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9 Luglio 2023
15:57

Stop ai cani legati alla catena: il Trentino segue le poche Regioni che vietano la brutale pratica

Al momento solo in Campania, Umbria, Marche, Emilia Romagna, Abruzzo, Puglia, Lombardia e Veneto e Lazio la pratica è vietata. Ora si aggiunge anche la provincia autonoma di Trento, permettendo però delle deroghe in casi speciali.

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In Italia, purtroppo, non esiste una legge nazionale che vieti di tenere legati i cani a catena, una pratica crudele e che ormai dovrebbe appartenere al passato, ma che invece è ancora ingiustamente utilizzata in diverse Regioni. Alcune di queste, però, per impedirlo hanno redatto provvedimenti vari, compresi quelli di tipo sanzionatorio, validi solo a livello locale, affinché venga cancellato tale brutale maltrattamento di animali, visto che di questo si tratta.

E se al momento solo in Campania, Umbria, Marche, Emilia Romagna, Abruzzo, Puglia, Lombardia, Veneto e Lazio la pratica è vietata, adesso si aggiunge anche la provincia autonoma di Trento che ha modificato la Legge provinciale del 28 marzo 2012 n° 4 in materia di "Protezione degli ANIMALI d'affezione e prevenzione del randagismo”, introducendo il divieto di detenere cani alla catena e il pagamento di una multa dai 400 agli 800 euro per chi non si atterrà alla norma.

Non incorrerà nelle sanzioni, invece, chi legherà a catena un cane solo ed esclusivamente per motivazioni ben precise espresse nel testo della legge. La Giunta provinciale, infatti, ha individuato i criteri per le deroghe permesse alla custodia alla catena, o altro strumento di contenzione simile degli animali d’affezione, condividendoli con la Federazione provinciale allevatori e la Commissione provinciale per la protezione degli animali d’affezione nella quale è rappresentata anche la componente delle associazioni che operano a tutela degli animali sul territorio provinciale.

Le regole individuate, così, specificano che l'utilizzo della catena, in base alla legge 4/2012, sarà permessa «per ragioni sanitarie, documentabili e certificate dal veterinario curante, o per ragioni urgenti e temporanee di sicurezza».  Tra le situazioni in cui gli strumenti di contenzione saranno autorizzati c’è, per esempio, quella dei cani da guardiania nei momenti in cui non svolgono l’attività di sorveglianza e in tutti i casi in cui sia necessario per assicurare l’incolumità di terzi, i cani da soccorso e in dotazione alle Forze dell’ordine in tutti i casi ritenuti necessari dal proprio conduttore e gli animali d’affezione in situazioni contingibili e urgenti per assicurare l’incolumità di terzi.

Ma non è finita, perché la catena o altro strumento di contenzione deve assicurare agli animali un adeguato accesso all’acqua di abbeverata, al cibo e un riparo dal sole e dalle intemperie; deve avere peso e dimensioni adeguate agli animali sui quali vengono utilizzati e avere una lunghezza non inferiore ai 4 metri e una altezza adeguata all’altezza del cane, in maniera tale da assicurare agli animali la possibilità di coricarsi, alzarsi e accudire se stessi senza difficoltà.

Davanti allo stato di stress psico-fisico a cui viene sottoposto il cane legato, tanto da portarlo a tendere la catena fino a farsi mancare il respiro, è davvero intollerabile pensare che possa ancora esistere un modo così arcaico di detenere un animale. Non per niente cancellare per sempre tale pratica è diventata un battaglia civile di moltissime associazioni compresa l’Enpa, secondo cui è inaccettabile che nel 2023 «a un altro essere vivente venga applicato uno strumento di costrizione che dalla notte dei tempi rappresenta l'icona stessa della schiavitù, del dominio su altri esseri viventi».

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Simona Sirianni
Giornalista
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