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13 Settembre 2023
16:25

Scoperto il più antico predatore del Sud America: è vissuto milioni di anni prima dei dinosauri

Alcuni paleontologi hanno trovato il fossile del più antico predatore mai scoperto in Sud America: si chiama Pampaphoneus biccai ed è vissuto 265 milioni di anni fa, ben 35 milioni di anni prima della comparsa del primo dinosauro.

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Grazie a una collaborazione internazionale di esperti guidata dalla Facoltà di Scienze dell'Università Federal do Rio Grande do Sul, una equipe ha trovato il più antico predatore sud americano mai scoperto, protagonista di un articolo che è stato da poco pubblicato sulla rivista Zoological Journal of the Linnean Society. Questo animale visse 265 milioni di anni fa, ben 35 milioni di anni prima della comparsa del primo dinosauro ed è stato trovato nel 2020 nella zona rurale di São Gabriel. Sono dovuti passare però ben 3 anni per staccare il reperto dalla roccia, pulirlo e analizzarlo.

Il nome che gli hanno dato i paleontologi è Pampaphoneus biccai ed era il più grande predatore della sua epoca. I resti comprendono un cranio completo e alcune ossa scheletriche, tra cui diverse costole e le ossa delle braccia. Apparteneva al primo dei cladi dei terapsidi mai comparsi sulla Terra, i dinocefali, e riuscì a resistere persino alla grande estinzione del Permiano. Pampaphoneus biccai tra l'altro è l'unica specie conosciuta di dinocefalo del Sud America e la sua storia garantirà dei grandi stravolgimenti nei modelli evolutivi di questi rettili, hanno assicurato i paleontologi.

Finora infatti i pochi esemplari conosciuti erano stati trovati in Russia e in alcune regioni dell'Africa meridionale ma, visto che all'epoca i continenti erano tutti uniti all'interno del supercontinente Pangea, questa scoperta si sta già dimostrando molto utile per capire i movimenti di distribuzione di questi animali durante gli anni immediatamente precedenti e successivi all'estinzione.

«Il fossile è stato trovato nelle rocce del Permiano medio, in un'area dove le ossa non sono così comuni ma riservano sempre piacevoli sorprese – ha detto l'autore principale della scoperta Mateus A. Costa Santos del Laboratorio di Paleontologia dell'Università Federale di Pampa – Il ritrovamento di un nuovo cranio di Pampaphoneus dopo così tanto tempo dalla scoperta dell'ultimo dinocefalo è stato estremamente importante per aumentare la nostra conoscenza su questi animali».

Gli esperti hanno dovuto spendere un intero mese di scavo per estrarre i reperti dalla regione di Sao Gabriel. Un lavoro intenso e stancante, soprattutto a causa dei difficili anni della pandemia.

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«Era una bestia dall'aspetto nodoso e deve aver evocato puro terrore in tutto ciò che ha incrociato il suo cammino – ha detto Stephanie E. Pierce del Museo di zoologia comparata di Harvard che ha collaborato allo studio del reperto –  Una scoperta spettacolare che dimostra l'importanza globale dei reperti fossili del Brasile».

Il reperto di Sao Gabriel si è poi rivelato il secondo appartenente a Pampaphoneus biccai: qualche anno fa un altro teschio di dinocefalo era stato prelevato da alcune rocce del Brasile centrale. All'epoca però non si sospettava che quel fossile appartenesse ad una nuova specie ed è per questo motivo che il ritrovamento del nuovo esemplare – più completo e di maggiori dimensioni – ha concesso ai paleontologi di studiare meglio le differenze che separano questi due animali dai dinocefali russi. E scavando ulteriormente negli archivi di alcune università locali, i ricercatori hanno trovato pure un terzo reperto che deve essere ancora analizzato per capire se appartiene alla stessa specie.

Come erano fatti nella realtà questi grandi carnivori? I ricercatori ci spiegano che erano molto simili a delle grosse lucertole, con un cranio però più simile a quello dei dinosauri e potevano pesare fino a 400 kg. Inoltre camminavano come i coccodrilli ed erano aggressivi come gli attuali varani.

«Il Pampaphoneus ha svolto lo stesso ruolo ecologico dei grandi felini moderni – ha spiegato Felipe Pinheiro, docente del laboratorio in cui sono stati studiati i reperti – L'animale inoltre aveva canini grandi e affilati adattati per catturare la preda. La sua dentatura e l'architettura cranica suggeriscono perciò che il suo morso era abbastanza forte da riuscire a masticare le ossa, proprio come le moderne iene di oggi».

Sono laureato in Scienze Naturali e in Biologia e Biodiversità Ambientale, con due tesi su argomenti ornitologici. Sono un grande appassionato di escursionismo e di scienze e per questo ho deciso di frequentare un master in comunicazione scientifica. La scrittura è la mia più grande passione.
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