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2 Marzo 2023
17:14

L’effetto “Fight Club” nei topi: scoperti neuroni specchio nel loro cervello

Una ricerca ha svelato che all'interno del cervello, in quella che viene chiamata "centro della rabbia", siano presenti neuroni specchio che sottolineano come gli atteggiamenti aggressivi abbiano un ruolo fondamentale nella comunicazione sociale di questi animali.

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La lotta infuria senza esclusione di colpi e i due contendenti se le danno di santa ragione per avere la meglio l'uno sull'altro. Intorno a loro un folla osserva attentamente il risultato dello scontro e giudica. Non è solo la descrizione di una scena del capolavoro del 1999 "Fight Club" ma è anche ciò che accade in natura: quando due animali combattono, quasi sempre c'è un pubblico a guardare e in un nuovo studio su dei topi alcuni ricercatori hanno scoperto che esistono dei neuroni specchio in una parte del cervello degli spettatori, conosciuta come il "centro della rabbia", che si attivano sia quando un individuo sta combattendo che quando guarda altri combattere.

Per la prima volta degli scienziati hanno scoperto la presenza di neuroni specchio in una delle parti del cervello dove mai ci si sarebbe aspettati di trovarli. I neuroni specchio sono una classe di neuroni motori che si attiva involontariamente sia quando un individuo esegue un'azione, sia quando lo stesso individuo osserva la medesima azione compiuta da un altro soggetto. Queste cellule sono state scoperte per la prima volta negli anni 90 da un team di ricercatori guidato da Giacomo Rizzolatti, e da allora sono state trovate nei cervelli di esseri umani, altri primati in generale e negli uccelli, ma mai nei roditori. 

Che siano stati ritrovati in questi animali, quindi, risulta già una scoperta sorprendente, ma non è tutto. La parte del cervello in cui sono presenti è, secondo gli esperti, la zona dove si origina la rabbia ed è chiamata dagli scienziati appunto "centro della rabbia". In poche parole è una sezione collegata all'ippocampo, che controlla emozioni e apprendimento, e l'ipotalamo, coinvolto invece nell'aggressività e nella produzione di ormoni. I ricercatori hanno descritto la scoperta e pubblicato i risultati dello studio sulla rivista Cell.

Il significato dell'aggressività negli animali

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Neuroni specchio attivati nel "centro della rabbia". Yang et al. 2023

«L'aggressione in natura è raramente una questione privata – spiega Nirao Shah, professore di psichiatria e scienze comportamentali e autore dello studio – I combattimenti di solito non avvengono solo per sconfiggere l'altro animale, ma anche per dire agli altri nelle vicinanze: "Ehi, io sono il capo". È un display pubblico».

Su Kodami abbiamo già affrontato il tema aggressività fra gli animali, specialmente nei gruppi sociali, con Federica Pirrone, etologa e membro del comitato scientifico del magazine. L'esperta ha spiegato come le interazioni fra individui possono variare da intensi scambi di segnali a combattimenti fisici veri e propri e che si tratta di una questione del tutto normale, che contribuisce a regolare anche diversi aspetti della vita all’interno del gruppo, dall'acquisizione delle risorse alla conquista del partner.

Importante sottolineare, però, che lo stress che ne deriva può ritardare la riproduzione e influenzare la qualità e la sopravvivenza della prole, come effetto dello stress materno. Se coinvolti direttamente nello scontro, inoltre, i disputanti possono subire lesioni gravi, se non addirittura fatali, motivo per cui ogni animale prima di ingaggiare una lotta cerca di effettuare display di aggressività per spaventare l'altro, arrivando allo scontro vero e proprio solo in casi estremi.

Precedenti lavori nel laboratorio di Shah hanno studiato l'aggressività nei topi, scoprendo che a innescare questi comportamenti è un piccolo gruppetto di cellule celebrali presente solo nei topi maschi in una parte dell'ipotalamo soprannominata il "centro della rabbia". Questi neuroni possono "attivare" l'aggressività e la recente scoperta del team dimostra come siano anche coinvolti con la sfera sociale del topo.

Il ruolo dei neuroni specchio nell'aggressività

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Studiando le strutture cellulari i ricercatori hanno quindi scoperto che si trattano di neuroni specchio che permettono all'animale di valutare in che tipo di situazione aggressiva si trova. In particolare gli scienziati hanno registrato l'attività del centro della rabbia di topi maschi impegnati in una lotta e degli spettatori di quel piccolo Fight Club in miniatura. Così facendo hanno scoperto che un insieme quasi identico di neuroni nel centro della rabbia erano attivi sia nei combattenti che negli osservatori, insomma un esempio lampante di cosa significhi "neurone specchio".

«Trovare neuroni specchio nei topi è stato abbastanza scioccante – ha commentato Shah – La maggior parte delle ricerche sui neuroni specchio si è concentrata sui primati, nella corteccia in particolare, la parte più evolutivamente avanzata del cervello».

Studiando gli osservatore della scena violenta, poi, i ricercatori hanno avuto un'ulteriore sorpresa: i neuroni specchio sono stati innescati dalla vista dell'atto, mentre nei topi che combattono sono attivati dall'odore dei feromoni. Infatti, le registrazioni video hanno rivelato che queste cellule interrompevano la loro attività nel momento in cui i ricercatori spegnevano la luce, impedendo agli astanti di vedere.

Una serie di esperimenti successivi ha permesso ai ricercatori di dimostrato anche che questi neuroni non solo sono attivati dall'aggressività, ma la rendevano possibile. Inibendo selettivamente le cellule, infatti, i topi erano meno infastiditi da un intruso maschio, un comportamento che solitamente genera una risposta violenta, e gli attacchi diminuirono sensibilmente.

La ricerca dimostra dunque quanto anche i comportamenti aggressivi siano complessi e profondi, con una fine regolazione cellulare. Osservarli ci permette di comprendere meglio il loro ruolo nella regolazione dei rapporti sociali e sarà utile quindi approfondire ancora di più le loro dinamiche negli atteggiamenti aggressivi, in modo tale da fornire nuove prospettive su una parte del cervello presente in molti mammiferi, compreso l'uomo, che conserva ancora molti misteri.

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