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16 Giugno 2021
8:54

Onestà, generosità ed empatia: non sono solo doti umane…

Preoccuparsi per gli altri e essere motivati a compiere azioni nell’interesse altrui, questi sono gli elementi costitutivi del comportamento prosociale. Considerato una prerogativa degli esseri umani, in realtà la scienza ci dice che anche gli altri animali sanno essere prosociali. Significa che sono socievoli? Non necessariamente, e adesso vediamo perché.

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Membro del comitato scientifico di Kodami
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Mi è capitato spesso di sentir definire un cane come “prosociale”, e di capire, nel corso della conversazione, che quella parola fosse stata usata come sinonimo di “socievole”. I due termini, in qualche modo, suonano simili e, forse, è questa somiglianza a trarre in inganno. Prosocialità e socievolezza sono la stessa cosa? No. Per quanto esse possano essere correlate, di fatto siamo di fronte a due concetti diversi.

Cos’è la prosocialità? Prosocialità è un termine generale che si riferisce a una varietà di emozioni, atteggiamenti e comportamenti positivi diretti verso gli altri, che possono manifestarsi attraverso atti di condivisione, aiuto e cooperazione. Il comportamento prosociale è associato alla personalità, in particolare a tratti generali della personalità come l’onestà-umiltà, ossia l'inclinazione a essere giusti e sinceri nelle interazioni con gli altri (non fingerei che mi piaccia qualcuno solo per ottenere un favore da quella persona), l’amicalità, che rappresenta l'inclinazione a essere premurosi e comprensivi verso gli altri (non portare rancore verso qualcuno, anche se ci ha offesi), ma anche la generosità e – eccola qui – la socievolezza. La socievolezza è un tratto della personalità. Prosocialità e socievolezza, quindi, non sono la stessa cosa, semmai rappresentano due diverse dimensioni della competenza sociale.

Anche i ratti posso essere prosociali

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La prosocialità è sempre stata considerata il fondamento della cooperazione umana. Poi si è visto, però, che anche altri animali mostrano comportamenti prosociali. I ratti, ad esempio. Una motivazione comune del comportamento prosociale negli esseri umani è l’empatia. In uno studio abbastanza recente, i ricercatori hanno dimostrato che i ratti sono capaci di comportamenti di aiuto motivati dall'empatia. Se un ratto si trova libero in un ambiente e si accorge che un suo consimile, diversamente da lui, è intrappolato in una gabbietta, sapete che fa? Impara in fretta ad aprirla per liberare il compagno. Se la gabbietta è vuota o contiene un oggetto, invece, non perde nemmeno tempo a provare.

Ma vi dirò di più. Notoriamente, i ratti sballano per il cioccolato! Se un ratto, davanti a sé, trova due gabbiette chiuse: una con dentro un compagno da liberare e l’altra con il cioccolato, come si comporta? Si fionda sul cioccolato buonissimo? No, lui le apre tutte e due e poi condivide il cioccolato con l’amico che è appena tornato libero. Possiamo concludere che, come effetto di un contagio emotivo, i ratti rispondono in modo prosociale al disagio di un conspecifico. Più le femmine dei maschi, però, e questo suggerisce, ancora una volta, la loro maggior capacità empatica.

La prosocialità delle taccole

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In un altro studio, è stata testata la prosocialità delle taccole (Corvus monedula). I corvidi venivano collocati a coppie in due compartimenti adiacenti (compartimento del donatore e compartimento del ricevente) divisi da una rete metallica. I donatori e i destinatari erano quindi fisicamente separati l'uno dall'altro, ma in contatto visivo. Ad ogni coppia di uccelli venivano presentate due scatole trasparenti, dotate di un coperchio che poteva essere aperto, permettendo l'erogazione del contenuto – gustosissimi croccantini per gatti, di cui le taccole sono ghiotte – solo da parte del donatore. All'apertura, una di queste scatole rilasciava il cibo sia al donatore che al destinatario (opzione 1/1), mentre l’altra lo rilasciava solo al donatore (opzione 1/0). Ogni uccello donatore aveva la possibilità di scegliere quale delle due scatole aprire: poteva cioè fare la scelta egoistica di aprire quella che erogava il cibo solo a lui, o compiere un’azione prosociale, aprendo la scatola che lo avrebbe erogato a entrambi. È emerso che ogni qualvolta la taccola destinataria si posizionava vicino alla scatola, comunicando alla donatrice il proprio interesse verso il cibo, questa sceglieva l’opzione 1/1, rendendo così gli appetitosi bocconcini fruibili anche dalla sua compagna.

La relazione come fattore facilitante i comportamenti prosociali

Le risposte prosociali sembrano essere favorite dal livello di familiarità tra gli individui: gli animali tendono ad essere più cooperativi con gli individui che conoscono, che con gli estranei. I cani, ad esempio, possono comportarsi in modo prosociale, donando cibo a un conspecifico, ma solo se i due hanno familiarità. Tra i bambini, poi, si è visto che le risposte prosociali aumentano quando il destinatario è un amico, mentre diminuiscono quando il destinatario è un individuo noto, che però non è un amico. Questo ci dice come non solo l’esistenza di una relazione, ma anche, e forse soprattutto, la qualità della relazione sia un importantissimo fattore facilitante la prosocialità.

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Bibliografia

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Nel 2003 mi laureo in Medicina Veterinaria. Dal 2008 sono ricercatrice presso l’Università degli Studi di Milano, dove insegno Etologia Veterinaria e Benessere Animale. Studio il comportamento degli animali e la relazione uomo-animale.
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