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Kodami Call

Nasce in Cina un allevamento intensivo di maiali in un grattacielo di 26 piani

Un mega allevamento intensivo di 26 piani è sorto da alcuni mesi a Ezhou, nella provincia di Hubei in Cina. L'obiettivo è “produrre” 1,2 milioni di maiali da macello ogni anno. Ma i maiali, esseri senzienti, sono soltanto cibo da consumare?

9 Novembre 2022
15:48
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Giornalista
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Una mega struttura di 26 piani, un enorme palazzo ultramoderno che potrebbe sembrare un garage multipiano, è sorta da alcuni mesi a Ezhou, nella provincia di Hubei in Cina, con l’obiettivo di “produrre” 1,2 milioni di maiali da macello ogni anno. Un enorme, gigantesco e modernissimo allevamento intensivo a circa 80 km a sud est della ormai famosa Wuhan di cui ci da notizia il sito specializzato Pig Progress  che sottolinea come «secondo le stime ufficiali, la domanda cinese di carne di maiale aumenterà da 51,77 milioni di tonnellate a 60,77 milioni di tonnellate nel prossimo decennio. Costruire grandi fattorie come queste è un modo per soddisfare la crescente domanda». La Cina è infatti il maggior consumatore al mondo di carne di maiale.

Il complesso, nella sua grandiosità, ha qualcosa di avveniristico. Due edifici gemelli di 26 piani (il primo già completato, il secondo in arrivo), dove «i primi due piani saranno utilizzati per scopi funzionali, come ad esempio l'alimentazione. Dal terzo piano in su, ogni piano funzionerà come un allevamento, con 1.000 scrofe per piano e una capacità produttiva di 25.000 suini da macello/anno». Secondo il sito cinese, che è andato a visionare il centro di produzione, «la sala di controllo centrale al primo piano gestisce il mangime e l'acqua potabile per ogni piano. Gli indicatori di temperatura, umidità ambientale, concentrazione di gas tossici sono controllati in tempo reale. Ci sono più di 30.000 punti di controllo che determinano l'alimentazione precisa di ogni maiale. Enormi condutture forniscono acqua e materiali ai maiali su ogni piano».

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Le nuove tecnologie per ridurre l’impatto ambientale

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Il palazzo di 26 piani che ospita lil gigantesco allevamento intensivo di suini (fonteYouTube)

Quasi a giocare d’anticipo rispetto alle critiche sull’impatto ambientale e sull’inquinamento provocati dai grandi allevamenti intensivi, il proprietario del progetto, Hubei Zhongxin Kaiwei Modern Animal Husbandry, si è affrettato a spiegare attraverso il suo account WeChat che il principale azionista della società è un produttore di cemento locale e che il calore generato dal cementificio verrà utilizzato per riscaldare la fattoria. Ma soprattutto che il sistema di trattamento dei rifiuti a base di biogas è assolutamente all’avanguardia e anti-inquinante. «Un sistema di risciacquo serve per lo smaltimento dei rifiuti suini. Un sistema completo di trattamento dei rifiuti a base di biogas converte il letame dei suini in energia pulita per la produzione di elettricità e il riscaldamento. Il letame entra nel serbatoio del sistema di fermentazione anaerobica ad alta temperatura, che riduce l'evaporazione dei gas odorosi di oltre il 90%».

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I maiali all’interno dell’allevamento (fonte You Yube)

I 400mila metri quadrati del primo edificio stanno già accogliendo le 21.600 scrofe e i 55 verri che il fornitore KingSino, un operatore del Guangdong, si è impegnato a fornire, con un accordo firmato il 31 agosto 2022, a Zhongxin Kaiwei.  Secondo questo accordo i maiali, attualmente nelle basi di Miluo e Jin, sarebbero stati consegnati in 4 lotti tra il 25 settembre e il 30 novembre di quest'anno.

Man mano che arrivano, quindi, il grande edificio si sta popolando di animali che entrano attraverso i "canali di cattura dei maiali" sotterranei per andare poi ad essere distribuiti da uno dei 6 ascensori per maiali da quaranta tonnellate di cui l’edificio è fornito. Una gigantesca catena di montaggio, una filiera mastodontica creata con attenzione, ingegno, impegno e lungimiranza per far concepire, far nascere e per trasformare maiali in carne.

L’impatto degli allevamenti intensivi sul Pianeta Terra

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Un pannello elettronico di controllo delle fasi della produzione (fonte You Tube)

Secondo la FAO, l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura, le emissioni legate all’allevamento rappresentano circa il 15% delle emissioni annue di gas serra dovuti all’essere umano. Nel report Foraggiare la crisi – In che modo la zootecnia europea alimenta l’emergenza climatica pubblicato a settembre 2020, Greenpeace afferma che gli allevamenti intensivi europei inquinano molto di più di tutti i veicoli in circolazione nell’Unione Europea.

