Marc Bekoff: «Empatia e compassione: così ho compreso che gli animali provano emozioni»

Intervista al biologo e scrittore Mark Bekoff, professore emerito di ecologia e biologia evolutiva all'Università del Colorado, noto a livello mondiale per aver introdotto nel mondo della scienza i concetti di emozione e cognizione nel mondo animale. L'incontro per la quarta puntata di MeetKodami, la serie di video in cui protagonisti sono persone che attraverso la loro esperienza racchiudono l'essenza del Manifesto di Kodami.

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28 Ottobre 2022
16:00
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Marc Bekoff sorride e si passa una mano tra i capelli, stretti in una coda argentata. E' prima mattina a Boulder, in Colorado, dove vive insieme ai suoi cani che «sono in giro, liberi di vivere la loro giornata e tornare qui quando vogliono». L'uomo che "arriva sugli schermi" di Kodami sembra un indiano d'America che porta con sé quell'aura speciale di chi ha vissuto un'esistenza di grandi scoperte che non ha tenuto nel chiuso di un laboratorio. Anzi, proprio attraverso la scienza, che ha fatto parte della sua formazione professionale, ha sconvolto il mondo accademico portando, finalmente, tra gli scienziati l'assunto che gli animali sono esseri senzienti che provano emozioni.

Marc Bekoff è professore emerito di ecologia e biologia evolutiva all'Università del Colorado, noto a livello mondiale per aver reso "logico" tra i suoi colleghi che le altre specie hanno pensieri e sentimenti come li abbiamo noi umani.

«E' stato difficile ma io sono un biologo e, semplicemente, non mi sono arreso»: inizia così il racconto del suo lungo viaggio tra animali umani e non che ha deciso di condividere con noi per la quarta puntata di MeetKodami, la serie di video incontri in cui protagonisti sono persone che attraverso la loro esperienza racchiudono l'essenza del nostro Manifesto.

Sono passati tanti anni e la scienza è cambiata. Come è iniziato questa evoluzione nel concepire il rapporto tra l'uomo e le altre specie da un punto di vista scientifico riguardo alle emozioni?

Penso di aver iniziato nel momento giusto. Era un buon periodo perché tante persone iniziavano a domandarsi e a voler sapere cosa provano i loro cani ma anche cosa sentono e fanno gli scimpanzé, i coyote o i lupi e io stavo studiando proprio ciò che afferisce alle loro emozioni. Anche Jane Goodall stava iniziando i suoi studi sugli scimpanzé e faceva questa cosa importantissima per la prima volta: non li identificava come numeri, ma gli aveva dato un nome e restituiva loro una personalità. Ora sono un suo buon amico ma all'epoca non la conoscevo e mi dicevo: "Oh mio Dio, sono così felice che qualcun altro lo stia facendo". E ciò accadeva solo mostrando una buona scienza. Non eravamo solo degli amanti degli animali, ma persone esperte di biologia evolutiva e etologia. Così, lentamente ma inesorabilmente, le cose sono cambiate. E poi c'era anche Donald Griffin che scriveva sulla coscienza animale. Era un biologo sperimentale. Ecco, alcune persone pensavano che fossimo dei pazzi. Ma Griffin in particolare era molto equilibrato e molto intelligente: così ha contribuito a gettare le basi per l'etologia cognitiva o lo studio delle menti animali.

Dai laboratori alle nostre case. Come è oggi il rapporto con gli animali?

Penso che le cose siano davvero cambiate e non conosco scienziati che non sarebbero d'accordo con quello di cui io e te stiamo parlando in questo momento. Potrebbero non essere così aperti ancora, ma non sarebbero in disaccordo. Molti anni fa le persone mi chiedevano sempre: "Puoi trovare qualcuno che non sia condivida la tua posizione?" ed è stato davvero facile rispondere all'epoca "sì". Perché la scienza è basata su una ricerca solida ma non può mancare il buon senso. Dico sempre alle persone: se vivi con un cane o un gatto o un altro animale da compagnia ogni giorno condividi le tue emozioni e le emozioni con lui e queste sono davvero il collante che vi tiene insieme. Pensiamo ai cani robot che non hanno mai veramente avuto successo: quello che si prova nel contatto fisico, ciò che ci si scambia a livello emotivo con un animale è l'incontro tra diverse emozioni dell'uno e dell'altro. Altra cosa importante emersa negli ultimi vent'anni è che in tutto il mondo si è iniziato a lavorare sulla legislazione relativa al benessere degli animali. E se le persone non pensassero che i cani e gli altri animali hanno sentimenti ed emozioni allora non si sarebbero preoccupati della loro tutela.

