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18 Maggio 2022
10:30

Chi dà da mangiare ai cani randagi ne è davvero responsabile?

Si sente spesso dire che chi dà da mangiare a un cane ne diventi responsabile. Ma è davvero così? In realtà, secondo la legge, il solo dar da mangiare ad un animale non determina alcuna assunzione di responsabilità nei suoi confronti.

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Articolo a cura dell' Avvocato Salvatore Cappai
Civilista, esperto in diritto degli animali
cane ciotola cibo

Si sente spesso dire – purtroppo anche da parte di istituzioni o autorità – che chi dà da mangiare a un cane ne diventi responsabile. Non sono infrequenti, peraltro, articoli sul web che titolano proprio in questo modo. In realtà non è affatto così! Il solo dar da mangiare ad un animale non determina alcuna assunzione di responsabilità nei suoi confronti (o nei confronti di terzi per i danni da questo provocati).

Chi è responsabile dei danni causati dagli animali?

In tema di responsabilità per le condotte di un animale occorre effettuare una fondamentale distinzione tra le responsabilità di natura civilistica da causazione di un danno e quelle penali da reato, anche perché dottrina e giurisprudenza, nei due casi, non giungono sempre a soluzioni esattamente sovrapponibili.

Per quanto riguarda la responsabilità risarcitoria, la norma fondamentale a cui si deve fare riferimento è rappresentata dall’articolo 2052 del codice civile secondo cui: “il proprietario di un animale o chi se ne serve per il tempo in cui lo ha in uso, è responsabile dei danni cagionati dall'animale, sia che fosse sotto la sua custodia, sia che fosse smarrito o fuggito, salvo che provi il caso fortuito”.

L’articolo richiamato prevede una responsabilità gravosa – che si può escludere soltanto al verificarsi di un evento esterno imprevedibile ed inevitabile (il cosiddetto fortuito) – la quale ricade o sul proprietario o su chi ha "in uso” l’animale.

Se la qualità giuridica di «proprietario» non lascia spazio a dubbi di sorta, dottrina e giurisprudenza si dividono invece in relazione al concetto di uso utilizzato dal legislatore.

Per una tesi minoritaria questo coinciderebbe con la semplice custodia. Quindi, in caso di danno, risulterebbe responsabile chiunque abbia un potere di controllo sull’animale.

Per l’indirizzo dominante, invece, il soggetto che può essere chiamato a rispondere in luogo del proprietario per i danni causati dall’animale è esclusivamente colui che ne faccia uso per soddisfare un proprio interesse e per il perseguimento di proprie finalità, pur se non economiche (cfr. Cass. Civ. n. 10189 del 28/04/2010). Dunque, chi assume una custodia semplice dell’animale, senza trarne gli stessi benefici che ne trarrebbe il proprietario, non diviene soggetto effettivamente responsabile e chiamato al risarcimento.

Con riferimento alla responsabilità di natura penale il discorso risulta molto più semplice. I nostri giudici sono sostanzialmente concordi nel ritenere che il requisito sufficiente per la sua configurazione sia quello della sussistenza di una mera “detenzione”. Il detentore, infatti, assume nei confronti dell’animale una posizione di garanzia da cui deriva l’obbligo di controllare e custodire il medesimo, adottando ogni cautela per evitare e prevenire le possibili aggressioni a terzi o la causazione di altre fattispecie di reato (cfr. Cassazione Penale, sentenza n. 18814 del 2011; Cassazione Penale sentenza n. 17145 del 2017; Cassazione Penale, sentenza n. 20102 del 2018).

Chi dà da mangiare a un cane ne diventa responsabile?

Quanto spiegato nel paragrafo precedente è fondamentale per comprendere come, in ogni caso, il solo dar da mangiare ad un cane non significhi diventarne responsabile, o meglio, diventare responsabile dei suoi comportamenti che dovessero integrare degli illeciti.

La Cassazione Penale sul punto ha chiarito che questa responsabilità può discendere solo da “un rapporto di diretta e tendenzialmente stabile relazione” con l’animale, “corrispondente, se non ad un rapporto proprietario, quantomeno ad una relazione possessoria o di detenzione, ma non certamente ad un vincolo di tipo assolutamente precario quale può essere quello connesso alla sola somministrazione del cibo a scopo lato sensu assistenziale” (cfr. Cassazione Penale, sentenza n. 19161 del 2015).

In altre parole, il solo dar da mangiare a un cane non fa sorgere un rapporto di stabile detenzione, da cui, di conseguenza, nascerebbe l’obbligo di custodia.

Attenzione! Molto diverso è il caso di chi ospita abitualmente un cane – ad esempio un randagio – nella propria abitazione (anche solo in giardino) e se ne occupa come fosse il proprio. In tal caso, secondo quanto detto, si diviene responsabili anche penalmente in caso di eventuali aggressioni o rumori molesti, per fare soltanto due esempi comuni.

In conclusione, possiamo dire che la responsabilità nei confronti di un cane (e di animale) non spetta sempre e soltanto al proprietario ma può ricadere anche sul suo detentore, in particolare se parliamo di quella penale.

Importante anche precisare che in tal senso la presenza o meno del microchip non ha alcuna rilevanza. In primo luogo perché si può essere responsabili anche se non proprietari, in secondo luogo perché, di per sé, l’intestazione in anagrafe canina non determina la proprietà.

**Per questo articolo, vista la necessità di differenziare i concetti giuridici di proprietà, detenzione, custodia e uso, si è dovuto derogare alla scelta – in cui Kodami crede fortemente – di non fare mai utilizzo dei termini “proprietario” di animali, o peggio ancora “padrone”, i quali possono essere sostituiti, ad esempio, da un maggiormente etico “pet mate”.

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Salvatore Cappai
Avvocato
Avvocato con la passione per la divulgazione. Mi occupo di diritto civile, con particolare riguardo ai campi della responsabilità civile, dell’assistenza alle imprese e del “diritto degli animali”. Mi sono avvicinato a quest’ultima materia circa dieci anni fa, quando ho incontrato Gaia, la mia cagnolina, che ha stravolto la mia visione sul mondo degli animali e sulla vita assieme a loro. La mia community social, nella quale da anni informo con semplicità su tematiche giuridiche, conta oltre 350.000 iscritti.
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