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18 Febbraio 2024
12:00

L’orso polare (Ursus maritimus)

L'orso polare è un mammifero carnivoro che abita diverse aree dell'Oceano Artico. Si nutre prevalentemente di foche, ma può predare anche trichechi, uccelli e pesci.

Membro del comitato scientifico di Kodami
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L'orso polare (Ursus maritimus) è un mammifero carnivoro della famiglia Ursidae. Vive negli ambienti polari dell'emisfero settentrionale e, insieme all'orso kodiak (Ursus arctos middendorffi), viene considerato il più grande carnivoro della terraferma.

Come è fatto l'orso polare

La forma del corpo dell'orso polare è simile a quella dell'orso bruno, fatta eccezione per la gobba sulle spalle, che in questo caso è assente. La testa è relativamente più piccola rispetto alle altre specie appartenenti al genere Ursus. 

All'altezza della spalla l'orso polare può misurare 160 centimetri e, per quanto riguarda il peso, i maschi (che sono tendenzialmente più grandi) possono raggiungere gli 800 chili. La lunghezza totale (dalla punta del naso alla punta della codaI può arrivare a 2,5 metri. Le femmine pesano invece mediamente da 150 a 300 kg e misurano da 1,8 a 2 metri di lunghezza. Queste dimensioni lo rendono un animale molto forte, capace predare animali di media taglia, come ad esempio un tricheco.

Contrariamente a ciò che si potrebbe pensare, l’orso polare non è bianco, ma tende al color crema. Sebbene venga chiamato anche "orso bianco", il suo mantello è in realtà formato da peli trasparenti, capaci di catturare i raggi solari e scaldare la cute. Secondo quanto pubblicato sul sito del WWF, che da anni si impegna in progetti di tutela della specie, è proprio la cavità dei singoli peli a disperdere e riflettere la luce.

Il mantello, inoltre, tende a diventare giallastro, marrone o grigio in estate. Ciò dipende anche dalle condizioni di luce in cui vive stagionalmente il soggetto. Le zampe anteriori sono larghe e fungono da pagaie durante il nuoto. Le piante dei piedi posteriori e anteriori sono ricoperte di pelo per favorire l'isolamento dal suolo. Sono animali plantigradi e ciò significa che durante la marcia poggiano a terra tutta la pianta dei piedi, carpo e tarso compresi.

Il periodo esatto in cui questa specie si è separata geneticamente dalle altre della stessa famiglia non è chiaro, ma secondo uno studio dell'Università della California, pubblicato nel 2010, si tratta di un'epoca tra 130 mila e 110 mila anni fa. 

Habitat e distribuzione

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Il nome scientifico U. maritimus deriva dal fatto che questo grande mammifero è diffuso sulle banchise del Mar Glaciale Artico. Il suo terreno di caccia è infatti rappresentato soprattutto dalle rive, dove sul ghiaccio si formano creste date dalla pressione e si verificano spesso fratture e ricongelamenti, che favoriscono le sue strategie di caccia.

Vive nell'area del Polo Nord, in Alaska, in Russia settentrionale, in Groenlandia, nel Nord del Canada e sulle isole Svalbard.

Vi sono alcune zone dell'areale in cui, secondo la San Diego Wildlife Alliance Library, questa specie convive con l'orso kodiak, chiamato anche grizzly. In particolare, ciò avviene in Canada, Russia e Alaska.

Cosa mangia

Gli orsi polari sono animali carnivori che, in estate, possono consumare anche alimenti di origine vegetale, pur traendo da essi poco nutrimento. Le loro prede principali sono rappresentate dalle foche e dai trichechi. In alcuni casi si nutrono anche di uccelli, delle loro uova e di piccoli mammiferi. Spesso abbandonano il luogo della predazione dopo aver consumato unicamente il grasso della preda, in quanto il valore calorico rappresentato da questa componente è per loro più rilevante rispetto alla carne stessa. Una volta abbandonati i resti, saranno le volpi artiche o altri orsi polari a nutrirsi degli avanzi.

Vivendo a queste latitudini risulta infatti determinante la capacità di mantenere uno strato di grasso sufficiente per immagazzinare energia necessaria anche nella stagione fredda, quando il cibo scarseggia.

La United Parks&Resorts, associazione che si occupa di tutela delle specie e divulgazione scientifica, riporta inoltre l'abitudine, in alcune zone dell'areale, di nutrirsi di rifiuti prodotti dagli esseri umani. Questo comportamento è probabilmente più diffuso tra le femmine e i giovani maschi.

