ogni volta che incontra Zeytin che credo sia al sicuro e sopravvive durante la pandemia poiché la città e il governo continuano a impegnarsi per nutrire gli animali randagi durante i blocchi.

Che rapporto avevate tu e la squadra sia con i ragazzi che con i cani?

Eravamo tutti vincolati dal nostro amore e rispetto proprio per i cani.

Su cosa vorresti che le persone riflettessero dopo aver guardato "Stray"?

Il mio viaggio in Turchia è avvenuto anche in un momento socio-culturale in cui per un momento una nazione è diventata rifugio per molte altre. La xenofobia, la distruzione delle specie e l'estremizzazione di sentimenti nazionalisti stanno crescendo in tutto il mondo. "Stray" nasce all'interno di queste crepe della nostra modernità antropocentrica. Ci chiede di rivalutare cosa significa che le nostre strade vengono continuamente svuotate da tutti coloro che non abbiamo ritenuto essere  "legittimi cittadini". Attraverso il film spero di spingere continuamente i confini del cinema, concepito come mezzo di espressione, al fine di esplorare e sfidare le diseguaglianze evidenti che ci sono al mondo e per aumentare lo scambio su riflessioni di ordine morale da parte degli spettatori. Mi auguro che riflettano andando oltre la propria classe sociale, la propria cultura e l'appartenenza alla specie.

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Diana Letizia
Direttrice editoriale
Giornalista professionista e scrittrice. Laureata in Giurisprudenza, specializzata in Etologia canina al dipartimento di Biologia dell’Università Federico II di Napoli e riabilitatrice e istruttrice cinofila con approccio Cognitivo-Zooantropologico (master conseguito al dipartimento di Medicina Veterinaria dell’Università di Parma). Sono nata a Napoli nel 1974 e ho incontrato Frisk nel 2015. Grazie a lui, un meticcio siciliano, cresciuto a Genova e napoletano d’adozione ho iniziato a guardare il mondo anche attraverso l’osservazione delle altre specie. Kodami è il luogo in cui ho trovato il mio ecosistema: giornalismo e etologia nel segno di un’informazione ad alta qualità di contenuti.
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