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7 Maggio 2022
16:18

Roberto Marchesini: «La relazione con gli animali ci aiuta a sopravvivere nell’era della digitalizzazione»

Il filosofo Roberto Marchesini racconta il suo libro "L'amore per gli animali" e quella passione che ci lega ai compagni di vita a quattro zampe, anche passando attraverso il nostro rapporto con le nuove tecnologie.

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Intervista a Dott. Roberto Marchesini
Etologo e filosofo
cane smartphone

«Tra le tante cose che hanno cambiato l'essere umano nel corso della Storia ci sono l'uso degli utensili, la scrittura, il fuoco, ma un posto fondamentale lo occupa il rapporto con le altre specie. Sono stati gli animali ad aprire all'immaginazione dell'essere umano degli spazi esistenziali che prima, per lui, nemmeno esistevano». E' così che Roberto Marchesini racconta a Kodami le premesse che lo hanno spinto a scrivere il suo nuovo libro "L'amore per gli animali", edito da Lindau e disponibile in libreria e su Amazon.

Il libro nei suoi 13 capitoli analizza la relazione instaurata dall'uomo con gli animali attraverso l'osservazione delle testimonianze, storiche, artistiche, letterarie. Una summa che arriva a toccare i motori dei processi di domesticazione e che rappresenta l'ultimo approdo delle teorie elaborate dal fondatore dell'approccio cognitivo zooantropologico, basato su una visione non antropocentrica dell’incontro tra l’essere umano e le altre specie.

l'amore animali marchesini
La copertina del libro "L’amore per gli animali" di Roberto Marchesini

La «passione» dell'uomo per gli animali raccontata da Marchesini non è espressa in senso affettivo, ma come un trasporto che può essere declinato in molti modi, anche in senso negativo, e che soprattutto vuole offrire un appiglio per capire il nostro rapporto con le altre specie alla luce della rivoluzione tecnologica in atto.

«L'essere umano è portato a pensare che ogni cosa che costruisce, partendo dalla sua immaginazione, provenga da lui – spiega Marchesini – Una prospettiva antropocentrica che non gli consente di vedere come, ad esempio, la dimensione aerea che caratterizza tanta parte della tecnica e della cultura che possediamo sia stata suggerita dagli uccelli e che senza di loro ne saremmo stati privi».

Un tema che Marchesini aveva affrontato nel corso di una puntata di MeetKodami durante un video incontro con la nostra direttrice Diana Letizia in cui mette in luce proprio quanto la realtà che conosciamo sia stata plasmata anche dalla vicinanza con gli animali.

«Il mio intento nello scrivere questo libro era andare oltre quella banalizzazione con cui si parla del rapporto dell’essere umano con gli animali e che invece non si fa quando si affrontano temi come il confronto con l'altro, con Dio o con le nuove tecnologie. In questi casi facciamo un racconto austero. Il rapporto con le altre specie si affronta come se si trattasse di una cosa poco importante e addirittura opzionale, mentre sono proprio gli animali il nostro appiglio alla realtà in una società sempre più fluida».

Nell'era della gig economy, caratterizzata dalla immediatezza nei rapporti e dal soddisfacimento dei desideri nello spazio di un click, gli animali restano il collegamento dell'essere umano con una naturalità perduta da secoli: «Pur essendo connesse con il mondo, – spiega Marchesini – le persone sono sempre più sole. Per molti, cani e gatti sono l'ultima ancora alla realtà e un serbatoio affettivo di un'umanità isolata, che risente la liquidità dei rapporti interpersonali».

Un isolamento specifico che è iniziato prima dell'avvento dello smartphone: «Nel Novecento l’uomo si è “barricato” nelle città e in appartamenti pieni di oggetti di plastica. Per la generazione dei baby boomers questi oggetti, bambole e soldatini, rappresentano un contatto con l'infanzia. Per loro c’è stata un'educazione sentimentale basata sugli oggetti e questo ha diminuito la tendenza dell’essere umano a costruire relazioni con altre specie».

Con l'avvento del Secolo breve sono anche esplose le tecnologie masmediatiche: televisione e cinema hanno giocato un ruolo nel distacco profondo tra l'essere umano e l'ambiente circostante, con tutte le creature che lo abitano.

«C’è stata poi la trasformazione Disneyana, che non è cattiva di per sé, ma ha proposto a un pubblico planetario di giovanissimi gli animali come delle maschere, al di sotto delle quali c’è sempre l’essere umano – spiega il filosofo e etologo – Così molte persone, oggi adulte, vogliono un cane, ma non la caninità, vogliono un gatto, ma non la felinità e questa è l’educazione sentimentale che hanno ricevuto le generazioni del Secondo Dopoguerra».

Un processo reso ancora più marcato per chi è venuto al mondo nella società liquida: i millennials, nati tra il 1981 e il 1995, e i gen Z, nati tra il 1995 e il 2010. «La rivoluzione digitale, tra le tante trasformazioni che ha innescato, ha ulteriormente contribuito ad allontanare l’educazione dal rapporto con il reale – continua Marchesini – Guardando social popolari come TikTok e Instagram ci rendiamo conto di come abbiamo cambiato radicalmente il modo di vivere: tutto viene ripensato in funzione di un momento di condivisione, successivo a quello vissuto».

L'osservazione di questa nuova modalità di recepire il mondo è così analizzata da Marchesini: «Il rapporto analogico con la realtà è basato sulla plurisensorialità, c’era quindi un rapporto stretto con la realtà fattiva delle cose, il digitale è invece una esperienza immersiva. L’uomo si sente solo e chiede agli animali con i quali vive di compensare queste mancanze in senso affettivo. Ciò porta a una relazione morbosa o carente per gli animali, i quali vivono la menomazione della espressività della loro natura. Qualunque relazione sana si basa sulla quotidianità condivisa, non su una funzione specifica, in questo caso quella affettiva».

In un'epoca di molti contatti e poche relazioni le persone tendono a riversare un'ampia quota di sentimenti inespressi sui loro animali. Cani e gatti vengono percepiti come "pet", adatti a dare e ricevere affetto, non come identità bisognose di esprimere la propria individualità.

«Oggi le nuove generazioni hanno bisogno di essere educate alla natura fin da piccole – sottolinea ancora l'esperto – per sperimentare e costruire un bagaglio di ricordi all'interno della natura, in modo che non la sentano come una cosa altra ma come parte integrante di loro stessi. Se questa rivoluzione culturale non avverrà avremo generazioni che, come accade oggi, non faranno male agli animali in maniera diretta ma contribuiranno alla distruzione della biodiversità. Se ci sarà una controtendenza saranno educati ad essere sentinelle contro la distruzione della biosfera».

Può dunque tutto ciò portare alla riflessione che alle porte del Metaverso, per riappropriarci di un sano rapporto con la natura, è necessario disinstallare le app o addirittura buttare via lo smartphone? «No – conclude Marchesini – bisogna guardare a questi strumenti senza suggestione o pregiudizio negativo, ma con occhio critico. Ci vuole sensibilità forte che abbia ricadute sulla scuola, sulla società nel suo complesso, e che passi anche attraverso la cultura di massa perché il cambiamento si verifichi».

Giornalista per formazione e attivista per indole. Lavoro da sempre nella comunicazione digitale con incursioni nel mondo della carta stampata, dove mi sono occupata regolarmente di salute ambientale e innovazione. Leggo molto, possibilmente all’aria aperta, e appena posso mi cimento in percorsi di trekking nella natura. Nella filosofia di Kodami ho ritrovato i miei valori e un approccio consapevole ma agile ai problemi del mondo.
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