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Kodami Call

Tutta la verità su Laika: la prima femmina lanciata nello spazio non certo per sua scelta

Tanti anni fa è stato un cane, anzi, una cagna ad aver contribuito, suo malgrado, al desiderio degli esseri umani di viaggiare nello spazio. Era Laika ma in realtà si chiamava Ricciolina: uno scricciolo di sei chili di peso che ha, non per scelta, aperto la strada oggi anche alla nostra Astrosamantha e a tutti coloro che l'hanno preceduta nel superare le nuvole. La sua vera storia, però, raramente è stata raccontata.

3 Novembre 2023
9:17
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Samantha Cristoforetti è stata la prima donna in Europa a guidare una stazione spaziale. Quando è accaduto, sui media si è dato tanto risalto alla notizia e giustamente sono stati  migliaia i commenti sull'importanza simbolica che sia stata finalmente un essere umano dal cromosoma X ad avere un compito così importante: la storia della "conquista dello spazio" è sempre stata appannaggio degli uomini ed è stata sempre raccontata secondo una narrazione di genere.

Ma ancora prima, in realtà, gli esseri umani dovrebbero ricordare che è stata un altro individuo dal cromosoma X, una cagna, ad aver contribuito, suo malgrado, al desiderio degli esseri umani di viaggiare nello spazio. Uno scricciolo di sei chili di peso che ha, non per scelta ovviamente, aperto la strada alla nostra Samantha Cristoforetti e a tutti coloro che l'hanno preceduta nel superare le nuvole e andare oltre l'atmosfera terrestre.

Laika, il primo cane nello spazio che non si chiamava così

La ricorderete in tanti: Laika. Ma la sua storia in realtà è molto diversa da come è stata tramandata. A partire dal nome, perché non era così che si chiamava quella cagnetta che fu letteralmente sparata nello spazio dall'Unione Sovietica. Prima del lancio, che avvenne il 3 novembre del 1957, lo scienziato che si era occupato della sua preparazione, Oleg Gazenko, partecipò a una conferenza stampa. Quando gli fu chiesto, appunto, come si chiamasse l'animale che era stato prescelto – tra tanti altri che non avevano superato i brutali test a cui furono sottoposti – ci fu un'incomprensione nella traduzione. Laika, in realtà, è il modo in cui ancora oggi vengono chiamati alcuni cani da caccia della Russia del nord e della Siberia ed è un modo di appellare anche diverse altre razze locali. Insomma, un po' come se "Laika", in Russia, sia sinonimo di "cane" in alcune zone. Altri nomi, poi, sono stati usati all'epoca per la cagnolina dai mezzi di informazione: fu soprannominata "Mutnik", ad esempio, incrociando le parole "Sputnik" e "Mutt", termine inglese per indicare i meticci.

Il nome dato da Gazenko e gli altri che lavoravano al progetto era invece "Kudrjavka", ovvero "ricciolina". Nonostante il vezzeggiativo, però, la vita della cagnetta nel laboratorio degli scienziati sovietici è stata addirittura peggio della sua morte in volo (che è stata anch'essa terrificante). Laika fu la prescelta, dopo numerosi test, tra le ultime tre cavie – altre due femmine – che erano sopravvissute a tutto quello a cui erano state sottoposte per quel lancio che ancora oggi viene ricordato come un punto fondamentale per l'epopea dell'uomo nello spazio.

Prima il dolore da cavia, poi il volo per morire nella capsula dopo nemmeno cinque ore dal lancio

La vita di Laika, prima di finire in quel laboratorio in cui i russi cercavano di battere sul tempo gli Stati Uniti, è rimasta per anni nell'oblio. L'interesse sulla vera storia della cagnetta, che era stata raccontata come una vera e propria eroina per catturare l'attenzione dell'opinione pubblica, era bassissimo e così veniva mantenuto.

Ricciolina, in realtà, era un cane di strada di Mosca. Una randagia come tante che ancora oggi vivono nella capitale russa e la cui storia è stata raccontata in un film meraviglioso che ha vinto anche un Orso di cristallo al Festival del Cinema di Berlino nel 2018.

"Space Dogs", di Elsa Kremser e Levin Peter, inizia proprio con una voce che racconta una leggenda secondo la quale Laika è tornata sulla terra come fantasma e ha girovagato per Mosca insieme ai suoi discendenti. I due documentaristi hanno raccolto materiale d'archivio e poi hanno girato ad altezza cane seguendo un branco di randagi che vivono per le strade della capitale russa.

Attraverso questo racconto onirico ma allo stesso tempo molto concreto, si comprende così quale fu la vita prima e la morte, dopo il lancio, di Laika. La randagia delle strade di Mosca è stato il primo essere vivente ad aver orbitato intorno alla Terra e morì dopo nemmeno cinque ore dal lancio. Prima di arrivare dentro quella capsula fu sottoposta a stress psicofisici dolorosi e privi di alcuna pietas nei confronti di quell'essere vivente e degli altri che non riuscirono a superare le prove degli scienziati. Nel 2017, la biologa Adilya Kotovskaya che faceva parte del team di ricercatori che si occupavano di lei, dichiarò pubblicamente: «Le ho chiesto di perdonarci e ho pianto quando l'ho accarezzata per l'ultima volta».

