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6 Settembre 2023
10:30

Se trovo un cane o un gatto abbandonato ne divento responsabile?

Chi trova un animale libero e vagante non ne diventa automaticamente responsabile. Smontiamo subito una delle bufale più diffuse sul web: non ne diventa responsabile chi offre del cibo a un randagio e neppure chi, rinvenendolo ferito, lo salva portandolo dal veterinario. La situazione però può cambiare se si sceglie di detenere stabilmente l’animale.

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Articolo a cura dell' Avvocato Salvatore Cappai
Civilista, esperto in diritto degli animali
cane

Chi trova un animale libero e vagante non ne diventa automaticamente responsabile. Smontiamo subito una delle bufale più diffuse che circola sul web (e non solo) in merito al ritrovamento di cani o gatti randagi (vaganti o abbandonati) da parte dei privati cittadini.

Non ne diventa responsabile se gli offre del cibo e neppure se, rinvenendolo ferito – soprattutto in mancanza di intervento da parte dell’autorità contattata – lo salva conducendolo d’urgenza in una struttura veterinaria. Attenzione però: la situazione può cambiare se si sceglie di detenere stabilmente l’animale. Per i nostri giudici questa condizione di fatto può determinare l’assunzione di responsabilità, anche da parte di chi non è proprietario*, con tutte le possibili conseguenze. Ricordiamo, infatti che per la normativa civilistica italiana cani e gatti sono considerati ancora beni mobili.

Chi trova un animale abbandonato ne diventa responsabile?

Prima di rispondere a questa domanda è importante innanzitutto premettere come il concetto di responsabilità sia ben diverso da quello di proprietà. Vero è che molto spesso è il proprietario* di un animale a dover rispondere delle condotte di questo, ma non è sempre così. Ciò detto, è anche opportuno chiarire chi, nel nostro ordinamento, risulti, in via generale, responsabile delle condotte degli animali e chi sia chiamato a rispondere nel caso in cui questi provochino dei danni, siano fonte di spesa o persino integrino fattispecie di reato.

Nel campo del diritto civile, se si parla di animali di proprietà, la norma di riferimento è rappresentata dall’articolo 2052 del Codice Civile. La stessa recita: «il proprietario di un animale o chi se ne serve per il tempo in cui lo ha in uso, è responsabile dei danni cagionati dall'animale, sia che fosse sotto la sua custodia, sia che fosse smarrito o fuggito, salvo che provi il caso fortuito».

Come si può notare dal testo, si tratta di una responsabilità molto forte e difficile da escludere. Il proprietario* (o colui che ha in uso l’animale) può liberarsi soltanto dimostrando che l’evento dannoso si è verificato a causa di un evento esterno imprevedibile ed inevitabile (il caso fortuito). Il danneggiato in questo caso non ha neppure l’onere di dimostrare una colpa del primo. Per questo si parla di responsabilità oggettiva.

Per la maggior parte dei nostri Giudici, almeno ad oggi, è invece diversa la situazione se si parla di responsabilità sui randagi o in ordine alle loro condotte. In questi casi il soggetto chiamato a rispondere è rappresentato dall'ente, o dagli enti «cui è attribuito dalla legge (ed in particolare dalle singole leggi regionali) il compito di prevenire il pericolo specifico per l'incolumità della popolazione connesso al randagismo e, cioè, il compito della cattura e della custodia dei cani vaganti o randagi…» (tra le tante pronunce in tal senso: Tribunale Benevento, Sentenza, 10/01/2023, n. 64). Non solo, per gli stessi Giudici, in questi casi il danneggiato ha sempre l’onere di dimostrare una qualche colpa dell’ente e non si tratta dunque di responsabilità oggettiva.

Ci sono poi le responsabilità di natura penale. Vengono subito alla mente i reati di omicidio colposo e lesioni personali colpose da aggressioni di animali a persone; ma si può pensare anche al reato di disturbo della quiete pubblica o da imbrattamento. Insomma, tutta una serie di responsabilità che gravano su soggetti diversi: il proprietario privato, colui che usa l’animale, colui che lo possiede o detiene, l’ente a cui la legge affida il compito di gestire e controllare il fenomeno randagismo.

A fronte di ciò, quindi, chi trova un animale libero e vagante ne diventa responsabile in luogo di questi soggetti?

La risposta è: dipende!

Ribadiamolo a scanso di equivoci: il solo rinvenire un animale vagante non implica un’automatica assunzione di responsabilità. Chi lo accudisce nell’immediatezza, se ferito, non ne diventa responsabile. Se decide di portarlo in una clinica veterinaria perché la situazione è grave e non sono intervenute le autorità competenti, come Forze dell’ordine o servizi veterinari pubblici, potrà richiedere il rimborso delle spese al soggetto effettivamente tenuto a sostenerle, cioè al proprietario se si tratta di animale privato o l’ente responsabile se parliamo di randagio.

