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4 Dicembre 2021
15:00

Non solo isole e non solo piccoli dinosauri: nuova luce sull’Italia di milioni di anni fa

Un nuovo studio focalizzato su alcuni esemplari di dinosauri ritrovati negli anni scorsi vicino Trieste ci offre nuovi indizi sulla paleogeografia del nostro Paese, oltre a confutare alcune ipotesi paleoecologiche.

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Un recente studio paleoecologico pubblicato su Scientific Reports da un team internazionale composto da ricercatori spagnoli, italiani e statunitensi porta nuovi indizi sulla storia geologica del nostro Paese e della sua fauna primordiale, sorprendentemente composta anche da dinosauri di grosse dimensioni come gli undici esemplari di Tethyshadros insularis analizzati. Ne emerge una geografia più complessa ed una maggiore comprensione dei suoi antichi abitanti.

Nella lunga storia del nostro Pianeta, la disposizione delle terre emerse attuali non è sempre stata la stessa: durante 4 miliardi e mezzo di vita della Terra i continenti non si sono riposati un attimo subendo continui spostamenti, lentissimi per i nostri standard umani ma rapidissimi per i tempi geologici.

Cento milioni di anni fa il nostro Paese non era proprio come lo conosciamo. La maggior parte del territorio italiano attuale era sommerso sotto le acque di un piccolo oceano, Tetide, compreso tra le masse continentali africane appena distaccatesi dall'America meridionale, e la proto-Europa. Proprio la frizione tra queste due enormi masse portò successivamente (e porta ancora ora) al sollevamento progressivo del fondale oceanico ed alla comparsa degli Appennini. Ancora oggi si ritrovano facilmente sulle nostre montagne conchiglie ed antichi organismi marini, ulteriore conferma della loro antica natura sommersa.

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Ricostruzione del supercontinente Pangea, da cui si sono successivamente staccate le masse continentali attuali

Al tempo dei dinosauri, quindi, l'Italia non era proprio un territorio adatto ad ospitare grandi dinosauri terrestri. Le piccole isole semitropicali che la formavano erano abitate sì da molti animali e piante, ma pochi di questi erano dinosauri. Non sono molti infatti i ritrovamenti fossili di questo gruppo di organismi, sebbene uno di loro, Scipionyx samniticus ritrovato nel 1981 a Pietraroja in provincia di Benevento, ha l'incredibile caratteristica di aver mantenuto in stato fossile alcune parti molli del corpo di questo piccolo rettile (nella stragrande maggioranza dei fossili si conservano solo le parti due come lo scheletro). Uno stato di conservazione così perfetto da poter risalire al suo ultimo pasto. Pochi ma buoni insomma.

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Un giacimento pieno di dinosauri tutto italiano

Negli ultimi anni è stato invece scoperta una cava fossilifera eccezionalmente preziosa nei pressi di Trieste, in una località chiamata Villaggio del Pescatore. Si tratta del primo Lagerstätte italiano, cioè un giacimento con una grande abbondanza di fossili, un vero e proprio tesoro per ogni paleontologo! Protagonisti indiscussi un gruppo di esemplari di Tethyshadros insularis, tra i sette e gli undici individui, oltre ad altri organismi tra cui pesci, coccodrilli, rettili marini ed invertebrati.

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Tethyshadros insularis è il più grande dinosauro mai rinvenuto in Italia, risalente al Cretaceo superiore. Era un membro degli adrosauri, o dinosauri a becco d'anatra, un gruppo di rettili erbivori di grosse dimensioni (in media superavano i 9 metri di lunghezza). Questa specie tuttavia mostrava caratteristiche uniche rispetto i suoi parenti più stretti, come zampe con sole tre dita invece che quattro, arti posteriori molto allungati ed una coda a frusta.  Gli individui meglio conservati degli undici sono stati soprannominati "Antonio" e "Bruno" descritti rispettivamente nel 1994 e nel 2019.

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L'ipotesi del nanismo insulare

Ci si è a lungo domandati sulle cause delle dimensioni ridotte di Antonio rispetto ad altre specie di adrosauri. Uno studio recentissimo si è infatti focalizzato sulle possibili tendenze evolutive di questa specie, che si pensava soggetta ad un trend noto come "nanismo insulare". Popolazioni di organismi sia viventi che fossili confinate in areali ristretti come le isole, infatti, spesso mostrano significative riduzioni di taglia. Non è il caso, a quanto pare, del Tethyshadros le cui minori dimensioni dei primi individui descritti rispetto agli ultimi ritrovamenti sono attribuibili ad una minore età al momento della morte. Bruno è infatti di qualche metro più lungo di Antonio e da caratteristiche ossee è stato possibile verificare che si tratti di un individuo adulto ma con uno sviluppo non ancora completo.

I ricercatori hanno inoltre ricalcolato età e caratteristiche ambientali del giacimento, risultato essere più antico di 10 milioni di anni e sorprendentemente collegato alla terraferma, almeno in alcuni periodi coincidenti con abbassamenti del livello del mare. Non solo piccole isole, insomma, ma uno scenario più complesso ed articolato di quanto si pensava finora. Sia dal punto di vista geologico che da quello animale.

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