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4 Luglio 2023
9:00

Perché i gatti non obbediscono?

I gatti non obbediscono ai nostri comandi perché nel loro retaggio comportamentale non è previsto né coordinarsi con altri, né prendere ordini o istruzioni. Questo non significa che non ci ascoltino o che non possano essere educati.

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Membro del comitato scientifico di Kodami
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I gatti non obbediscono a comandi e intimazioni umane perché nel loro retaggio comportamentale non è previsto il fatto di coordinarsi con altri, né di prendere “ordini” o istruzioni per raggiungere un obiettivo comune.

La socialità dei gatti è il risultato di un insieme di trasformazioni e di cambiamenti lungo la loro evoluzione di specie. Il modo in cui i gatti si relazionano con gli altri, i tipi di relazione che riescono ad instaurare dipende non solo dal fatto che gli individui vivano o non vivano insieme nel qui e ora ma anche dalle loro caratteristiche di specie.

I gatti ignorano la voce del loro umano?

Quando parliamo di gatti parliamo di predatori solitari con una spiccata intelligenza solutiva: si sono evoluti per cacciare, in totale solitudine – contrariamente ai lupi – e per risolvere in modo autonomo i problemi e le sfide che l’ambiente poneva loro di volta in volta.

È come se nel loro codice genetico mancassero le “istruzioni” per produrre dei comportamenti collaborativi, se non per occasionali eccezioni quali la cura della prole condivisa o, ancor più raramente, il presidio del territorio.

Questo significa che, anche qualora un gatto capisse le indicazioni che gli vengono fornite da un essere umano, non è detto che faccia loro seguito. O meglio, le prenderà in considerazione solo se, sulla base di una sua valutazione personale, riterrà che siano di suo interesse.

Qualche anno fa alcuni studi riuscirono a dimostrare sperimentalmente che i gatti riconoscono la voce umana e capiscono quando vengono chiamati da una voce familiare. Ma possono comunque decidere di non rispondere o ignorare quel richiamo, proprio in virtù del fatto che, di volta in volta, decidono in autonomia se dar seguito o meno a quella stimolazione.

È possibile educare o addestrare un gatto?

Questa tendenza a sottrarsi a qualsivoglia indicazione ha portato le persone a ritenere per molto tempo che i gatti fossero impossibili da educare o da addestrare.

Questa credenza nasce anche da un malinteso di base: quando si parla di animali non umani, le persone tendono a confondere l’educazione con l’addestramento e ad aspettarsi che un animale “educato” sia un animale che risponde ai comandi impartiti da un umano (tipicamente per vietargli di fare qualcosa di sgradito, per giunta).

Vediamo allora di fare chiarezza sui termini. Il concetto di “educazione” non ha nulla a che vedere né con l’impartire comandi né con l’insegnare a rispondere a degli stimoli con comportamenti predeterminati e sempre uguali, che è proprio dell’addestramento.

I gatti potrebbero essere anche addestrati, volendo e ammesso (ma non concesso) che possa essere di qualche interesse, sebbene i risultati siano spesso meno longevi, meno affidabili e meno vari di quelli ottenibili addestrando specie più intrinsecamente collaborative. Ma l’educazione è un’altra cosa. Educare è un termine nobile che ha a che fare con il far fiorire un individuo permettendogli di far emergere e dare forma alle sue peculiarità e caratteristiche, e non è cosa che si fa impartendo ordini o comandi. Anzi, è esattamente l’opposto. Si fiorisce e si dà forma alla propria identità solo avendo a disposizione relazioni di qualità e contesti ambientali che facilitino l’esplorazione di sé e la sfida ai propri limiti.

Educare è il contrario dell’addestrare: laddove l’addestramento vincola il comportamento nel tentativo di rendere manovrabile l’individuo per l'esecuzione di specifiche performance, l’educazione facilita lo sviluppo di risorse interiori con l’idea che l’individuo impari a gestirle ed usarle in totale autonomia, rendendole parte del suo bagaglio personale.

È dunque possibile educare un gatto nel momento in cui si favorisce la sua crescita armoniosa ed in linea con l’identità di specie. È possibile anche addestrarlo a compiere brevi e semplici routine (saltare un ostacolo, dare la zampa, rispondere al "seduto") ma non ci dovrebbero essere dubbi su quale dei due approcci sia realmente formativo per la crescita dell’animale e quale sia in grado di nutrire realmente la relazione con noi.

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Sonia Campa
Consulente per la relazione uomo-gatto
Sono diplomata al Master in Etologia degli Animali d'Affezione dell'Università di Pisa, educatrice ed istruttrice cinofila formata in SIUA. Lavoro come consulente della relazione uomo-gatto e uomo-cane con un approccio relazionale e sono autrice del libro "L'insostenibile tenerezza del gatto".
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