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12 Ottobre 2022
17:29

L’approccio One Health avrebbe potuto salvarci dalla pandemia da Covid-19

L'ultimo studio pubblicato sulla rivista Pnas rivela che la corretta attuazione dell'approccio One Health avrebbe potuto prevenire la pandemia da Covid-19. Per evitare che si ripeta è ora di tutalare la salute globale e ripensare le misure di sicurezza in allevamenti e nel contatto con i selvatici.

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Quanto vale l'approccio One Health in Italia? Almeno l'8,9% del Pil. A tanto ammonta la riduzione del Prodotto interno loro nazionale dopo l'avvento della pandemia da Covid-19 secondo le rilevazioni dell'Istat.

La recessione globale caratterizza ancora il quadro economico e sociale non solo italiano, ma globale. Tuttavia, secondo l'ultimo studio pubblicato sulla rivista Pnas, la corretta attuazione dell'approccio One Health avrebbe potuto prevenire la pandemia.

"One Health" significa letteralmente "un'unica salute", ed è un modello sanitario basato sul riconoscimento che la salute umana, la salute animale e la salute dell’ecosistema siano legate indissolubilmente. Una lezione che abbiamo imparato duramente proprio con l'avvento della Covid-19, la zoonosi che è riuscita a compiere il salto di specie passando dagli animali all'essere umano, un processo chiamato "spillover" ben spiegato a Kodami dal giornalista e scrittore David Quammen.

Nello studio, condotto da una task force indipendente, gli scienziato passano in rassegna le principali epidemie di virus a RNA, analoghi quindi al Sars-Cov2, dal 1967 a oggi, allo scopo di identificare le caratteristiche comuni e le opportunità di prevenire l'insorgenza.

Dall'indagine scientifica emerge chiaramente che le origini del Coronavirus «sono più coerenti con un'origine zoonotica e con un percorso di diffusione dalla fauna selvatica all'uomo attraverso l'allevamento e il commercio di animali selvatici». Confermando l'ipotesi dell'origine animale della Covid-19, e sconfessando invece la tesi per cui il virus sarebbe stato prodotto nei laboratori dell'Istituto di virologia di Wuhan.

Per evitare futuri spillover, è però necessario fare uno sforzo a monte del problema. In tutto il mondo, dalle foreste dell'Amazzonia all'Asia, l'essere umano sta progressivamente riducendo gli habitat dei selvatici a causa della deforestazione e dei cambiamenti climatici. La promiscuità degli spazi che è seguita a questi fenomeni ha portato comunità umane e animali che non erano mai entrate in contatto a una convivenza dannosa per la salute globale.

Per evitare che ciò accada, hanno sottolineato gli scienziati, sono essenziali sforzi continui per migliorare e integrare la biosicurezza e la biorveglianza con l'attuazione di un approccio One Health. Si è fatto portavoce di questa esigenza il coordinatore dello studio, Gerald T. Keusch, del National Emerging Infectious Diseases Laboratory and Center for Emerging Infectious Diseases Policy and Research dell'Università di Boston. «Il mondo ha in gran parte fallito nell'affrontare la sfida di essere meglio preparato a prevenire o rispondere in modo adeguato alla prossima pandemia, qualunque sia l'eziologia – ha commentato Keusch – La nostra task force ritiene che il modo migliore per affrontare i fattori di rischio per le future pandemie sia un approccio One Health che bilancia e ottimizza la salute delle persone, degli animali e degli ecosistemi».

Giornalista per formazione e attivista per indole. Lavoro da sempre nella comunicazione digitale con incursioni nel mondo della carta stampata, dove mi sono occupata regolarmente di salute ambientale e innovazione. Leggo molto, possibilmente all’aria aperta, e appena posso mi cimento in percorsi di trekking nella natura. Nella filosofia di Kodami ho ritrovato i miei valori e un approccio consapevole ma agile ai problemi del mondo.
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