Nei tuoi libri usi spesso due termini quando parli di relazione: "compassione" e "empatia". Cosa vogliono dire?

La compassione per me significa semplicemente capire che gli altri animali hanno sentimenti ed emozioni. E' provare quel senso di cameratismo, quella connessione con loro e trovo molto difficile a volte separare la compassione dall'empatia che vuol dire "mettersi nei loro panni" o, meglio, nelle loro posture. Compassione ed empatia richiedono un grande sforzo da parte nostra, significa anche agire per conto degli animali e non solo comprendere e percepire i loro sentimenti. Dobbiamo fare qualcosa per essere sicuri che possano continuare ad avere vite serene.

Gli animali ci parlano? 

Sì, decisamente. Molte persone dicono che gli animali non hanno un linguaggio. Certo, non parlano inglese o italiano, ma a modo loro comunicano esattamente quello che vogliono e desiderano. E gli esseri umani possono fare tutto ciò che vogliono su questo Pianeta. Voglio dire: siamo davvero così potenti! Quindi, se capisci che provano sentimenti di dolore o tristezza o gioia o piacere, o altre emozioni, gelosia o senso di colpa, allora dobbiamo fare tutto il possibile per rendere le loro vite il meglio che possano essere in un mondo dominato dall'uomo. Perchè non dobbiamo dimenticarlo: la supremazia della nostra specie è evidente da sempre.

Ecco, hai parlato di emozioni di varia natura, sfatiamo anche un altro mito: gli animali provano anche sentimenti "negativi"…

Certo! Condividono come noi tutte le emozioni che abbiamo. Molti dicono che non è dimostrato e devo ammettere che sia così ma gli studi sono sempre di più in merito e stanno supportando l'esistenza di emozioni molto ampie negli animali non umani. Quando i cani, gli scimpanzé o gli elefanti giocano gli piace farlo: se non si divertissero non lo farebbero e non lo ricercherebbero. E, allo stesso tempo, è stato dimostrato che gli animali si addolorano davvero o provano tristezza ad esempio quando un amico o un familiare scompare o muore. Penso che la strada da un punto di vista scientifico ora sia davvero segnata in questo senso e noto che le persone si rendono conto che la vera domanda non è più se gli altri animali hanno emozioni ma perché si sono evoluti e per cosa? In futuro impareremo molto di più man mano che le persone smetteranno di domandare se è possibile o meno che un animale abbia emozioni. Per me è una domanda, oggi, stupida. Gli animali provano emozioni una volta che semplicemente accetti il dato di fatto che lo fanno e solo questa verità assoluta aprirà davvero la porta a studi migliori e più ampi su di loro e su di noi.

Gli animali hanno un codice morale: questo è un altro risultato importante che hai raggiunto aprendo il fronte di discussione su quella che hai definito "wild justice", giustizia selvaggia