Laika e gli altri cani furono sottoposti a prove orribili, come rimanere in capsule pressurizzate che partivano da un diametro di 80 centimetri fino a diventare sempre più piccole e in cui erano del tutto privati del movimento. I soggetti maschi furono scartati per le dimensioni, ecco perché tra i candidati rimasero solo tre femmine che tra i vari test, in particolare, dovevano superare quello più importante per poi essere davvero "sparate" in orbita: erano inserite dentro delle vere e proprie centrifughe e sottoposte a lunghe sessioni in cui dovevano subire l'ascolto di rumori molto forti per abituarle al lancio.

Il tributo a Laika nella serie tv "For all the mankind"

"For all the mankind", una serie su Apple Tv ambientata in una realtà alternativa in cui l'Unione Sovietica ha battuto gli Stati Uniti nella conquista della Luna e dello spazio non ha dimenticato di ricordare la piccola Ricciolina durante la sesta puntata della seconda serie. In un momento di grande pathos in cui i cosmonauti russi e gli astronauti statunitensi condividono i loro pensieri in un incontro fuori dal lavoro, c'è una conversazione particolarmente commovente. E' un passaggio reale all'interno di una narrazione distopica in cui viene raccontata, appunto, la verità su Laika e viene onorata come individuo. La protagonista femminile, Danielle, quasi alter ego della nostra Astrosamantha, è un'astronauta donna a capo di un'importante missione in cui i due equipaggi dovranno affrontare un simbolico incontro in orbita per provare a stemperare il clima di guerra fredda tra le due super potenze. Durante la conversazione con il suo collega russo, la donna parla di Laika come simbolo del dedicare la vita a una missione così importante per la specie umana. Stepan, il cosmonauta, invece le svela come sono andate le cose: quella cagneatta è morta nel dolore, in totale solitudine e per aver concesso fiducia e amore a quegli esseri umani che l'hanno sfruttata.

La conversazione tra Dani e Stepan è tutto quello, allora, che c'è da sapere e su cui riflettere rispetto a ciò che noi esseri umani facciamo alle altre specie, anche a una come quella del canis lupus familiaris che condivide con noi un percorso di co evoluzione che ha radici talmente antiche che ancora oggi con certezza non sappiamo se sia iniziato 40 mila o 15 mila anni fa.

Stepan – Ti piace il cane?

Dani – I Cani? Ovviamente. A chi non piacciono…

Stepan – Non i cani. Il cane. Laika.

Dani – Laica, certo… Il primo essere vivente ad andare nello spazio.

Stepan – Non potrò mai superarlo. Laika… la tenni tra le mie braccia. Per un minuto o due. Ero lì come candidato cosmonauta, faceva parte del mio addestramento. Ero ancora, praticamente, un ragazzo.

Dani – Com'era? Com'era?

Stepan – Grande così (fa il gesto con le mani). Occhi molto luminosi e coda molto riccia. Era piuttosto carina nelle foto. L'hanno inserita nella classificazione "preferita": spiritosa ma equilibrata, adattabile a nuove situazioni. Suona molto come noi astronauti … I dati del volo del cane hanno dato informazioni utili al processo di selezione degli esseri umani.

Dani – Vedi? E' stato utile il suo… sacrificio.

Stepan – La sua morte, vuoi dire? Quando l'abbiamo lanciata in orbita era senza possibilità di ritorno.

Dani – Sì. La sua morte… E' stata sette giorni in orbita e la prima a vedere la Terra dallo spazio, la luna, le stelle. E poi serenamente si è addormentata. Dovremmo essere tuti noi così fortunati.

Stepan – Tutte bugie. Il razzo non si è separato come previsto e il controllo termico è fallito. La capsula si è surriscaldata. Laika soffrì e morì poche ore dopo dopo solo… tre orbite.

Dani – Wow. Questo nessuno lo sa… però il suo nome sarà ricordato quando saremo tutti polvere di Luna.

Stepan – “Sacrificio per la madrepatria”. È quello che hanno detto. Beh, Laika voleva solo tornare a casa. E pensa anche a tutti gli altri cani che sono morti perché erano troppo vivaci, troppo spaventati, troppo infastiditi dalla centrifuga, dalla slitta, dalla reclusione, dall'inferno, dal cibo di merda. Ma Laika? Lei è stata scelta perché ce la faceva e lo faceva solo per compiacere i suoi addestratori. Quando un centinaio di altri cani avevano invece deciso diversamente. Capisci? Sto dicendo di darle il merito che dovrebbe avere. È andata nello spazio per le persone che amava e per chiunque l'abbia amata, incluso un giovane cosmonauta che l'ha tenuta tra le braccia, solo per un minuto o due… su quella rampa di lancio. È così che è morta. Non per tutta l'umanità. Per le persone che amava. Lei era solo un piccolo essere spaventato, alla fine.

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Diana Letizia
Direttrice editoriale
Giornalista professionista e scrittrice. Laureata in Giurisprudenza, specializzata in Etologia canina al dipartimento di Biologia dell’Università Federico II di Napoli e riabilitatrice e istruttrice cinofila con approccio Cognitivo-Zooantropologico (master conseguito al dipartimento di Medicina Veterinaria dell’Università di Parma). Sono nata a Napoli nel 1974 e ho incontrato Frisk nel 2015. Grazie a lui, un meticcio siciliano, cresciuto a Genova e napoletano d’adozione ho iniziato a guardare il mondo anche attraverso l’osservazione delle altre specie. Kodami è il luogo in cui ho trovato il mio ecosistema: giornalismo e etologia nel segno di un’informazione ad alta qualità di contenuti.
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