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3 Febbraio 2022
15:18

«Se hai a cuore gli animali mangiali», la provocazione di un filosofo inglese e la risposta del filosofo: «Valutare la qualità della vita oltre che la vita in sé»

Secondo il filosofo Nick Zangwill se abbiamo a cuore gli animali dovremmo continuare a mangiarli, altrimenti sparirebbero. Ne abbiamo parlato con Simone Pollo, professore di filosofia a La Sapienza di Roma.

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Il dibattito etico su tutto ciò che ruota intorno agli animali da allevamento, il loro benessere e in generale sul consumo di carne, si è recentemente riacceso per la provocazione lanciata dal filosofo inglese Nick Zangwill, professore di filosofia alla University College di Londra.

Sulle pagine della nota rivista Aeon, Zangwill ha affermato, senza troppi giri di parole, che se abbiamo davvero a cuore gli animali da allevamento dovremmo continuare a mangiarli. Per di più, non si tratterebbe solamente di una possibilità, ma quasi di un obbligo morale nei confronti di quegli stessi animali che altrimenti, cessata la funzione alimentare, smetterebbero di esistere.

Non è certamente la prima volta che si discute sull'argomento in questi termini, come spiega Simone Pollo, Professore di Filosofia morale dell'Università La Sapienza di Roma e autore del libro Manifesto per un animalismo democratico: «Questo tipo di affermazioni nel dibattito sull'etica animale e dell'alimentazione esiste praticamente da sempre. A monte c'è un processo, la domesticazione, che in qualche modo è un elemento intrinseco della nostra specie, ormai da migliaia di anni. Ma il punto su cui dovremmo concentrarci è un altro: cosa farci con questa cosa? E qui diventa un po' più complicato».

Qualsiasi tipo di vita ha di per sé un valore?

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Secondo Zangwill è la vita in sé a essere un valore assoluto, non tanto come questa viene vissuta: «Se consideriamo questo punto di vista – afferma Pollo – stiamo andando allora nella direzione giusta. Produciamo molta più vita allevando animali in questo modo. Ormai, restando tra i vertebrati, esistono molti più animali domestici che selvatici sul Pianeta, ma se conta il come queste vite vengono vissute la faccenda cambia completamente prospettiva».

Anche secondo Zangwill, naturalmente, gli animali che mangiamo dovrebbero avere una vita in linea col maggior benessere possibile, ma allo stato attuale delle cose è davvero possibile? «Il problema è che sono ormai miliardi gli animali in tutto il mondo che trascorrono vite molto distanti da quella ideale – spiega Simone Pollo – Se ne discute già dagli anni 60, a partire dal famoso libro di Ruth Harrison Animal Machines. Di fatto buona parte della produzione alimentare tratta fondamentalmente gli animali come delle macchine, ed è su questo che dovremmo riflettere. Il mondo in cui si vive è una discriminante importante da un punto di vista morale».

Siamo moralmente obbligati a tenere in vita le specie domestiche?

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La vita di una qualsiasi specie domestica, in termini strettamente darwiniani, è un successo straordinario da un punto di vista evolutivo. Bovini, ovini, suini e polli hanno conquistato (chiaramente per mano dell'uomo) praticamente ogni continente, con numeri giganteschi. Un successo evolutivo superiore a qualsiasi altro gruppo animale che, secondo Zangwill, siamo moralmente obbligati a portare avanti continuando a mangiarli, altrimenti si estinguerebbero.

Il filosofo inglese, tuttavia, dimentica che in un mondo darwiniano anche l'estinzione fa parte del processo naturale che chiamiamo vita: «Anche se alcune specie domestiche sparissero, a prescindere dalla causa, non sarebbe da considerarsi uno scandalo – sottolinea Simone Pollo – Prima o poi succederà a tutti, anche a noi. Non c'è un bene intrinseco nell'esistenza di una singola specie. Possiamo forse trovarlo nella biodiversità nel suo insieme, perché è importante per gli ecosistemi e perché ci serve. Ma non c'è un bene di per sé, stiamo parlando di poche specie, e se sparissero non sarebbe un male morale».

D'altronde non siamo di certo obbligati a tenere in vita specie o razze domestiche che vivono vite non degne di essere vissute. Pensiamo ai cani brachicefali, afflitti da gravissimi problemi di salute dovuti alla selezione scellerata fatta dall'uomo. La direzione che già molti paesi stanno prendendo va verso lo stop totale all'allevamento, che significherebbe estinzione di alcune razze, cosa che non scandalizzerebbe quasi nessuno, viste le sofferenze che affrontano queste razze.

La chiave sta nel garantire il benessere animale

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Il punto cruciale è quindi il tipo di vita che questi animali allevati esclusivamente per la carne vivono, e dobbiamo analizzarlo utilizzando un approccio realistico: «Forse in Occidente possiamo immaginare allevamenti rispettosi del benessere animale e della sostenibilità. Pensare a questo tipo di approccio etico all'allevamento è un esperimento mentale importante – continua Pollo – Tuttavia stiamo per sfondare gli 8 miliardi di persone sulla Terra, e se vogliono tutti mangiare carne non possiamo di certo soddisfare la domanda in maniera sostenibile e rispettosa del benessere animale. Se abbiamo davvero a cuore il benessere di esseri senzienti dobbiamo sperare che diminuisca il consumo di carne. Non c'è altra soluzione», conclude Simone Pollo.

E di motivi per ridurre drasticamente il consumo di carne, al di là di quelli etici, ce ne sarebbero molti altri. Basterebbe concentrarsi solamente sull'impatto ambientale della carne per capire che incentivarne il consumo sregolato non è forse una buona idea.

Ciononostante, il dibattito intorno agli allevamenti e al consumo di carne è una questione estremamente più complessa e che non riguarda solamente il benessere animale e l'ambiente. In un modo o nell'altro l'allevamento tocca innumerevoli aspetti della nostra società, della cultura e delle tradizioni, della salute pubblica e dell'economia, variabili che si tende fin troppo a semplificare.

Trovare quindi l'approccio giusto per affrontare un tema tanto complesso non è affatto semplice, tuttavia è arrivato il momento di farlo. Suggerire alla gente delle giustificazioni superficiali per mangiare ancora più carne, a ogni modo, di certo non è la strada giusta.

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Salvatore Ferraro
Redattore
Naturalista e ornitologo di formazione, sin da bambino, prima ancora di imparare a leggere e scrivere, il mio più grande sogno è sempre stato quello di conoscere tutto sugli animali e il loro comportamento. Col tempo mi sono specializzato nello studio degli uccelli sul campo e, parallelamente, nell'educazione ambientale. Alla base del mio interesse per le scienze naturali, oltre a una profonda e sincera vocazione, c'è la voglia di mettere a disposizione quello che ho imparato, provando a comunicare e a trasmettere i valori in cui credo e per i quali combatto ogni giorno: la conservazione della natura e la salvaguardia del nostro Pianeta e di chiunque vi abiti.
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