Gli animali a volte cercano di ingannare i loro simili, ad esempio a volte per rubare il cibo potrebbero provare a tradire anche la fiducia reciproca.In realtà  lo schema generale che funziona è che lavorino insieme e c'è una grande onestà nei rapporti, una chiarezza di base nei comportamenti. Quindi se ti chiedo di giocare con me non cercherò di dominarti o riprodurmi o mangiarti per cena. Manterrò quelle che chiamo "le regole d'oro del gioco". Gli animali se lo dicono chiaramente: voglio giocare con te, potrei morderti più forte ma è tutto per finta. E hanno sviluppato questi meccanismi relazionale. Come diciamo tra noi umani? Anche loro devono mantenere un "fair play". Ed è lo stesso con la condivisione del cibo o tra i membri di un gruppo che si aiutano a difendere un territorio, una tana o una fonte di cibo. Così quando le persone a volte dicono "cani, gatti, lupi, gorilla, scimpanzé non hanno lo stesso codice morale che abbiamo noi" è proprio un errore di comprensione o di valutazione forse perché pensano da umani e non differiscono in termini di codici morali applicati a altre specie. Ma c'è la moralità del cane, quella degli scimpanzé e quella degli elefanti. Alla fine tutto si riduce a trattare gli altri individui con equità e rispettarne la loro dimensione relazionale. Gli umani hanno un codice morale diverso. Ma diverso non significa migliore. Vuol dire solo un modo di stare al mondo differente dai coyote o dai lupi che ho studiato. Ecco così che si chiarisce il concetto di giustizia anche nel mondo animale, quella "wild justice" che esiste e viene rispettata dai membri dei gruppi sociali delle varie specie.

«Alcune persone dicono di amare gli animali e tuttavia li maltrattano. Sono contento che quelle persone non mi amino». E' una tua frase. Cosa significa?

Quando le persone dicono di amare il loro cane e poi non sanno nemmeno davvero se ai cani piace giocare, io sono contento di non essere il loro cane. Quando le persone dicono di amare gli animali ma poi non li tutelano, non li rispettano o li cacciano, li ammazzano per diletto, ancora io dico ad alta voce e chiaramente: "Sono contento che tu non mi ami". Un altro di quei modi di pensare a cui dobbiamo davvero prestare attenzione è quando le persone dicono che i cani sono portatori di "amore incondizionato". Non è così: se hai mai davvero condiviso la vita con un cane saprai che sono molto esigenti. "E' il migliore amico dell'uomo", si dice ma questo modo di dire serve più per creare bei titoli su articoli e saggi, su riviste e studi. Se capiamo invece che i cani non sono oggetti che emanano solo amore, allora questo apre davvero la porta alla comprensione delle loro emozioni. Ho vissuto con cani che hanno avuto vite molto difficili quando erano giovani e ho dovuto lavorare sodo per ottenere la loro fiducia e, forse, il loro amore.

Non esiste il "cane perfetto", ognuno è un soggetto a sé come noi umani, giusto?

Sono due messaggi che cerco ancora di diffondere. Quello che ho appena descritto sulla capacità di riconoscere il cane che ci vive accanto e poi che non esiste un "cane universale": i cani sono tutti individui. Qualche giorno fa stavo leggendo un articolo: se i gatti sono meno socialmente consapevoli e meno socialmente abili dei cani. Io penso che alcuni lo siano e altri no. Queste, queste generalizzazioni a livello di specie non aiutano nella comprensione dei soggetti. E questa è un'altra tendenza ora che sono davvero felice di vedere che sempre più ricercatori stanno rimarcando.

Come credi che sia, oggi, in tempi di pandemia la relazione che si vive nelle case dei paesi occidentali tra cani e umani?

Negli ultimi tempi, con la pandemia, è stata dura per noi e per i nostri compagni di vita. Ho ricevuto tante e-mail da persone che mi dicevano che lavorando da casa avevano iniziato ad apprezzare di più il cane o il gatto della loro famiglia, a conoscerlo meglio. E' un buon segno per me che trascorrendo più tempo con i loro animali abbiano imparato di più su quanto sono meravigliosi. Ma da un altro punto di vista non positivo, finito il periodo duro di lockdown, molte persone che erano andate a prendere cani o altri animali da compagnia perché erano a casa li stanno abbandonando. Hanno "scoperto" che è un'enorme responsabilità avere un animale nella tua vita e nella tua casa. La pandemia è stata una "benedizione mista". Ma, visto che sono un ottimista irriducibile, guardo sempre al lato positivo. Gli esseri umani devono comprendere che un cane o un gatto non sono una panacea per le nostre mancanze. Non è che porti un animale a casa tua e va tutto bene. Ho letto un altro articolo che in pratica diceva: "se hai difficoltà, vai a prendere un cane, Ce ne sono tanti da salvare". Eh no! Se hai dei problemi, è meglio che prima ti chiedi di che natura sono invece di credere di risolverli facendo entrare un cane nella tua vita. Chiediti: farà bene a me, ma al cane? Ed è lo stesso pensiero che vorrei si facesse in merito agli animali d'utilità e quelli da supporto emotivo. Il rapporto deve essere "win win", deve funzionare sia per i non umani che per gli umani. Prendere un cane non è come portare a casa un pupazzo. Non è come tornare con una macchina nuova. È far entrare nella tua vita un essere senziente e significa che ci dobbiamo impegnare a dare loro il meglio, se possibile.