Questa specie propone diverse strategie di caccia. La prima prevede l'individuazione del foro nel ghiaccio che le foche utilizzano per respirare. In quel luogo l'orso polare può attendere finché la foca emergerà e in quel momento avverrà la predazione. Quando invece riesce a individuare una foca stesa a terra, si avvicina accovacciandosi e muovendosi furtivamente.

In alternativa, secondo quanto pubblicato dal Museo di Zoologia della Michigan University, può nuotare attraverso canali e fessure nel ghiaccio in modo da avvicinarsi e catturare la preda. In questo modo è in grado di utilizzare anche lo stesso buco di respirazione della foca, eliminando così la sua unica via di fuga.

Per agire in questo modo sfrutta le ottime abilità nel muoversi in acqua. Quando nuota, infatti, l'orso polare può raggiungere i 10km/h e riesce inoltre a raggiungere i 2 minuti in apnea.

Comportamento e riproduzione

orso polare

Gli orsi polari sono animali solitari, che si incontrano con un individuo dell'altro sesso solamente in un breve periodo, durante la stagione degli accoppiamenti, che va generalmente dalla fine dell'inverno all'inizio della primavera (marzo/giugno). Tra ottobre e novembre scavano poi una tana invernale dove trascorrere i mesi invernali.

La femmina partorisce tra novembre e gennaio e dà alla luce una media di due cuccioli (ma possono essere da 1 a 4), i quali rimangono con la madre per 2/3 anni. La maturità sessuale arriva invece intorno ai 5/6 anni.

Quando uscono dal rifugio al termine dell'ibernazione, i giovani orsi hanno un peso compreso tra 10 e 15 kg e in questa fase sono soggetti a un'elevata mortalità infantile, pari al 15/30%. La femmina accompagnata dai cuccioli tende a mostrare con maggiore frequenza comportamenti aggressivi atti a proteggerli, in particolare mentre si stanno nutrendo. Il pericolo è rappresentato dagli orsi polari maschi adulti, che possono predarli.

Fatta eccezione per questa situazione, gli esseri umani sono gli unici predatori dell'orso polare, che è di fatto un superpredatore e si trova in cima alla catena alimentare del suo habitat. La sua presenza all'interno di un determinato territorio artico è infatti estremamente importante, perché funge da indicatore dello stato di salute dell'intero ecosistema.

Conservazione e rapporto con l'uomo

Storicamente, gli orsi polari venivano cacciati dalle popolazioni native dell'Artico per utilizzarne la pelliccia e la carne. La caccia commerciale e sportiva agli orsi polari aumentò in particolare nel 1900, quando il prezzo delle pelli raggiunse i 3000 dollari.

Al giorno d'oggi questi animali vivono però una grave minaccia, causata dallo scioglimento dei ghiacci dovuto all’aumento delle temperature delle acque marine. Il loro areale è quindi in forte diminuzione e, secondo un recente studio condotto dall'Università di Copenhagen e pubblicato su Science Advances, per quanto riguarda la Groenlandia questo processo negli ultimi decenni è divenuto addirittura più rapido del previsto.

Secondo un ulteriore studio del 2018, condotto dal Norwegian Polar Institute, la stessa minaccia riguarda anche gli orsi polari delle Isole Svarbard. Per via della riduzione del territorio coperto da ghiacci, nei prossimi decenni in questo arcipelago a Nord della Scandinavia si dovranno adattare a una condizione differente e per trovare riparo dovranno spostarsi più frequentemente in acqua, lungo le stesse tratte dove un tempo il terreno che separava i fiordi dell'arcipelago era quasi sempre ghiacciato.

I ricercatori ritengono che sarà importante studiare sempre più approfonditamente il comportamento della specie, in modo da conoscerne la potenziale plasticità dal punto di vista ecosistemico e poter quindi delineare progetti di tutela e conservazione dell'orso polare.

Secondo il WWF la specie potrebbe essere soggetta a una riduzione del numero di individui pari al 30% del totale. Alcune stime contano invece la presenza di circa 22.000/31.000 individui in natura, ma nella baia di Hudson, in Canada, questa specie ha già subito una riduzione del 30% nel trentennio 1987/2017.

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Claudia Negrisolo
Educatrice cinofila
Il mio habitat è la montagna. Sono nata in Alto Adige e già da bambina andavo nel bosco con il binocolo al collo per osservare silenziosamente i comportamenti degli animali selvatici. Ho vissuto tra le montagne della Svizzera, in Spagna e sulle Alpi Bavaresi, poi ho studiato etologia, sono diventata educatrice cinofila e ho trovato il mio posto in Trentino, sulle Dolomiti di Brenta. Ora scrivo di animali selvatici e domestici che vivono più o meno vicini agli esseri umani, con la speranza di sensibilizzare alla tutela di ogni vita che abita questo Pianeta.
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