Chi, ancora, si limita a nutrire degli animali vaganti, diversamente dalle dicerie diffuse, non ne diventa né proprietario né responsabile. Come accennato, però, il discorso può cambiare se invece che limitarsi ad un soccorso o al fornire cibo per le strade, il benefattore si appropria dell’animale libero, iniziando a detenerlo stabilmente.

La Corte di Cassazione penale, con la Sentenza n. 19161 del 2015, ha infatti chiarito che la responsabilità sorge se sussiste «un rapporto di diretta e tendenzialmente stabile relazione» con l’animale, «corrispondente, se non ad un rapporto proprietario, quantomeno ad una relazione possessoria o di detenzione (…)».

Facciamo un esempio concreto per meglio chiarire: una persona rinviene un cane vagante per strada e se lo porta a casa. Lo accudisce, lo cura e lo detiene stabilmente nella propria abitazione o anche solo in giardino. In questa condizione, se il cane dovesse aggredire qualcuno, la stessa persona ne risponderebbe, senza potersi evidentemente giustificare sostenendo si tratti di cane randagio o ritrovato per strada.

Se trovo un cane o un gatto abbandonato posso tenerlo?

Anche se in molti casi, per prassi – tollerata di buon grado dalle istituzioni, che così risparmiano ingenti somme di denaro – le persone (con generosità) si appropriano, per salvarli, di cani o gatti vaganti, è bene chiarire come in realtà questo comportamento risulti illecito e vietato. Quel cane o gatto che gira libero potrebbe già avere un proprietario, pur se distratto. Ma, anche trattandosi effettivamente di randagio, esistono delle limitazioni e procedure che la legge nazionale impone prima che si possa procedere a formale “adozione”.

I gatti randagi sono animali liberi e tali devono rimanere. I privati non possono adottarli, salvo si tratti di esemplari che non sono idonei ad essere reimmessi in libertà. La Legge 281 del 1991 (Legge quadro in materia di animali di affezione e prevenzione del randagismo ), infatti, in proposito stabilisce che: «i gatti che vivono in libertà sono sterilizzati dall'autorità sanitaria competente per territorio e riammessi nel loro gruppo». Con riguardo ai cani, la stessa normativa prevede: «i cani vaganti catturati, regolarmente tatuati, sono restituiti al proprietario o al detentore».

«I cani vaganti non tatuati catturati, nonché i cani ospitati presso le strutture di cui al comma 1 dell'articolo 4, devono essere tatuati (ormai microchippati); se non reclamati entro il termine di sessanta giorni possono essere ceduti a privati che diano garanzie di buon trattamento o ad associazioni protezioniste, previo trattamento profilattico contro la rabbia, l'echinococcosi e altre malattie trasmissibili».

Cosa fare se si trova un animale abbandonato?

Per le ragioni appena esposte, se si avvista un animale vagante occorre richiedere l’intervento delle forze dell’ordine e, se lo stesso è ferito, dei servizi veterinari pubblici competenti.  Tendenzialmente, il discorso vale per i cani in quanto i gatti, come visto, possono/devono stare liberi, salvo il caso in cui siano feriti o malati. Se l’intenzione è quella di adottarlo si può offrire la disponibilità per un affidamento, ma è importante che vengano effettuati tutti i controlli e le procedure viste sopra, anche per evitare che si tratti di un cane di proprietà smarrito, che potrebbe essere reclamato dal reale proprietario.

Chi scrive è consapevole del fatto che la teoria sia ben diversa dalla realtà pratica e che, spesso, vi è una totale assenza delle istituzioni. Se però si vuole ottenere un miglioramento rispetto alla situazione attuale si deve cercare di muoversi nella legalità e soprattutto far sì che le stesse istituzioni si facciano carico delle proprie competenze e non le scarichino interamente su volontari e privati cittadini generosi.

* Per questo articolo, vista la necessità di differenziare i concetti giuridici di proprietà, responsabilità, detenzione, custodia e uso, si è dovuto derogare alla scelta – in cui Kodami crede fortemente – di non fare mai utilizzo dei termini “proprietario” di animali, o peggio ancora “padrone”, i quali possono essere sostituiti, ad esempio, da un maggiormente etico “pet mate”.

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Salvatore Cappai
Avvocato
Avvocato con la passione per la divulgazione. Mi occupo di diritto civile, con particolare riguardo ai campi della responsabilità civile, dell’assistenza alle imprese e del “diritto degli animali”. Mi sono avvicinato a quest’ultima materia circa dieci anni fa, quando ho incontrato Gaia, la mia cagnolina, che ha stravolto la mia visione sul mondo degli animali e sulla vita assieme a loro. La mia community social, nella quale da anni informo con semplicità su tematiche giuridiche, conta oltre 350.000 iscritti.
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