![Kodami api muoiono](https://statickodami.akamaized.net/wp-content/uploads/sites/31/2021/10/Kodami-api-muoiono.jpg)
Le api muoiono dopo aver punto perché il pungiglione, fornito di appositi uncini, penetra nei tessuti e, se la puntura interessa la pelle dell’essere umano o di altri mammiferi, che è molto elastica, resta conficcato. La povera ape deve quindi sforzarsi moltissimo per riuscire ad allontanarsi e lo strappo che ne deriva provoca il distacco del pungiglione, che rimane nel corpo della vittima ma si porta dietro anche gli ultimi segmenti addominali e una porzione dell'intestino. Il trauma non le lascia scampo. Fortunatamente, però, se ad essere punto è il tegumento rigido di un altro insetto, l'ape riesce a retrarre il pungiglione senza rimetterci la vita. Solo le femmine possono pungere, perché il pungiglione è un ovopositore modificato: è l'organo genitale esterno femminile, infatti, a trasformarsi in aculeo.
Per quanto tempo sopravvivono dopo aver punto?
A causa della massiccia rottura addominale che consegue al tentativo di allontanarsi dalla vittima, le api sopravvivono per poche ore o, al massimo, per pochi giorni.
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Quali altri insetti muoiono dopo aver punto?
Le vespe solitamente riescono a retrarre il pungiglione e usarlo di nuovo. Tuttavia, nelle vespe giacche gialle, del genere Vespula maculifrons, si verifica un meccanismo di autotomia del pungiglione simile a quello delle api, co avulsione traumatica, cioè uno strappo violento.
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Perché le vespe non muoiono?
Le vespe e i calabroni non muoiono dopo l’attacco perché il loro pungiglione è liscio e quindi facilmente retrattile. Del resto, contrariamente alle api, che si nutrono di polline e nettare e attaccano solo se minacciate, questi imenotteri sono predatori molto aggressivi, che hanno bisogno di utilizzare il pungiglione ripetutamente nel corso della vita.
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Cosa succede se il pungiglione rimane sotto la pelle?
Quando il pungiglione dell’ape rimane ancorato alla pelle, ad esso restano attaccati anche un ganglio nervoso, vari muscoli e le ghiandole che producono il veleno da iniettare nella vittima. Le contrazioni muscolari, coordinate dal ganglio nervoso, spingono sempre più a fondo il pungiglione, e intanto il veleno continua ad essere pompato dalla sacca. Il pungiglione e i suoi annessi, quindi, devono essere estratti il prima possibile, poiché la quantità di veleno emessa è direttamente proporzionale al tempo di permanenza di quest'arma appuntita nel sito della ferita. È importante, però, non premere con le dita, per evitare di iniettare il veleno eventualmente ancora presente nelle ghiandole.
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Bibliografia
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