Un equilibrio tra le necessità degli uni e degli altri e la capacità di condividere la vita contribuendo in entrambe le direzioni. Credi che siamo a buon punto?

Esatto, un equilibrio tra le specie. Ecco perché prima parlavo delle emozioni condivise. Ho incontrato molte persone che hanno cani da compagnia, cani da supporto emotivo, da assistenza e che hanno quel tipo di relazione con loro. Ma ogni tanto qualcuno mi chiede: cosa posso fare per il mio cane? E la mia semplice risposta è: ricorda che sono esseri coscienti, sensibili e senzienti e anche loro hanno dei bisogni. Quindi, quando non stanno facendo qualcosa per te, devi lasciare che il cane sia un cane. Rischia di più, anche e mi riferisco a chi dice di amare il proprio cane e poi lo tiene sotto una campana di vetro senza permettergli di vivere delle esperienze. Ho incontrato persone che lasciano correre liberi i loro cani quando possono e sanno che è rischioso sotto diversi aspetti ma riconoscono la felicità del loro compagno di vita e mettono da parte anche l'ansia pur di vederlo nella sua essenza.

L'80% dei cani al mondo vive in libertà. Poi ci sono gli animali domestici, i cosiddetti "pet". Tanti non ci pensano…

Sì, solo circa il 20/25% vive effettivamente in una casa e nel mondo ci sono quasi un miliardo di cani. Ciò significa che almeno 700 milioni di cani sono liberi di spostarsi. Possono andare dove desiderano, alcuni possono tornare a casa la sera, altri sono completamente senza riferimento umano. Nel tempo ho sempre pensato a come far avere ai cani di strada in India, ad esempio, o ai cani in Cina o in Africa orientale, vite migliori. E sai, molti di loro in realtà vivono molto bene senza di noi. Sta per uscire un mio nuovo libro, scritto insieme a Jessica Pierce, intitolato "Un mondo di cani", in cui immaginiamo le vite dei cani in un Pianeta senza umani. L'abbiamo iniziato molto prima della pandemia ma solleva tutte le domande con cui abbiamo a che fare ora.

Cosa altro possiamo fare per sensibilizzare le persone?

Dopo questa chiacchierata insieme, dopo aver letto quello che scrivete e visto i vostri video, direi che già quello che fa Kodami è importantissimo: contribuisce a creare una cultura diversa. Più impariamo meglio è, non solo per i cani, i gatti o altri animali, ma per gli esseri umani. Perché migliore è il nostro rapporto con i non umani, migliore sarà la nostra vita.

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Diana Letizia
Direttrice editoriale
Giornalista professionista e scrittrice. Laureata in Giurisprudenza, specializzata in Etologia canina al dipartimento di Biologia dell’Università Federico II di Napoli e riabilitatrice e istruttrice cinofila con approccio Cognitivo-Zooantropologico (master conseguito al dipartimento di Medicina Veterinaria dell’Università di Parma). Sono nata a Napoli nel 1974 e ho incontrato Frisk nel 2015. Grazie a lui, un meticcio siciliano, cresciuto a Genova e napoletano d’adozione ho iniziato a guardare il mondo anche attraverso l’osservazione delle altre specie. Kodami è il luogo in cui ho trovato il mio ecosistema: giornalismo e etologia nel segno di un’informazione ad alta qualità di contenuti.
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