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30 Marzo 2022
16:47

Modificare il DNA per creare un gatto anallergico: perché le nostre esperte non sono d’accordo

Un team di ricercatori americani ha ipotizzato di ricorrere alla manipolazione genetica per eliminare dal dna dei gatti la Fel d 1, proteina e principale allergene. Confermando la tendenza degli esseri umani a "modellare" i gatti per renderli sempre più animali da compagnia.

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gatto perché adottarlo

Un nuovo studio pubblicato su una rivista scientifica avanza l’ipotesi di sfruttare la genetica per eliminare alla fonte il problema dell’allergia ai gatti. Aprendo a una serie di riflessioni su quanto possa essere etica una scelta di questo genere.

Lo studio è stato pubblicato su The Crispr Journal ed è firmato dagli scienziati della InBio, società di biotecnologie con sede in Virginia. È incentrato, senza tante sorprese, sul principale allergene del gatto, una particolare proteina chiamata Fel d 1 secreta per circa il 90% dalle ghiandole paranali e in percentuali minore dalle ghiandole salivari e sebacee dei gatti. Contrariamente alla credenza secondo cui è il pelo in sé a fare allergia, la Fel d 1 è presente soprattutto sulla pelle e nella saliva del gatto, e viene trasportata sul pelo attraverso l'attività di grooming, la cosiddetta toelettatura cui i felini indulgono quotidianamente.

Secondo le stime dell'azienda, l’allergia al gatto riguarda circa il 15% della popolazione, e nei casi di estrema sensibilizzazione alla Fel d 1 il soggetto può soffrire anche di asma. A oggi non è ancora stata dimostrata in modo univoco la funzione biologica di Fel d 1, anche se gli studi a disposizione suggeriscono che questa proteina possa svolgere un ruolo nella comunicazione chimica, nella difesa dell'epitelio o nella regolazione immunitaria.

Modificare il dna per eliminare l'allergene del gatto

L’azienda americana ha effettuato un'analisi bioinformatica completa sulla Fel d 1 in 50 felini, finalizzato a capirne l’incidenza e a individuare regioni che potrebbero essere adatte alla manipolazione del genoma attraverso la tecnologia CRISPR, ovvero un sistema che si basa sull'impiego della proteina Cas9, una sorta di forbice molecolare in grado di tagliare un dna bersaglio, che può essere programmata per effettuare specifiche modifiche al genoma di una cellula, sia questa animale, umana o vegetale. Dopo aver confrontato i geni di otto specie feline esotiche, i ricercatori hanno scoperto un alto grado di variazione e ricevuto conferma che la Fel d 1 potrebbe non essere essenziale per gli animali «data l'apparente mancanza di conservazione evolutiva».

«I nostri risultati – afferma Brackett – indicano che Fel d 1 è una candidata interessante per la delezione genetica, di cui potrebbe beneficiare in modo concreto chi soffre di allergia ai gatti grazie alla rimozione del principale allergene». La delezione in genetica è infatti una mutazione genetica che consiste nella perdita di uno o più nucleotidi in una sequenza di dna. L’idea è quindi quella di eradicare Fel d 1, ritenuta dagli scienziati «non indispensabile», dalla pelle e dai tessuti del gatto, e in questo modo eliminare anche la causa principale di allergia al gatto.

«A oggi, questa è l'analisi bioinformatica più completa di un allergene che sia mai stata fatta e il primo studio per indagare sulle origini evolutive di un allergene – concludono i ricercatori – I nostri dati illustrano un'applicazione pratica della tecnologia CRISPR nella ricerca sulle allergie o nella medicina veterinaria e sottolineano l'intersezione unica tra biologia evolutiva, ingegneria del genoma e sviluppo terapeutico».

Bioingegneria al servizio dell'uomo, i dubbi e i rischi

In attesa di già annunciati sviluppi futuri nella ricerca, resta da affrontare il nodo già citato della “manipolazione genetica” per rendere gli animali più adatti alla convivenza con l’uomo, come sottolineato anche da Sonia Campa, consulente per la relazione uomo-gatto e membro del comitato scientifico di Kodami.

«Rendere gli animali a nostra misura è la nuova frontiera dell'ingegneria genetica. Ci sono molti indizi per pensare che l'umanità si stia muovendo nella direzione di trasformare i gatti in animali più comodi: li abbiamo accolti per millenni nelle nostre case perché apprezzavamo quello che sapevano fare meglio, ovvero cacciare e tenere lontani topi e altri animali che ritenevamo "nocivi". Ora questa attitudine non ci va più bene, li accusiamo persino di essere tra le prime cause di estinzione di fauna selvatica, e allora andiamo alla ricerca di modi nuovi di modellarli».

Per esempio, sottolinea Campa, «riscrivendo il loro genoma in modo che possano diventare sempre più "pet", animali utili all'affezione e alla compagnia. Direi che il nostro atteggiamento non è cambiato, stiamo solo usando nuovi strumenti: un tempo ci affidavamo alla pressione selettiva, oggi usiamo la bioingegneria puntando a nuovi obiettivi».

«Bisogna riflettere sui motivi che spingono a prendere in considerazione l’idea di fare modifiche a livello genetico affinché il gatto diventi meno allergizzante – aggiunge la veterinaria Eva Fonti , membro del comitato scientifico di Kodami- Comprendo che ci siano molte persone che amerebbero prendere un gatto, e che non possono farlo a causa di forme anche gravi di allergia, ma bisogna tenere conto che non è ancora del tutto chiaro il ruolo di questa proteina, non siamo ancora riusciti a capirlo, visto che il gatto è ancora meno studiato del cane. Lo studio in questione sembra sottintendere che questa proteina non abbia una reale utilità e sia solo un allergene, ma noi questo non lo sappiamo con certezza e non sappiamo neppure quali conseguenze avrebbe sul gatto una modifica del genoma finalizzata a farla scomparire».

«Dal punto di vista strettamente empatico, sicuramente uno studio di questo genere ha un forte impatto emotivo su chi è fortemente allergico e desidera da sempre prendere un gatto – prosegue Fonti – ma c’è anche il rischio che diventi una sorta di “moda", anche a caro prezzo. Non tutti sono allergici o lo sono in modo grave, ma tanti potrebbero comunque volere il gatto “anallergico”. Ci sono già prodotti da passare sul pelo dei gatti per ridurre la reazione allergica, ed esistono anche vaccinoterapie che portano a una minore espressione della proteina allergene senza modificare nulla a livello genetico. Resta quindi forte lo scetticismo su operazioni di questo genere, sperando che non sia l’ennesimo caso in cui per compiacere l’uomo si creano danni in natura».

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Andrea Barsanti
Giornalista
Sono nata in Liguria nel 1984, da qualche anno vivo a Roma. Giornalista dal 2012, grazie a Kodami l'amore per gli animali è diventato un lavoro attraverso cui provo a fare la differenza. A ricordarmelo anche Supplì, il gatto con cui condivido la vita. Nel tempo libero tanti libri, qualche viaggio e una continua scoperta di ciò che mi circonda.
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