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10 Aprile 2023
12:00

Mai sottovalutare l’intelligenza degli animali, soprattutto se si tratta di cammelli e capre

Un nuovo studio ha testato l'innovazione e le capacità di problem solving degli ungulati dimostrando che questi animali sono molto più intelligenti di quello che si pensa.

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Una nuova ricerca ha permesso di far luce sulle doti intellettive degli ungulati, animali solitamente considerati poco ingegnosi. A diverse specie appartenenti a questo gruppo sono state sottoposte differenti tazze piene di cibo coperte per verificare quali tra i vari animali fosse capace di sollevare il coperchio e nutrirsi. I risultati sono strabilianti e ora i ricercatori studiano i comportamenti di questi animali per comprenderli a pieno.

Molto spesso quando si parla di intelligenza animale si fa riferimento a cetacei come orche e delfini, altri mammiferi come scimmie e maiali, e l'immancabile polpo, mollusco noto per  aver dimostrato di possedere molte delle capacità che si pensava fossero “unicamente umane” come quella di aprire un barattolo.

Nel gruppo degli "animali intelligenti", però, non viene mai integrato il gruppo degli ungulati al quale appartengano animali anche distanti tra loro da un punto di vista genetico e evolutivo. Nell'insieme degli ungulati sono presenti principalmente due ordini distinti: i Perissodattili e gli Artiodattili. I primi comprendono tutti quegli esemplari caratterizzati da un numero dispari di dita come cavalli e rinoceronti, i secondi al contrario da un numero pari come ruminanti, tra cui cervi e bovini.

Per questo studio, i cui risultati sono stati pubblicati negli Atti della Royal Society B, i ricercatori hanno osservato 111 esemplari di 13 specie: impala, gazzelle mhorr, gazzelle dorcas, orici scimitarra, cammelli dromedari, cervi rossi, pecore barbaresche, giraffe, guanachi, lama, cavalli di Przewalski, pecore domestiche e capre domestiche.

A ogni singola specie sono stati forniti contenitori di plastica chiusi da coperchi e ripieni di appositi cibi rispecchianti i loro gusti. Lo scopo è abbastanza intuitivo: gli animali dovevano trovare il modo di aprire i contenitori per godersi il loro bottino.

Il fine dell'esperimento è quello di valutare la "capacità di risolvere nuovi problemi o trovare nuove soluzioni a problemi familiari", caratteristica che può fornire benefici cruciali per la capacità di un animale di adattarsi e sopravvivere, anche se può essere in contrasto con un altro requisito legato alla sopravvivenza: la neofobia, la paura delle cose nuove. «Per alcune specie, a seconda delle pressioni ambientali che devono affrontare, la neofobia può evolversi come una strategia efficace per la sopravvivenza. In altre specie, invece, la neofilia (il gradimento delle cose nuove) è diventata una strategia efficace», spiega Jan Tornick, psicologo dell'Università del New Hampshire Jan Tornick non coinvolto nello studio.

Cosa è emerso da quest'esperimento? Essendoci molta varietà tra le specie, fattore essenziale al fine di evitare la generalizzazione delle conclusioni, i comportamenti di quest'ultime sono stati di diverso tipo: il 62% degli animali ha provato ad aprire i contenitori, mentre il 38% non si è nemmeno avvicinato o incuriosito.

E' stato interessante scoprire che il solo 33% delle capre si è avvicinato alle tazze raggiungendo un tasso di successo del 69%, risultato abbastanza basso se confrontato con il 100% di partecipazione ottenuto da parte dei cammelli che si confermano vincitori indiscussi di questa challenge in quanto sono stati in grado di alzare il coperchio l'88% delle volte.

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Come mai tra tutte le specie proprio le capre e i cammelli hanno ottenuto i migliori risultati? «I cammelli sono animali domestici, quindi forse sono più abituati agli oggetti che vengono utilizzati dall'uomo». afferma Caicoya, studente laureato in psicologia all'Università di Barcellona. Quest'ipotesi, però, non può essere molto affidabile se si considera che anche le capre sono animali addomesticati.

Tornick afferma che i risultati potrebbero essere spiegati, in parte, dall‘ipotesi dell'intelligenza sociale che sostiene che le specie di animali che si sono evolute in gruppi sociali complessi hanno pressioni evolutive aggiuntive che hanno portato a maggiori capacità cognitive, rispetto alle specie solitarie.

Sicuramente c'è molto altro da scoprire, ma i risultati di questa ricerca insegnano che anche animali come gli ungulati sono estremamente intelligenti a differenza di ciò che si pensa solitamente. «Dovremmo prestare loro maggiore attenzione e studiarli  maggiormente», sostiene Caicoya, «Perché possono insegnarci molto su come pensiamo, come ci comportiamo e come risolviamo i nostri problemi».

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Alessia Mircoli
Dottoressa Magistrale in Biodiversità e Gestione degli Ecosistemi
Sono laureata in Biodiversità e Gestione degli Ecosistemi e la divulgazione scientifica è la mia passione. Durante il mio percorso ho scoperto il mondo del giornalismo scientifico e ho capito che è la mia strada. Sono estremamente affascinata dalla natura e da tutto ciò che ne fa parte, credo nell’importanza di diffondere un’informazione corretta sugli animali e l’ambiente.
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