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11 Gennaio 2021
16:27

Lucky abbandonato alla Muratella: il complicato destino dei Pitbull in canile

Uno dei tanti abbandoni che accadono spesso nel nostro Paese. Un Terrier di tipo Bull lasciato legato a un palo fuori dal canile romano. La storia di Lucky, che si spera diverrà esemplare in senso positivo con una giusta adozione, ci consente di parlare della "moda" dei Pitbull e degli Amstaff prima sfruttati per la loro "immagine" e poi abbandonati da persone incapaci di costruire una relazione con razze le cui caratteristiche sono esattamente l'opposto rispetto ai luoghi comuni: dolcezza e tanta fragilità.

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E' "solo" una delle tante storie che accadono spesso nel nostro Paese. Anzi, nel mondo. Ma per una volta ha un volto a cui attribuire il valore di essere vivente e non solo di numero, come spesso accade quando genericamente si parla di abbandono di cani. Ed è forse grazie proprio alle foto postate su Facebook sull'account ufficiale del canile della Muratella, a Roma, che Lucky, un Pitbull o un Amstaff*, da numero si trasforma in ciò che è: un cane la cui postura e il cui sguardo trasmettono chiaramente il pesante carico della dignità ferita che lo accompagna in quello che si spera sia solo un momento di passaggio tra la vita che comunque ha avuto fino a ieri, accanto a quegli stessi esseri umani che lo hanno abbandonato, e i giorni che verranno da passare in canile.

Facciamo un passo indietro e andiamo a Ponte Marconi, nella Capitale. Lì sorge il canile della Muratella che ospita 600 cani più uno, da qualche giorno. I volontari hanno infatti trovato un cane legato a un palo proprio fuori al rifugio a prima mattina, l'otto gennaio 2021. Abbandonato così, con un collare di cuoio e borchie ancora al collo e un guinzaglio a catena stretto intorno al ferro. «Abbiamo deciso di chiamarlo Lucky, nella speranza che quest’anno gli porti la fortuna che non ha avuto nell’incontro con la sua prima famiglia.“Famiglia” capace di legarlo a un palo e voltargli le spalle, lasciandolo spaesato e incredulo ad abbaiare», è scritto nel post  del canile romano. Un testo in realtà più lungo e che potete leggere a seguire, in cui si mette subito anche in evidenza che ci sono delle telecamere esterne da cui si spera si possa risalire a chi ha compiuto il reato di abbandono (Art. 727 del Codice penale).

Quel collare con le borchie e gli abbandoni di Pitbull e Amstaff in canile

E' da anni che i canili italiani sono iper affollati di Pitbull, American Staffordshire Terrier e incroci derivati da queste razze. Nella foto di Lucky da subito abbiamo voluto catturare l'attenzione di chi legge su Kodami proprio sul collare che gli è stato messo. E' molto rappresentativo di un modo di essere, da parte di chi l'ha abbandonato sia chiaro, che probabilmente in quel cagnone di solo un anno ha riversato fin quando ne ha tratto godimento le sue manie di controllo e la sua stessa bassa autostima. Cosa significa? Come può un collare dare tutte queste indicazioni? Forse non può, ma allo stesso tempo pensare che si è disposti a spendere soldi per mettere uno strumento che avrebbe la stessa funzione anche se non fosse così rifinito dà la sensazione di "a cosa sia servito" quel cane a chi lo ha mollato lì. Il rapporto con i Pitbull e con gli Amstaff è, come del resto con tutti i cani, qualcosa che deve nascere da un desiderio di mettersi in discussione e entrare in relazione. Non andremo in questo articolo a parlare delle caratteristiche di razza – argomento che va affrontato in separata sede con un doveroso approfondimento – ma del modo in cui questi cani invece vengono scelti spessissimo solo per motivi estetici, perché vengono erroneamente identificati come cani "pronti al combattimento" e dunque degni di essere mostrati come trofei con cui camminare per le strade e rinforzare la propria immagine di bulli.

