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20 Marzo 2023
12:14

Cani procioni venduti illegalmente, la pandemia di Covid potrebbe essere iniziata per questo motivo

I cani procioni e il commercio di animali selvatici potrebbero avere avuto un ruolo fondamentale nella diffusione della Sars-COV-2 durante le primissime fasi del contagio in Cina.

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cane procione

I cani procioni e il commercio di animali selvatici potrebbero avere avuto un ruolo importante nella diffusione della Covid-19 durante le primissime fasi del contagio in Cina. E' quanto emerso dalle indagini condotte da un team di ricerca internazionale e rese pubbliche da Tedros Adhanom Ghebreyesus, direttore generale dall'Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms), durante la conferenza stampa di venerdì.

A breve l'Oms dichiarerà la fine dello stato d'emergenza dopo ben 3 anni dall'avvio della pandemia, almeno di quello che si ritiene essere l'inizio ufficiale. Le ricerche condotte dagli scienziati, infatti, sposterebbero indietro le lancette del contagio ben prima del gennaio 2020, quando le autorità cinesi chiusero il wet market di Wuhan e informarono le autorità sanitarie internazionali della nuova zoonosi.

In realtà, fin dai primi mesi del 2021, l'Oms aveva sottolineato come la Cina avesse nascosto informazioni importanti sia per arginarne la diffusione globale del virus sia in merito alla sua origine. Quando un team di ricercatori dell'Organizzazione Mondiale della Sanità si era recato in Cina per ricostruire la cronologia del Sars-COV-2 non erano state fornite loro informazioni complete. Benché l'ipotesi di un virus artificiale fosse ritenuta dalla comunità scientifica «estremamente improbabile», come aveva sottolineato lo stesso Ghebreyesus, l'opacità del governo di Xi Jinping ha contribuito alla proliferazione delle teorie complottistiche.

Nonostante le ricerche sulla Covid-19 siano progredite moltissimo in tempi rapidi, tanto da permettere la realizzazione dei vaccini, non è ancora stato trovato l'ospite intermedio che avrebbe fatto da anello di congiunzione tra i pipistrelli, originario serbatoio del virus, e l'essere umano. Se prima il responsabile era stato identificato nel pangolino, anch'esso venduto e ucciso del mercato cinese, oggi, alla luce delle nuove ricerche, il cane procione sembra essere l'ospite più probabile.

Sono proprio queste nuove informazioni, raccolte dagli scienziati del Centro cinese per il controllo e la prevenzione delle malattie, ad essere state acquisite prima che venissero rimosse dal database Gisaid, creato proprio allo scopo di promuovere la  condivisione dei dati relativi al Coronavirus responsabile della Covid-19. Si tratta di dati genetici estratti da tamponi prelevati all'interno del mercato di Wuhan poco dopo la sua chiusura, e caricati sul portale in forma grezza dagli stessi cinesi.

Quando erano stati eseguiti i tamponi gli animali non erano più presenti all'interno della struttura, tuttavia il virus era presente sui pavimenti, sulle gabbie e sui carrelli utilizzati per il loro trasporto. Nei campioni positivi al Sars-COV-2 c'era una grande quantità di materiale genetico del cane procione, ma questa mescolanza non è di per sé una prova. Anche un altro animale avrebbe potuto essere stato l'ospite intermedio e aver trasmesso il virus alle persone, o addirittura qualche contagiato potrebbe aver trasmesso il virus ai cani procioni. Tuttavia, i dati confermano, ancora una volta, lo scenario maggiormente accreditato sull'inizio della pandemia, cioè che il virus sia arrivato a diffondersi nell'uomo da un animale selvatico.

Come confermano anche gli esperti del Sago, il gruppo di esperti che all'Oms si occupa del tema delle origini di nuovi patogeni: «Le analisi suggeriscono che gli animali erano presenti nel mercato e forniscono potenziali indizi per identificare ospiti intermedi di Sars-CoV-2 e potenziali fonti di infezioni umane nel wet market. Alcuni campioni contenevano anche Dna umano, nonché Dna mitocondriale di diverse specie animali, comprese alcune note per essere suscettibili a Sars-CoV-2. Ciò includeva Dna di cani procioni selvatici, porcospino malese e ratti dei bambù».