Infatti «il settore zootecnico europeo emette l’equivalente di 502 milioni di tonnellate di CO2 all’anno, ma se consideriamo anche le emissioni indirette di gas serra ‒ per esempio quelle che derivano dalla produzione di mangimi o dalla deforestazione ‒ queste arriverebbero a toccare le 704 milioni di tonnellate di CO2. Una cifra esorbitante che supera le 655,9 tonnellate prodotte dai veicoli circolanti nell’UE».

L’inquinamento prodotto dagli allevamenti intensivi è quindi maggiore di tutto quello dei trasporti. Senza considerare che le aree ora destinate al pascolo degli animali e alla coltivazione dei loro mangimi occupano il 30 per cento della superficie terrestre. E che questi temi sono, proprio in questi giorni, al centro del dibattito in corso alla Cop 27, la Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici del 2022, che si sta tenendo a Sharm el-Sheikh fino al 18 novembre, sotto la presidenza dell'Egitto.

Il problema etico e il benessere animale

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Due tecnici dell’allevamento cinese (Fonte You Tube)

Eppure, a concentrarci solo sui pro e i contro degli allevamenti intensivi, rischiamo di non centrare l'obiettivo. Pensiamo davvero che il problema sia “soltanto” l’inquinamento e la salvaguardia della vita sulla Terra? La scelta alimentare che privilegia il consumo di verdure a quello di qualsiasi tipo di carne può essere soltanto il risultato di una riflessione antropocentrica di base economica/utilitaristica? Il rischio è di eludere, lasciando senza risposta, la questione etica.

Una comprovata intelligenza, confermata da diversi studi, ha portato l’EFSA, l’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare, ad affermare che i maiali «possiedono notevoli doti cognitive provate dalle loro capacità di districarsi in labirinti, usare uno specchio per trovare cibo nascosto, comprendere un linguaggio simbolico e imparare combinazioni complesse di simboli associati ad azioni e oggetti, manipolare un joystick per muovere un cursore sullo schermo (capacità che condividono con gli scimpanzé) e imparare rapidamente, caratterizzandosi per un’eccellente memoria a lungo termine».

I maiali come esseri senzienti, quindi, e non solo come carne da macello, sono quindi ormai un'acquisizione del comune sentire.

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A questo si aggiunge anche la problematica legata al benessere animale, in evidente contrasto con la vita negli allevamenti intensivi. Come sottolinea Essere Animali, l’associazione animalista che combatte contro gli allevamenti intensivi e ha promosso anche una petizione on line per fermare le mutilazioni all'interno degli allevamenti, «non si tratta di umanizzare degli animali, ma di riconoscere loro l’intelligenza che gli è propria. Se tutti avessero più consapevolezza delle capacità cognitive dei maiali, si farebbe probabilmente di più per porre fine agli allevamenti intensivi.

In questi luoghi di sofferenza, come documentato delle nostre indagini sotto copertura, i maiali non sono in grado di esprimere i loro comportamenti e i loro istinti naturali. Le scrofe, infatti, rinchiuse per gran parte della loro vita in gabbie appena sufficienti a contenerle, si riducono a comportamenti stereotipatidepressione e ferite da sfregamento che in molti casi si infettano per la sporcizia. I loro cuccioli, mutilati della coda e dei testicoli a pochi giorni di vita senza anestesia né analgesia, sono presto separati alle cure materne e portati all’ingrasso».

Un suino per la produzione di prosciutto vive all’incirca 6 mesi mentre in natura potrebbe vivere 15-20 anni. La scrofa produttrice di suinetti, quando inizia a produrre meno, viene immediatamente scartata, che vuol dire uccisa. La questione etica, al di là del cambiamento climatico, del benessere animale, dell’inquinamento, si sintetizza semplicemente in queste considerazioni. È etico, è legittimo, è condivisibile far nascere degli esseri senzienti per ucciderli e mangiarli?

È la stessa domanda che si era posto lo scrittore Jonathan Safran Foer nel bellissimo e illuminante saggio dal titolo "Se niente importa. Perché mangiamo animali". Frutto di un'indagine durata quasi tre anni che l'ha portato negli allevamenti intensivi, visitati anche nel cuore della notte, Foer racconta le violenze sugli animali e i trattamenti velenosi a base di farmaci che devono subire, descrivendo come vengono uccisi per diventare il nostro cibo quotidiano. Ma soprattutto invita tutti alla riflessione sulla sottile linea che divide umano e inumano, su ciò che conta difendere e ciò che conta preservare. Perché, se niente importa, come possiamo sopravvivere?

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Maria Grazia Filippi
Giornalista
Scrivo da sempre, ma scrivere di animali e del loro mondo è la cosa più bella. Sono laureata in lettere, giornalista professionista e fondatrice del progetto La scimmia Viaggiante dedicato a tutti gli animali che vogliamo incontrare e conoscere nei luoghi dove vivono, liberi.
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