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4 Febbraio 2021
14:00

“Resistenza antropica”: cosa sono e a cosa servono i corridoi per la fauna selvatica

Proprio come i corridoi umanitari che usano i migranti per fuggire dai loro Paesi in guerra, esistono anche i “corridoi per la fauna selvatica”. Senza questi, gli animali potrebbero estinguersi a causa del comportamento dell’uomo e resterebbero isolati e incapaci di riprodursi. Uno studio introduce il concetto di resistenza antropica.

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Proprio come i corridoi umanitari che usano i migranti per fuggire dai loro paesi in guerra, esistono anche i «corridoi per la fauna selvatica». Senza questi, gli animali potrebbero estinguersi a causa del comportamento dell’uomo e resterebbero isolati e incapaci di riprodursi. Sono stati i ricercatori dell’Università di Göttingen e dell’Università Humboldt di Berlino a introdurre il concetto di resistenza antropica che, secondo gli stessi studiosi, potrebbe essere al centro di una nuova analisi per garantire una mobilità sostenibile per la fauna selvatica. In un articolo pubblicato sulla rivista scientifica One Earth, infatti, concentrano la loro attenzione su alcuni fattori legati all'impatto antropico sull'ambiente, tra cui la rapida urbanizzazione, la deforestazione, le attività agricole. A incidere, anche la densità di popolazione, la distanza degli insediamenti urbani e le strade.

La resistenza antropica: ecco cos'è

Gli studiosi definiscono resistenza antropica tutti quegli impatti dei comportamenti umani che influiscono sul movimento delle specie e che viene valutata anche sulla base di tre fattori del mondo animale: la capacità di muoversi in un'area, la sopravvivenza e il costo fisiologico dello spostamento.  Secondo i ricercatori tedeschi a incidere non è solo la presenza o il numero delle persone in una determinata zona, ma è anche il «cosa fanno gli uomini». Nella misura della resistenza antropica, infatti, vanno contemplati una serie di fattori psicologici ed economici, tra cui anche la caccia, il bracconaggio, le convinzioni culturali di determinati popoli su alcuni animali, la rappresentazione del rischio (percepito o reale) che una specie può avere per una determinata comunità.

L'esempio dei caprioli e i fattori culturali di tolleranza

Nel lavoro di ricerca, per esempio, è stato analizzato il comportamento del capriolo che usa i terreni coltivati sia come rifugio sia come luogo per trovare cibo, ma la sua presenza in queste aree si riduce durante le stagioni di caccia. Non c'è però solo l'impronta antropica dettata dall'economia: ci sono anche fattori culturali che spingono l'uomo a essere più tollerante verso alcune specie anziché verso altre. In alcune parti del mondo, spiegano i ricercatori, le credenze culturali e religiose possono portare alla tolleranza verso i grandi carnivori, come tigri e leoni, nonostante le notevoli perdite di bestiame e le minacce alla vita umana.

«La resistenza antropica è importante anche per il progetto BearConnect, che mira a comprendere i fattori che determinano la connettività nelle popolazioni europee dell'orso bruno. Gli orsi sono in grado di muoversi attraverso enormi distanze, come mostrato dall'orso JJ1, meglio noto come ‘Bruno‘, che ha viaggiato da Trento fino in Baviera, dove è stato ucciso. È importante notare che, sebbene Bruno fosse stato in grado di attraversare il paesaggio fisico, è stato fermato dalla severa ‘resistenza antropica' fornita dagli esseri umani che non potevano tollerare il suo comportamento», dice Niko Balkenhol, ricercatore dell'Università di Göttingen che ha partecipato al lavoro.

Per Trishna Dutta, autore senior dello studio, «La resistenza antropica è un pezzo importante del puzzle per la pianificazione della connettività per garantire la funzionalità dei corridoi per la fauna selvatica e le persone».

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