L'ipotesi del legame tra sfruttamento della fauna e l'emergere di nuove zoonosi era già nota nel 2012, come spiega lo scrittore e giornalista David Quammen, il quale nel profetico libro "Spillover" aveva ipotizzato che una pandemia globale sarebbe partita da un wet market cinese, proprio a causa della prossimità tra persone e animali selvatici che in questi luoghi vengono venduti e macellati.

In un'intensa video intervista rilasciata alla direttrice di Kodami, Diana Letizia, lo scrittore statunitense spiega chiaramente che quando sentiamo parlare di un Coronavirus che si diffonde dovremmo tenere a mente che si tratta di qualcosa di nuovo per la nostra specie, e di conseguenza dovremmo domandarci quale sia la sua origine. La risposta è sempre la stessa: da creature che non erano in contatto con noi, che vivevano nel loro habitat, in posti remoti dove l’uomo è però arrivato.

Il cane procione è un selvatico che viene catturato e sfruttato per la sua pelliccia. Secondo l'inchiesta condotta in Cina dalla ong Humane Society International, malgrado la pandemia, si continua a uccidere cani procione e volpi per farne capi d'abbigliamento e pennelli per dipingere. Lo stesso avveniva anche nel mercato di Wuhan, dove questi animali erano presenti in grandissime quantità all'interno di gabbie metalliche dove trascorrevano la maggior parte della vita.

Proprio all'interno di una di queste si trovava uno dei campioni ritenuti più interessanti dal team di ricerca internazionale che ha trovato i dati cinesi all'interno del Gisaid. Per prima, la biologa evoluzionista francese, Florence Débarre, si è imbattuta nelle sequenze geniche e ha allertato i colleghi. Insieme, hanno scoperto che all'interno di una specifica bancarella erano presenti tracce del virus e del cane procione, e che la gabbia che conteneva i cani procioni era posta sopra a un'altra contenente degli uccelli, ambiente favorevole alla trasmissione di nuovi virus.

Dopo avere contattato i ricercatori cinesi, però, le sequenze sono state eliminate dal database senza fornire alcuna spiegazione. Un gesto fortemente sanzionato dal direttore generale dell'Oms: «Continuiamo a chiedere alla Cina di essere trasparente nella condivisione dei dati, di condurre le indagini necessarie e condividere i risultati. Capire come è iniziata la pandemia di Covid-19 rimane un imperativo sia morale che scientifico». Pur chiedendo trasparenza, a sua volta sono molte le domande sulla gestione della pandemia alle quali dovrà rispondere Ghebreyesus, che rivela di non essere venuto a conoscenza dei dati sui cani procioni almeno fino a domenica.

A ciò si aggiunge che il report con tutti i dettagli dei risultati del team di ricerca internazionale non è ancora stato reso pubblico, e le conclusioni illustrate per la prima volta dal "New York Times" e da "The Atlantic". Per fare chiarezza è quindi fondamentale l'aiuto degli scienziati cinesi, come ha evidenziato Maria Van Kerkhove, technical lead dell'Oms per Covid-19: «E' importante che ci siano ancora più dati. Ancora una volta ribadiamo che si sono molti più studi da eseguire. Studi che sono stati raccomandati per capire e indagare su un potenziale ospite intermedio, o su un eventuale fuga dal laboratorio. Questi studi devono essere ancora condotti, per permetterci di essere conclusivi sulle origini della pandemia».

L'unica certezza, ancora una volta, è che senza un'applicazione completa dell'approccio One Health, che prevede la tutela della salute animale, umana e ambientale, sarà impossibile evitare la ricomparsa di nuove zoonosi, e anche arginare quelle già presenti.

Giornalista per formazione e attivista per indole. Lavoro da sempre nella comunicazione digitale con incursioni nel mondo della carta stampata, dove mi sono occupata regolarmente di salute ambientale e innovazione. Leggo molto, possibilmente all’aria aperta, e appena posso mi cimento in percorsi di trekking nella natura. Nella filosofia di Kodami ho ritrovato i miei valori e un approccio consapevole ma agile ai problemi del mondo.
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