Una mentalità retrograda e priva dei fondamenti basici proprio di conoscenza delle motivazioni di questi splendidi animali, selezionati se proprio si vuole accennare alle loro motivazioni di razza per essere quanto più attenti e fedeli nei confronti degli esseri umani proprio. Sono cani di una delicatezza enorme, anime sensibili da trattare con cura e gentilezza. E invece sono sempre di più quelli che finiscono dietro le sbarre dei box e che affollano in gran numero i canili non solo italiani ma di tutto il mondo per una "moda" senza confini dettata appunto dall'incapacità poi di entrare in relazione con loro. Come ha raccontato Claudia Marini proprio su Kodami, giusto per dare un altro volto a un altro Pit oltre a Lucky. In "Libano, storia di un Pitbull" l'istruttrice cinofila così descrive, tra le altre considerazioni proprio sulla presenza dei Terrier di tipo Bull nei canili, quell'esemplare e la razza: «Libano era un cagnone fiero, serio e trapelava dal suo sguardo profondo tutto il suo passato pesante: quegli occhi che spesso hanno i Pitbull e che rivelano quanto questi cani siano tanto possenti nell’aspetto fisico quanto fragili come cristalli dentro».

Il destino dei Terrier di tipo bull presi senza la giusta consapevolezza

«Il destino di queste tipologie di cani è spesso quella di essere presi da piccoli senza considerare quanto bisogna costruire una relazione fatta di sane regole e mediazione con loro, di conoscenza reciproca e di appoggio – spiega Claudia Marini – Già in pre-adolescenza questi cani hanno bisogno di molta presa di coscienza da parte delle persone per essere gestiti e incanalati ad esprimersi al meglio. Nel peggiore dei casi sono uno status da esibire e la maggior parte delle persone, non riesce a contenere la loro fisicità e il loro temperamento». Il punto, come sottolinea l'istruttrice cinofila, è dunque l'assenza nella parte umana della relazione nel non aver neanche minimamente seminato le fondamenta di un rapporto sano. «Gli abbandoni e le cessioni di questi cani sono un fenomeno fuori controllo ormai: o non sono dunque rappresentativi dello “status” che si voleva dimostrare o non si riescono più a gestire. Questi cani, come tutti, sono prima di ogni cosa soggetti e le relazioni con loro vanno costruite in modo sano: una relazione non scade nel controllo o nella potenza. Complice il loro aspetto fisico, questi cani sono tanto massicci fisicamente quanto spesso fragili emozionalmente. Senza togliere che vivono la relazione con la persona uno ad uno e che la maggior causa di una seria problematica non è solo non aver costruito con loro una relazione ma privarli di questo abbandonandoli al destino di un rifugio. Un crimine ignobile».

Canile della Muratella, «Chi viene per adottare i Pit spesso non è idoneo»

Dal canile della Muratella arriva la conferma a Kodami di tutto questo, attraverso un commento che abbiamo chiesto sulla loro situazione relativamente alla presenza di Pitbull, Amstaff e mix: «Purtroppo ce ne sono tanti qui, sì. E alcuni di loro sono inadottabili perchè rovinati definitivamente dalle famiglie che li hanno avuti prima che entrassero in canile.  Altri per fortuna sono stati "recuperati" e tanti altri invece già buoni con le persone e adottati». Ma c'è un aspetto ulteriore che solo chi ha il polso della situazione e tutti i giorni ha a che fare con i cani e con le persone che chiedono di adottarli che genera una sorta di ciclo vizioso per queste razze. «Il problema grande è che anche chi viene in canile e chiede espressamente un Pitbull spesso non è idoneo proprio perché fa parte di quella fascia di persone affascinate dalla figura del Pit ma non consapevoli del tipo di cane che si stanno per prendere. Chi invece sarebbe perfetto non lo vuole, proprio perché conscio della tipologia di cane e ne vuole uno che non sia potenzialmente pericoloso. Credo che questo sia il punto principale del perché entrino e del perché i canili ne siano pieni».

