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19 Agosto 2021
15:15

Perché il cane vuole stare in braccio?

Si tratta di un'abitudine acquisita dall'uomo e non propria della specie, che si individua soprattutto tra i cani di piccola taglia. I motivi sono diversi, e tutti ricondotti all'antropomorfizzazione, ma in linea generale non è mai consigliabile incentivarla: il focus dell'esperto cinofilo Luca Spennacchio.

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Membro del comitato scientifico di Kodami
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Credit Pixabay

Prendere un cane in braccio è per molte persone un gesto quasi automatico, soprattutto quando si parla di cani di piccola taglia, che spesso suscitano un senso di protezione e tenerezza. Eppure si tratta di un comportamento per nulla naturale per i cani, che deriva principalmente da un’abitudine data dagli essere umani nel corso di un lungo processo di antroporfomizzazione.

La conferma arriva anche da Luca Spennacchio, istruttore cinofilo e membro del Comitato scientifico di Kodami, che ha ricordato che «i cani come specie non contemplano lo stare in braccio: un cane non prende in braccio un altro cane, è una cosa che sperimentano con gli esseri umani. Capita sempre quando sono cuccioli, li prendiamo in braccio e li solleviamo, e con i cani di taglia piccola».

Contatto fisico nel riposo

La prima cosa importante da tenere presente è la distinzione tra lo stare in braccio inteso come sollevare da terra e prendere tra le braccia e tra l’accomodarsi in braccio, magari sulle ginocchia, quando l’umano di riferimento è seduto sul divano o su una sedia. In quest’ultimo caso, spiega Spennacchio, si tratta di un comportamento che molti cani hanno perché cercano un contatto fisico nel riposo.

Senso di protezione

Diversa invece la situazione nel caso in cui un cane adulto chiede di essere prese in braccio: «Succede solitamente con cani di piccola taglia e i motivi possono essere diversi – puntualizza Spennacchio – Uno, quello principale, è il senso di protezione. Ci sono cani che chiedono di essere sollevati soprattutto se si è in mezzo alla confusione o in circostanze in cui si sentono minacciati. Capita anche ad alcuni cani magari poco socializzati, che sono in difficoltà e chiedono di essere presi in braccio per essere sollevati dal problema».

Pericolo durante un gioco predatorio

«Date le deformazioni che abbiamo causato nelle razze – prosegue l’esperto – un cane di piccola taglia in un contesto di gioco, magari con cani di grande taglia irruenti che lo scambiano per un giocattolo che guaisce e fugge, sarebbe in pericolo. Anche all’interno di un gioco predatorio ma con pochi auto controlli questi cani corrono rischi grossi: pensiamo a un cucciolo di Chihuahua che gioca con un cucciolo di pastore tedesco. In quel caso prendere in braccio il cane è necessario per toglierlo da una situazione di pericolo».

Il fenomeno dell’epimelesi

Questa abitudine data ai cani dagli umani dipende da un fenomeno che si chiama epimelesi, il piacere suscitato dal prendersi cura di un essere che suscita desiderio di accudimento: «I cani finiscono in braccio, soprattutto quelli di taglia piccola e i cuccioli, perché stimolano nell’umano un comportamento di cura e protezione anche quando non è richiesta dal cane – sottolinea Spennacchio – il cane non sa già quando è piccolo che se è in braccio è protetto, è una conseguenza dell’abitudine che gli diamo noi, per cui sarebbe meglio non dargliela, anche per lasciargli la possibilità di familiarizzare con il suo ambiente e il suo contesto naturale ed evitare che da adulto sviluppi disagio o problemi comportamentali».

Perché è meglio non abituare i cani a stare in braccio

La richiesta di protezione può essere però un indicatore di disagio, per due motivi: da un lato significa che il cane ha recepito e interiorizzato un’abitudine non sua e non propria della specie, dall’altro che non si sente a suo agio a livello della terra, che è la sua dimensione.

«Essere presi in braccio è un’abitudine data dall’uomo – spiega Spennacchio – Alcuni cani mettono insieme le due cose, abitudine e senso di sicurezza, e capita che si addormentano proprio in braccio perché magari scaricano lo stress, ma non è una cosa positiva perché o è sfuggire da un disagio, e sarebbe meglio che il disagio non ci fosse, o un’abitudine sempre legata al disagio: il cane si sente più a suo agio essendo sottratto dal mondo al suo livello».

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Andrea Barsanti
Giornalista
Sono nata in Liguria nel 1984, da qualche anno vivo a Roma. Giornalista dal 2012, grazie a Kodami l'amore per gli animali è diventato un lavoro attraverso cui provo a fare la differenza. A ricordarmelo anche Supplì, il gatto con cui condivido la vita. Nel tempo libero tanti libri, qualche viaggio e una continua scoperta di ciò che mi circonda.
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