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30 Agosto 2022
12:20

Maltrattamenti e uccisioni di animali, l’anatomopatologa: «Così investighiamo sulle scene dei crimini»

Le tecniche della patologia forense veterinaria hanno un ruolo importante nelle indagini su maltrattamenti di animali, episodi di bracconaggio o uccisioni intenzionali. Ce ne parla l'anatomopatologa Cristina Marchetti.

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Intervista a Dott.ssa Cristina Marchetti
Ricercatrice Tecniche autoptiche e Patologia forense veterinaria, Università degli Studi di Parma
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Chiunque si occupi di indagare su maltrattamenti di animali, episodi di bracconaggio o uccisioni intenzionali ben conosce l’importante supporto delle tecniche della patologia forense veterinaria, sia nel corso delle indagini, per fornire indicazioni utili agli investigatori, che in fase processuale per disporre di una solida base nella costruzione del castello probatorio in grado di dimostrare la responsabilità degli autori materiali dei reati.

Tecniche scientifiche che integrate alle attività di polizia giudiziaria rappresentano oramai uno strumento conosciuto agli operatori del settore, ma ancora poco noto al grande pubblico. Per questa ragione è importante far conoscere queste attività, spesso sommerse e poco apparenti nella lettura delle cronache sulla stampa, che trovano riscontro anche nella pubblicazione di importanti lavori scientifici, come quello recentemente pubblicato dalla dottoressa Cristina Marchetti, assegnista di ricerca sulle Tecniche autoptiche e la Patologia forense veterinaria, presso l’Università degli Studi di Parma, che insieme ad altri colleghi ha redatto lo studio “Uso del metodo di classificazione internazionale delle malattie (ICD)-11 applicato alla patologia forense veterinaria per codificare la causa e la modalità di morte nella fauna selvatica”.

Quali siano stati i motivi che hanno portato il team a indagare queste nuove frontiere della patologia forense veterinaria?

Da alcuni anni il mio lavoro di medico veterinario è orientato esclusivamente nella ricerca della causa della morte, in particolare degli animali selvatici liberi sul territorio. Nelle mie indagini autoptiche, oltre a raccogliere campioni da inviare all’Istituto Zooprofilattico Sperimentale (IZS) per le indagini previste dai piani di sorveglianza sanitaria, ho sempre l’obiettivo di individuare le cause immediate della morte e le cause sottostanti che, a volte, forniscono un dato certo circa la modalità del decesso che può essere accidentale o intenzionale. Comprendere questo aspetto è di fondamentale importanza ai fini di giustizia. Per fare un esempio molto semplice, recentemente ho ricevuto l’incarico di eseguire l’autopsia di un giovane lupo raccolto in autostrada. Catalogare questo caso come trauma stradale sarebbe stato semplice ma l’autopsia ha rivelato che la morte è stata causata da uno dei due colpi di arma da fuoco con munizione spezzata che hanno raggiunto i polmoni e, marginalmente, il cuore dell’animale. Queste lesioni hanno provocato una emorragia polmonare resa ancora più grave dalla presenza nel suo sangue di sostanze anticoagulanti, come emerso dall’esame tossicologico sui campioni conferiti all’IZS. Al ritrovamento del cadavere di un animale, deve sempre seguire una diagnosi di causa di morte e questa è possibile se viene eseguito un minuzioso sopralluogo, una radiografia postmortale e una procedura autoptica completa di esami ausiliari. Fermarsi a ciò che appare ovvio, come un trauma stradale, rischia di far perdere per sempre pezzi di storia e, con essa, la possibilità di rendere giustizia alla vittima.

Quanto ritiene che la violenza contro gli animali possa rappresentare un indicatore importante per prevenire il cosiddetto “salto di specie”, con una violenza diretta verso uomini e donne?