I canili in Italia, pieni non solo per abbandoni

Secondo una stima della Lav, ogni anno in Italia vengono abbandonati 80 mila gatti e 50 mila cani, «più dell’80% dei quali rischia di morire in incidenti, di stenti o a causa di maltrattamenti». I numeri, in realtà, sono sempre difficili da reperire: a livello nazionale vengono raccolti in base ai conteggi che sono fatti sul territorio dalle Regioni, preposte dal punto di vista sanitario al controllo e alla gestione, ma in cui spesso c'è molta approssimazione. Oipa ha fatto un lavoro di censimento molto preciso sulla base di dati raccolti nel 2019, usando come fonte proprio i dati del Ministero della Salute e aggiornandoli fino all'aprile del 2020, arrivando a questa conclusione: ogni anno in Italia circa 150 mila cani vengono abbandonati e l'80% dei quali muore entro i 20 giorni dal momento dell'abbandono.

L'ultimo report disponibile della Lav in cui vi sono altri dati importanti da valutare è sempre del 2019. Dall'analisi si evince che i luoghi in cui i cani sono confinati in tutta Italia sono almeno 1200. Si dividono tra canili rifugio (766), canili sanitari (434) e i restanti sono canili che hanno entrambe le caratteristiche. La distribuzione vede un numero maggiore di strutture al Sud (44%) che al Nord (37%). Il numero dei cani, dato relativo oggi perché risalente ormai a quasi due anni fa, è di 115mila esemplari. Non si parla, sia chiaro, solo di cani abbandonati ma in gran parte di animali prelevati dal territorio anche in casi in cui non era necessario e soggetti che finiscono in canile per maltrattamento o perché i proprietari sono impossibilitati a tenerli con sé (persone scomparse, arrestate, malate e altre tipologie).  Secondo la Lav, infine, la spesa annua a carico dello Stato è «di poco inferiore ai 150 milioni di euro».

Come aiutare Lucky e gli altri cani della Muratella

«Per chiunque fosse interessato ad adottarlo potete inviarci una mail a canilerifugio.muratella@gmail.com. Per il momento sappiamo solo che ha un anno e nei prossimi giorni verrà valutato dai nostri educatori.Siamo sicuri che sarete in tanti, ma lui é uno solo, ci auguriamo quindi che chi non dovesse riuscire a dargli una casa, deciderà di regalarla a un altro dei nostri circa 600 cani». Il post del canile della Muratella si conclude così, con una verità insita nelle parole che gli autori hanno deciso di usare, probabilmente nella consapevolezza che una foto come quella che ritrae un cane nel momento più drammatico della sua esistenza non possa che colpire al cuore e si spera anche alla mente di chi la osserva. Perché è la razionalità, e non solo l'amore, che dovrebbe sempre guidare nella scelta di mettersi in relazione con un altro soggetto e nella consapevolezza che si tratti di un rapporto che deve andare avanti fino alla fine. Il ricordare che ci sono altre centinaia di cani in attesa di essere adottati, così, serve proprio a mettere l'accento su quei numeri che abbiamo scritto in precedenza per ricordarci che ognuno di loro, appunto, non è solo una cifra a uno, due e purtroppo fino a cinque zeri.

*Dopo un commento sulla nostra pagina Facebook, abbiamo chiesto al canile della Muratella se Lucky possa essere un Pitbull, come avevamo scritto in un primo momento, o un Amstaff. Secondo i volontari che lo hanno accolto, potrebbe essere un American Staffordshire Terrier. Abbiamo lasciato comunque anche la parola “Pitbull” perchè dal nostro punto di vista la classificazione della razza a cui potrebbe appartenere Lucky e il motivo per cui abbiamo specificato che comunque si tratta di Terrier di tipo Bull è utile solo per far diffondere l’importanza delle motivazioni dei cani e non per sottolinearne l’aspetto fisico. 

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Diana Letizia
Direttrice editoriale
Giornalista professionista e scrittrice. Laureata in Giurisprudenza, specializzata in Etologia canina al dipartimento di Biologia dell’Università Federico II di Napoli e riabilitatrice e istruttrice cinofila con approccio Cognitivo-Zooantropologico (master conseguito al dipartimento di Medicina Veterinaria dell’Università di Parma). Sono nata a Napoli nel 1974 e ho incontrato Frisk nel 2015. Grazie a lui, un meticcio siciliano, cresciuto a Genova e napoletano d’adozione ho iniziato a guardare il mondo anche attraverso l’osservazione delle altre specie. Kodami è il luogo in cui ho trovato il mio ecosistema: giornalismo e etologia nel segno di un’informazione ad alta qualità di contenuti.
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