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19 Ottobre 2022
9:54

Più di dieci gatti uccisi in una colonia felina a Bari: si teme avvelenamento

Più di dieci gatti sono stati trovati senza vita a Carbonara, ex frazione di Bari. La diagnosi sospetta è quella di avvelenamento da topicida.

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Più di dieci gatti. Alcuni di appena 6 mesi. Trovati in pochi giorni morti o agonizzanti nell’incredulità delle persone che portavano loro con amore un po’ di cibo. «Erano simpatici, davano gioia», racconta a Kodami un uomo del luogo. Potrebbero essere stati avvelenati i gatti di una colonia felina non censita che si era formata a Carbonara di Bari, ex frazione del capoluogo pugliese. Gli animali si erano stabiliti tra Via Dante e Via Venezia, in prossimità del cimitero di quartiere.

«Si è trattato di un atto ignobile, di una cattiveria gratuita – ha aggiunto – ma purtroppo non riusciremo mai ad aggiustare queste persone. Proviamo almeno a dare una voce agli animali, visto che loro non possono parlare», è stata l’amara riflessione.

Per alcuni dei gatti della colonia si è provato a ricorrere alle cure veterinarie ma il tentativo, purtroppo, è risultato infruttuoso, con profondo rammarico da parte di tutte le persone del quartiere che hanno provveduto a contattare le forze dell’ordine e che hanno annunciato la volontà di sporgere denuncia contro ignoti, pur trattandosi di gatti liberi non intestati a qualcuno.

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Dal referto relativo a uno degli animali la morte viene addebitata a sospetto caso di avvelenamento da topicida. Circostanza questa che richiederà l’attivazione di tutte le procedure, come da protocollo previsto dall’Ordinanza Ministeriale contenente le Norme sul divieto di utilizzo e di detenzione di esche o bocconi avvelenati, pubblicata nell’agosto del 2019 e prorogata per gli anni successivi.

Laddove vi sia un sospetto di avvelenamento, ricordiamo, «il medico veterinario che emette la diagnosi […] ne dà immediata comunicazione al Sindaco, al servizio veterinario dell'azienda sanitaria locale e all'istituto zooprofilattico sperimentale territorialmente competente, compilando e inviando il modulo sul Portale nazionale degli avvelenamenti dolosi degli animali».

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Sempre secondo l’Ordinanza «l'azienda sanitaria locale territorialmente competente o il medico veterinario, previa informazione all’azienda sanitaria locale territorialmente competente, assicurano l'invio di carcasse di animali deceduti per avvelenamento e campioni biologici  da  essi  prelevati, nonché di esche o bocconi sospetti di avvelenamento, all'istituto zooprofilattico». E ancora: «L'azienda sanitaria locale può autorizzare il proprietario dell'animale ad inviare direttamente all'istituto» le  carcasse, i campioni, nonché le esche o i bocconi sospetti. È dunque solo la Asl che può autorizzare che questa operazione sia demandata direttamente al cittadino. L’Istituto Zooprofilattico provvederà, poi, a effettuare tutti gli esami, compresi quelli necroscopici, necessari per accertare l’effettivo avvelenamento e nel caso la sostanza utilizzata.

Si tratta di passaggi fondamentali perché, attraverso questa serie di segnalazioni, il Sindaco dà immediate segnalazioni per l’apertura di un’indagine da effettuare in collaborazione con le autorità competenti. Se non è stata escluso il sospetto di avvelenamento provvede, nel contempo, ad individuare le modalità di modifica del luogo interessato. Per queste operazioni, infatti, si fa spesso ricorso a unità cinofile addestrate per la ricerca di esche.

«Si tratta di un protocollo nazionale per cui il medico veterinario deve rilevare il sospetto e registrarlo sulla piattaforma dedicata e poi portarlo in Istituto – spiega a Kodami Antonio Parisi, Dirigente Vicario dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale di Puglia e Basilicata – tutte le analisi sono gratuite e il protocollo fa partire in automatico le segnalazioni per l’autorità giudiziaria. Senza il sospetto e la registrazione nella piattaforma avvelenamenti non si conclude nulla».

Di recente, proprio in Puglia, si sono susseguiti casi di presunti avvelenamenti. Uno di questi lo scorso aprile a Bovino, nel foggiano, ha riguardato sempre dei gatti. Ma questa sorte tocca spesso soprattutto ai cani, come denunciato a Cisternino. La casistica, però, si estende per tutto il paese. Per esempio un caso era avvenuto nell'anconetano questa estate con delle esche gettate appositamente in un'area cani. La frequenza di questi episodi traccia un quadro avvilente sulla volontà di uccidere degli esseri viventi da parte di alcune persone.

Del resto è lo stesso portale sugli avvelenamenti a sottolineare come un dato preoccupante sia rappresentato «dall’esiguo numero di persone indagate o condannate per aver disperso esche o bocconi avvelenati nell’ambiente, rispetto all’imponente dimensione del fenomeno: ciò probabilmente deriva da una ancora insufficiente attività repressiva e preventiva da parte degli organi di Polizia Giudiziaria. Le indagini su questi casi sono oggettivamente difficili ma il progresso tecnologico e l’auspicato approccio criminalistico al fenomeno, di cui si parlerà nella seconda parte di questo lavoro, sicuramente potranno produrre maggiori successi nella repressione e prevenzione di questo incivile fenomeno». Un motivo in più per non sottovalutare episodi di questo tipo.

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Roberto Maggi
Giornalista
Sono nato a Bari nel 1985. Sono un giornalista, fotografo e videomaker. Amo raccontare storie di animali sia con le parole che con le immagini. Sono laureato in giurisprudenza e da anni seguo la cronaca locale in Puglia. Amo tutti gli animali, ma in particolar modo i gatti. Faccio spesso amicizia con loro quando viaggio con la mia moto.
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