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6 Aprile 2023
16:28

Nuovi studi sul Covid-19 confermano il collegamento con i cani procione venduti al mercato di Wuhan

Sono stati finalmente resi noti i risultati delle analisi dei temponi provenienti dal mercato di Wuhan in Cina prelevati all'inizio del 2020. Emergono nuovi indizi che mostrano la presenza anche di cani procione nei luoghi dove è stato trovato SARS-CoV-2.

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Mercato all’ingrosso di frutti di mare di Huanan. Immagine di China News Service via Wikimedia Commons

I ricercatori del Centro cinese per il controllo e la prevenzione delle malattie (China CDC) hanno pubblicato un'analisi dei tamponi raccolti in un mercato a Wuhan, capoluogo della provincia di Hubei in Cina, nelle prime settimane della pandemia di COVID-19. Ci sono voluti diversi anni, ma finalmente i risultati sono stati pubblicati recentemente su Nature, confermando che alcuni campioni provenienti dal mercato all'ingrosso di frutti di mare di Huanan, da tempo collegato all'inizio della pandemia, contenevano materiale genetico di animali selvatici che sono risultati positivi al SARS-CoV-2.

Questa notizia può solo rafforzare l'ipotesi secondo la quale un animale, definito "ospite intermedio", potrebbe aver favorito la diffusione del virus, anche se i ricercatori affermano che le ultime scoperte non riescono ancora a fornire la prova certa che SARS-CoV-2 abbia avuto origine da un evento di spillover da animale a uomo.

I campioni raccolti dalla ricercatrice e dal suo team sono dati genetici estratti da tamponi COVID-positivi prelevati dagli scarichi, dalle bancarelle e dal terreno del mercato di Wuhan risalenti a gennaio 2020. Collegando i campioni positivi con le specie animali presenti nel mercato, i ricercatori sono stati in grado di confermare che il coronavirus Sars-CoV-2 è legato alla presenza di cani procione venduti lì in quel periodo. Questo aggiunge una nuova evidenza alla teoria secondo cui la pandemia potrebbe essere stata innescata da un animale infetto fatto passare attraverso il commercio illegale di animali selvatici.

Gli studiosi hanno osservato che nei campioni positivi al Sars-COV-2 c'era una grande quantità di materiale genetico del cane procione, ma nonostante ciò, questa non è di per sé una prova. Il motivo di tale incertezza risiede nella difficoltà di risalire alla catena di contagi all'interno del mercato: anche un altro animale avrebbe potuto essere l'ospite intermedio e aver trasmesso il virus alle persone e ai cani procione che, in questo caso, sarebbero solo ospiti secondari come noi.

C'è da dire, inoltre, che nelle prime settimane dell'epidemia circolavano due ceppi di SARS-CoV-2, denominati A e B. Inizialmente i test hanno identificato solo il B sul mercato. Ciò ha portato alcuni ricercatori a concludere che il mercato potrebbe aver agito solo come sito per un primo evento di diffusione, piuttosto che come sito di uno spillover animale, perché si ritiene che il ceppo A sia quello da cui si è originato il B.

«È altrettanto possibile che gli esseri umani abbiano introdotto il virus nel mercato, così come potrebbero averlo fatto gli animali», afferma David Relman, un microbiologo della Stanford University in California che supporta questa ipotesi. A complicare maggiormente la situazione è il fatto che, oltre a frammenti genomici di cani procione, sono stati ritrovati nel mercato moltissimi altri campioni di DNA di altri animali come panda, ratti talpa e scimpanzé.

Dunque, lo studio non indica un animale specifico come ospite intermedio, ma comunque spicca per essere una delle indagini più approfondite sul Coronavirus. Inoltre, la pubblicazione dei dati genomici, che sono stati depositati in archivi aperti al pubblico, è cruciale perché consentirà ulteriori analisi che potrebbero offrire ulteriori indizi sull'origine della pandemia. «È uno dei set di dati più importanti che abbiamo avuto dall'inizio della pandemia», afferma Florence Débarre, biologa evoluzionista del Centre national de la recherche scientifique di Parigi.

Débarre afferma che ulteriori analisi forensi potrebbero rivelare se gli animali il cui DNA era nei tamponi recano segni di attivazione del sistema immunitario, il classico indizio di un'infezione attiva. Se così non fosse, avremmo un'altra risposta alle preoccupazioni secondo cui la presenza di virus e DNA animale nello stesso campione non indica necessariamente che l'animale sia stato infettato.

Su Kodami proprio di come avviene il salto di specie ne avevamo parlato durante una puntata di MeetKodami con David Quammen, l'autore di "Spillover", libro che ha venduto milioni di copie in tutto il mondo in cui il giornalista e scrittore scientifico statunitense spiega l'evoluzione dei virus e descrive in tempi non sospetti l'arrivo di una pandemia come quella che abbiamo vissuto.

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Alessia Mircoli
Dottoressa Magistrale in Biodiversità e Gestione degli Ecosistemi
Sono laureata in Biodiversità e Gestione degli Ecosistemi e la divulgazione scientifica è la mia passione. Durante il mio percorso ho scoperto il mondo del giornalismo scientifico e ho capito che è la mia strada. Sono estremamente affascinata dalla natura e da tutto ciò che ne fa parte, credo nell’importanza di diffondere un’informazione corretta sugli animali e l’ambiente.
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