Il lavoro svolto negli ultimi anni da professionisti che si occupano di criminalistica, psicologia e psichiatria, nell’ambito dei reati contro le categorie più deboli (bambini, donne, anziani, portatori di disabilità e animali) ha reso evidente la necessità di una collaborazione fra le professioni, non solo sanitarie, al fine di individuare (e segnalare) i casi di sospetto abuso. In questo contesto il ruolo del medico veterinario è di fondamentale importanza. Nel mio caso, questo si esplica nel riconoscimento di lesioni non accidentali sul tavolo autoptico.

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Cristina Marchetti

Qual è l’importanza della medicina veterinaria forense nell’individuazione delle cause di morte degli animali e nell’aiuto fondamentale che queste investigazioni possono fornire alle indagini di Polizia Giudiziaria?

Il patologo forense veterinario ha a disposizione le competenze per riconoscere lesioni non accidentali. È fondamentale possedere una logica mentale che porti a ricercare elementi fondamentali per comprendere il meccanismo della morte e una conoscenza approfondita di tutte quelle indagini ausiliarie in grado di dimostrare o smentire un sospetto. La ricerca in ambito veterinario, pur essendo in notevole ritardo rispetto all’ambito umano, fornisce oggi al patologo importanti contributi alla ricerca della verità. Esempi di questi sono il test delle diatomee come contributo alla diagnosi di annegamento e il test del rodizonato sodico per la ricerca dei residui di innesco su lesioni penetranti che si sospettano essere riconducibili a arma da fuoco. Ambedue questi test sono citati nell’articolo in oggetto.

Quanto e perché è importante codificare le cause di morte negli animali utilizzando i criteri  dello “11th Revision of the International Classification of Diseases (ICD-11)”, armonizzandole quindi con le cause di morte usate in medicina umana?

La scelta innovativa di applicare un metodo unico, trasversale alle medicine umana e veterinaria, intende uniformare la modalità di presentazione dei casi di abuso e violenza su animali in Tribunale in un’ottica di sensibilità e apertura verso il recepimento del dato scientifico nell’ambito del fenomeno della violenza interspecifica. Il riconoscimento e la refertazione di un caso di violenza sugli animali da parte dei medici veterinari ha un valore sociale di somma importanza sia nel contrasto dei reati contro gli animali, sia in un’ottica di One-Health in quanto rappresenta un atto determinante e necessario per rompere il ciclo di violenza.

Le tecniche di patologia forense umana sono oramai disponibili anche nell’analisi delle spoglie animali, consentendo interazioni fra diversi tecnici con differenti specializzazioni (genetica, balistica, entomologia). Può illustrarci in cosa consiste il suo lavoro presso l’Università di Parma?

Nel mio lavoro ho stabilito un rapporto dinamico e ricco di stimoli con la Medicina Legale umana dell’Università di Parma con cui cerchiamo risposte a problemi comuni. Una importante collaborazione riguarda la produzione di schede di sopralluogo sul sito di rinvenimento di un cadavere. Queste schede, che ho presentato nel 2018 a un importante convegno nazionale del settore, sono frutto della collaborazione fra i protagonisti delle varie discipline forensi (patologi, osteologi, entomologi, genetisti e tossicologi). Molto spesso, per questioni legate al tempo a disposizione, agli orari, alle condizioni in cui si esegue un sopralluogo, si rischia di incorrere in errori di procedura o di tralasciare elementi di evidenza fondamentali per la soluzione del caso. Se le perdiamo, queste informazioni possono andar perse per sempre perché anche il sopralluogo è un atto irripetibile al pari dell’autopsia. È proprio per ovviare a queste difficoltà che è stato proposto l’utilizzo di una checklist che guida passo passo chi conduce un sopralluogo nell’identificare, raccogliere, conservare e garantire l’integrità di ciascuna evidenza.

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Ermanno Giudici
Esperto in diritti degli animali
Mi occupo di animali da sempre, ricoprendo per oltre trent’anni diversi ruoli direttivi in ENPA a livello locale e nazionale, conducendo e collaborando a importanti indagini. Autore, formatore per le Forze di Polizia sui temi dei diritti degli animali e sulla normativa che li tutela, collaboro con giornali, televisioni e organizzazioni anche internazionali.
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